"Non è il cammino impossibile, ma l'impossibile è cammino"

martedì 14 ottobre 2014

sappiamo dove sei

Ora sappiamo dove sei. Sappiamo dove trovarti. Sei ancora in mezzo al campo. Lo stesso campo che ti ha visto prima giocare e poi allenare. Ti vediamo mentre tiri in sospensione o fai un passaggio smarcante: le cose che sapevi fare in modo sublime. Quel campo non è più lo stesso. Non solo perché porta un nome diverso. Perché chi lo calca, d'ora in poi, dovrà raccoglierne l'eredità. Chi lo calpesta, dovrà una volta di più meritarselo. Eravamo in tanti a ricordarti: non puoi immaginare quanta scia di bene hai lasciato sulla terra. La tua modestia, la tua purezza, la tua discrezione: doti che ti hanno fatto apprezzare e che nessuno ha dimenticato. Sono passati quasi tre anni, ma il tuo ricordo non si è sbiadito. Ci manchi ancora, eccome, ma da questo momento un po' di meno. Ora sappiamo dove sei. Sappiamo dove trovarti.

martedì 7 ottobre 2014

piano B

Vedere giocatori o allenatori fermi al palo fa tristezza. Il concetto di precariato si è allargato a macchia d'olio anche nel mondo fin qui immacolato dello sport. Sebbene non siano molti coloro che hanno il privilegio di fare del gioco il proprio mestiere, nessuno si sente più garantito e al sicuro da spiacevoli sorprese. La pallacanestro in Italia sta vivendo momenti drammatici: società che spariscono o che rinascono come arabe fenici dalle categorie più basse, giocatori ed allenatori senza stipendi ed altri a spasso in attesa di uscire dall'incubo. Quello che un tempo poteva sembrare l'impiego più ambito e desiderato, oggi non è altro che una scommessa nel buio o una puntata d'azzardo nel gran tavolo delle incertezze. A mali estremi, estremi rimedi: alcuni hanno corso ai ripari decidendo, spesso a malincuore, di rinunciare al professionismo per dedicarsi ad altre attività lavorative. Ecco spiegato, ad esempio, come mai i campionati dilettantistici siano zeppi di ottimi giocatori, scesi di categoria per necessità più che per volontà. Giocatori che hanno un certo numero di anni di gioco alle spalle e che in alcuni casi tengono famiglia non possono certo permettersi di allenarsi mattina e sera senza vedere rimborsi o dovendo aspettare oltre ogni logica.
Fin qui la cronaca nuda e cruda: la cosa più importante da fare é quella di non illudere i giovani con falsi discorsi o scelte scriteriate. Procuratori senza scrupoli stanno in prima fila in questa corsa al massacro, ma anche dirigenti, allenatori e perfino genitori hanno spesso delle responsabilità gravi. Non si tratta di spegnere i sogni sul nascere: in verità, é proprio il desiderio di diventare campioni che spinge migliaia di ragazzi a sudare e sputare sangue sui campi. Ma deve esistere necessariamente e sempre un piano B: giocare per il gusto, che poi é il segreto di chi pratica sport, a qualsiasi livello. Un altro aspetto fondamentale che può fare la differenza in tempo di crisi é la professionalità nello svolgere il proprio compito: tra due atleti di uguali capacità, la scelta ricadrà su chi darà maggiori garanzie di affidabilità. Se un tempo si poteva passar sopra a bizzarrie e atteggiamenti sconvenienti, oggi le doti umane possono davvero diventare il salvagente in tempi di mare in tempesta.

mercoledì 1 ottobre 2014

un posto alla volta


Della vicenda, o duello che dir si voglia, Malagó-Barelli, mi interessa soprattutto la questione del doppio incarico. Reputo Malagó, come già detto in altre occasioni, la persona adatta ai vertici del CONI ma, in tutta onestà, mi sfugge la sua rigida persistenza nel ruolo di Presidente del Circolo Aniene, una delle società più prestigiose in Italia. Non é il primo e, purtroppo, non sarà l'ultimo caso di accumulo di responsabilità. Doppi e tripli incarichi in politica sono all'ordine del giorno: infatti rappresentano la causa maggiore di cattiva amministrazione, nel peggiore dei casi di malaffare e corruzione. Dovrebbe esistere un impedimento legale ad assumere più ruoli di responsabilità nello stesso ambito durante lo stesso periodo di tempo - la cosiddetta e beneamata incompatibilità -: in assenza di un quadro legislativo, il buon senso dovrebbe consigliare le dimissioni dall'una o dall'altra parte. Le conseguenze si avvertono ad alti livelli, sotto gli occhi di tutti e con forte esposizione mediatica, ma anche nei bassifondi, all'oscuro dell'opinione pubblica, spesso con conseguenze molto più pesanti che nel primo caso. Il protagonista si difende dicendo " parlavo come Presidente del CONI non come rappresentante di società ": mi chiedo come sia possibile fare questa distinzione, visto che la persona é unica e sempre la stessa. Tenere separati i piani é praticamente impossibile: agli occhi altrui qualsiasi scelta, anche la più logica e sensata, apparirà come inquinata e destinata a fare gli interessi del promotore. Rinunciare ad un incarico potrebbe essere doloroso sotto l'aspetto retributivo - se fosse previsto un rimborso - oppure per un minore esercizio del potere pubblico: ma c'é un indubbio guadagno in libertà e pulizia di manovra, non essendoci conflitti di interesse e non dovendo giustificare a nessuno le proprie scelte, se non per la bontà o meno delle stesse. C'é poi un problema reale legato alla possibilità concreta di svolgere adeguatamente più mansioni: la logica ricorrente é affidare, in nome del contenimento della spesa, più incarichi alla stessa persona. Basti vedere cosa sta succedendo nella scuola, con presidi che devono saltare da un plesso all'altro con il risultato di far poco e male. Se la buona politica si vede dal risparmio indiscriminato, allora va bene così. Credo invece che la parsimonia, esercitata già da secoli in ogni nucleo famigliare, vada applicata ad alcune priorità.