"Non è il cammino impossibile, ma l'impossibile è cammino"

venerdì 7 marzo 2014

lecito illecito

" Due mesi di ritardo non sono una tragedia ed é una situazione generalizzata anche nel calcio ". Parole pronunciate dal Presidente Federale Petrucci in margine alla situazione di Montegranaro, insolvente verso giocatori e tecnici. Se le avessi dette io o qualsiasi altro servo della gleba, sarebbero scivolate via senza lasciare traccia. Dette però dal massimo esponente politico della pallacanestro italiana, hanno un effetto dirompente e, francamente, discutibile. É come se Napolitano dicesse agli operai che non percepiscono lo stipendio: suvvia, signori, non è la fine del mondo aspettare qualche mese, gli italiani hanno sempre mille risorse! Trovo inopportuno giustificare un atto illecito da parte dei vertici istituzionali, soprattutto far sembrare normale una situazione che non ha nulla di tutto ciò. Che sia generalizzata a tutti i livelli, é purtroppo cosa conosciuta a tutti: non c'è da stare allegri, lo sport sta lentamente morendo. Più precisamente, lo sport professionistico: troppi costi, troppe incombenze, troppi rischi. Chiunque oggi investe nello sport di alto livello é in sostanza un benefattore: resistono ancora le società di base dilettantistiche, che si reggono sul rassicurante equilibrio entrate uscite, dove per entrate si intendono le quote degli associati e per uscite i rimborsi degli operatori. Non é un mistero che oggi sia più conveniente e sicuro lavorare nelle piccole società: gestione oculata, pochi soldi ma puntuali. Quando il signor Armani, encomiabile nella persistenza, troverà altri motivi ed interessi per investire - investire? - anche Milano tornerà nell'ombra, come é già successo per molti altri. C' é del vero nel considerare ricco di privilegi chi vive di pallacanestro: non è da tutti, me compreso, campare di ciò che piace. Spesso però ci si dimentica dell'altra faccia della medaglia: per giocar a certi livelli ci si deve allenare duramente e chi regge il timone é sottoposto a pressioni non indifferenti. I professionisti sono lavoratori a tutti gli effetti: non si capisce perché in questo caso aspettare sia lecito, mentre in altri viene considerato reato. La congiuntura economica ha seminato morte, sport compreso. Tutti si rendono conto delle difficoltà in cui ci si trova ad operare. Ma mai e poi mai ci si dovrebbe rassegnare al corso degli eventi, né tantomeno giustificare le società che non agiscono correttamente. Se non si è in grado di assolvere agli impegni presi, meglio chiudere. Non esiste peggior reato di una promessa non mantenuta. Come dice giustamente Recalcati, non è solo e tanto questione di denaro. C'è chi ne ha già guadagnato abbastanza. É questione di dignità. Non c'è nulla di più umiliante che vedere la propria dedizione non riconosciuta.

lunedì 3 marzo 2014

per niente Conte

Non mi è piaciuto per niente lo sfogo di Conte rivolto al collega Prandelli, reo di aver convocato in nazionale Chiellini, appena ripresosi da un infortunio. Confesso di non aver simpatia per l'allenatore bianconero:  si dice che é normale trovare antipatico chi ha facilità con la vittoria. Io dico, invece, che é antipatico a prescindere. Bravo, per carità, forse. Un po' sopravvalutato visto che, a parte gli scudetti in Italia che oggi sono paragonabili al palio dei rioni, non mi sembra che la sua bacheca, al momento, annoveri numerosi trofei. Tra lui e Mourinho non saprei chi scegliere: forse mi terrei Allegri, il perdente, che almeno ogni tanto sorride alle telecamere. Accusa il collega di sgarbatezza: senti da che pulpito! Mi piacerebbe seguire la scena a parti invertite: il giorno che Conte diventerà CT, perché lo diventerà, sarà importante fare memoria delle sue parole da allenatore di club. In sostanza, perché é di questo che si parla, la nazionale dovrebbe cortesemente chiedere la disponibilità delle società a mandare i giocatori. Da sempre, a tutti i livelli e in tutte le discipline,  esiste un conflitto di interessi tra chi gestisce le società e chi si occupa delle rappresentative, che siano nazionali, regionali, provinciali e via scendendo. I club sono detentori del tesseramento del giocatore e devono vincere i campionati; le rappresentative convocano i migliori, perciò é inevitabile la collisione. Di Prandelli so poco, come in genere del calcio, ma mi sembra tutto fuorché sgarbato. La sua delicatezza é proverbiale, come la rara qualità di avere parole buone per tutti e di rimanere equidistante in ogni circostanza. Dobbiamo capirci: gli interessi della nazionale vengono successivamente a quelli dei club? Perfetto, allora ha ragione Conte. Ma allora, a questo punto, mi chiedo a cosa serva una nazionale e, di conseguenza, qualsiasi rappresentativa di qualsiasi disciplina a qualsiasi livello. Se invece, le rappresentative hanno un senso, allora devono operare in libertà. Non ci possono essere club privilegiati rispetto ad altri: Conte, sapendo di avere i migliori, non può lamentarsi che vengano chiamati. É chiaro che non ci saranno mai proteste e polemiche da Chievo, Atalanta e Palermo. Cosa dovrebbe fare Prandelli? Chiamare gli scarsi? Quelli sono rimasti alle società che non possono permettersi un certo mercato e certi ingaggi. La nazionale quante volte si raduna? Cinque, sei in un anno? E dovrebbe rinunciare, in così poco tempo, ai giocatori più bravi? Non credo che Prandelli debba una telefonata a Conte: non ci sono società che devono godere di favori rispetto ad altre. Perciò, che si accontenti di vincere l'ennesimo scudetto e che sia fiero che molti dei suoi faranno brillare l'Italia ai prossimi mondiali. Non é vero che bisogna sempre dire quello che si pensa: a volte sarebbe meglio frenarsi.