"Non è il cammino impossibile, ma l'impossibile è cammino"

lunedì 29 gennaio 2018

potere allo sport

È un dato di fatto che il governo sportivo sia più asfittico di quello politico. Sono anni che si parla di non rieleggibilità, di limite ai mandati, ma tutto è rimasto sulla carta. Siamo portati a scandalizzarci per le nefandezze della classe politica, ma ciò che succede all'interno delle federazioni sportive supera di gran lunga qualsiasi tipo di immaginazione. Presidenti che succedono a se stessi, oppure che gravitano da una disciplina all'altra pur di tenersi stretta la sedia, addirittura uomini politici riciclati che nulla sanno di campo e di vita sportiva. Ciò che sta succedendo alla federazione calcio non è molto diverso da quanto attende tutte le altre specialità: che il nuovo, fatto di persone ed idee, viene come sempre ringraziato per la piacevole partecipazione e relegato in un angolo ad attendere un futuro migliore che non avrà mai accadimento. Non si può non esprimere simpatia per l'ex calciatore Damiano Tommasi, l'ultimo dei gladiatori sceso nell'arena a combattere contro un nemico invincibile: la sua è l'ennesima sconfitta di chi pensa di poter passare direttamente dal campo all'ufficio senza fare i conti con le logiche del gioco che meno conosce, il potere. C'era riuscito in passato Dino Meneghin, diventato a furor di popolo presidente della federazione pallacanestro: un regno durato poco e finito male, soffocato da meccanismi complessi e dalla frustrazione di vedere la voglia di cambiamento infrangersi contro i muri dell’apparato. C'è da chiedersi a questo punto se le federazioni possano rappresentare un freno allo sviluppo dello sport, in particolare quello giovanile e di base, bisognosi di investimenti e di riforme e non di assistere a lotte intestine o beghe di palazzo. Hanno ancora senso di esistere così come sono fatte, ossia come caricatura dei peggiori luoghi di potere, dove la spartizione delle poltrone ha più importanza di decisioni non più procrastinabili per risollevare le sorti dello sport italiano? L'allarme è di quelli rossi: tutte le nazionali delle discipline di squadra sono in caduta libera e le specialità individuali, a parte qualche illustre eccezione, non sono da meno. Chiunque può rendersi conto che negli ultimi anni la formazione sportiva ha subito un forte rallentamento: i settori giovanili sono abbandonati a se stessi e di talenti se ne vedono sempre meno. Le nazioni che hanno investito sullo sport giovanile stanno raccogliendo i frutti: tralasciando le più titolate, basta pensare al fenomeno Islanda che è riuscita a piazzare le squadre di pallacanestro e calcio ai più alti livelli internazionali partendo da una base certamente più ridotta. Come giustamente ribadiscono gli allenatori da tempo, le federazioni non devono servire a proteggere gli italiani, ma a favorire il reclutamento e la formazione dei giovani: investendo sui settori giovanili e su tecnici di qualità sarà possibile tornare ai mondiali e sognare nuovamente notti magiche. In pratica potere allo sport, non sport al potere!