"Non è il cammino impossibile, ma l'impossibile è cammino"

martedì 26 febbraio 2013

onorevoli sconfitte


Ora, se mi è concesso, mi diverto anch’io. Ai politici, è risaputo, manca la sportività. Tutti immancabilmente vincono, nessuno perde. Tutti soddisfatti e rimborsati. Naturalmente, quando il risultato è positivo, non c’è traccia alcuna di autocritica. Le vittorie, si sa, sono la migliore medicina e scacciano i cattivi pensieri. Tutti a festeggiare, a proclamare, ad imbonire. Per questo motivo non mi avranno: perché sono abituato a vedere i numeri per quello che sono. Tra l’altro, nel basket, immagine allegorica della tragedia umana, non esiste nemmeno il pareggio! Tutti hanno giocato bene, hanno messo in campo la formazione migliore, hanno fatto le mosse giuste, non hanno commesso alcun errore. Agli avversari nessuna concessione, come se non esistessero. E sotto con gli insulti agli elettori: infantili, populisti, vigliacchi, ignoranti, indegni. Come si fa a votare questo? Come si fa a votare quello? Evitando puntualmente il quesito cruciale: perché dovrebbero scegliermi? Tutti con la presunzione di essere i migliori. Si vede lontano un miglio che non hanno mai fatto sport sul serio: l’umiltà e la considerazione dell’avversario sono i preliminari necessari per affrontare la sfida. Chi frequenta campi e palestre sa per certo che non esistono partite scontate e che la sottovalutazione degli sfidanti è il preludio per figuracce memorabili. Poco importa: il dono della parola e l’arte della mistificazione sono in grado di trasformare un fiasco in un successo di grande portata. Anche gli allenatori, purtroppo e ad onor del vero, sono diventati bugiardi patentati: che abbiano imparato dai politici? Il campo è il giudice supremo. Gli elettori sono i giudici supremi. Si continui a pensare che la responsabilità sia nella stupidità di chi non capisce e ci si tenga ben stretta la certezza indiscutibile delle proprie verità. Ecco un’altra abissale differenza: se la squadra affonda, il primo a pagare è l’allenatore. Qui chi paga? In realtà, siamo noi a pagare gli uomini che ci rappresentano. Un conto abbastanza salato. Non sono nemmeno riusciti a cambiare la legge elettorale: se non c’è governabilità, non è certo colpa degli italiani. Si sono chiusi fuori e non trovano le chiavi. Comincino ad ammettere le sconfitte: sarebbe già un buon primo passo. Nel frattempo, anch’io passo e chiudo.

mercoledì 20 febbraio 2013

no all'usato sicuro

Non sarà il governo del paese, ma anche quello sportivo merita attenzione. Forse non tutti sanno che, a capo del coni, ente nazionale di promozione dello sport, non c'è il successore designato, Raffaele Pagnozzi, bensì lo sfidante, colui che fino al giorno delle elezioni era accreditato come sconfitto onorevole. Giuseppe Malagó é il nuovo presidente nazionale. Ha avuto una fugace apparizione anche a Pordenone in occasione di pnlegge - accompagnato da Deborah Compagnoni - dove ha presentato il suo libro "donne di sport". Che mi abbia fatto una discreta impressione in realtà conta abbastanza poco. Conta invece molto che, a prescindere dal valore dei contendenti, a prevalere sia stato il candidato che rappresenta la rottura con il passato. A prima vista potrebbe sembrare un atto di coraggio, una scelta in controtendenza considerando la naturale allergia al rinnovamento di cui soffrono le istituzioni sportive. All'ottimismo iniziale, dovranno seguire azioni coerenti ed efficaci. Mai come in questo momento lo sport necessita di scelte forti e innovative. Le attività sportive scolastiche hanno toccato il minimo storico e non si può continuare ad insabbiare la testa. Le società di base sono al tracollo, vessate da gabelle assurde e prosciugate dalla carenza di finanziamenti pubblici e privati. Poi ci sono temi grossi, come la lotta al doping dove il coni spesso ha fatto orecchie da mercante quando avrebbe dovuto farsi carico direttamente. Prima ancora delle medaglie olimpiche, in cima ai programmi del massimo ente sportivo ci dovrebbe essere la tutela della salute di tutti i praticanti, professionisti e dilettanti. È un bel segnale che le federazioni sportive abbiano voluto affidarsi al nuovo piuttosto che all'usato sicuro: é vero anche che siamo sufficientemente navigati per non lasciarci andare a facili entusiasmi. Vigileremo e giudicheremo sui fatti. Caro Malagó, é vero: hai vinto una partita impossibile. Ma il campionato é ancora lungo. I veri problemi iniziano ora: noi ci aspettiamo grandi cose. 

venerdì 1 febbraio 2013

dido forever

Non posso e non voglio dimenticare il giorno che entrasti al Forum. Una smorfia, un tocco elegante sulle parti intime, un rapido movimento degli occhi per togliere lo sguardo fatale. Lo capii più tardi da Tosca, tua inseparabile nonché amabile consorte: non sopportavi il colore viola ed eri disposto a tutto pur di non vederne traccia. Cosa ci facessi a Pordenone, resterà, non solo per me, un grande mistero. Eri reduce da un attacco di ictus che ti aveva privato della panchina tanto amata, quella dell' Auxilium Torino, dove avevi fatto le classiche nozze con i fichi secchi. Quel grande genio di Corrado Vescovo approfittó della situazione e ti trovasti in un sol colpo 4 gradini sotto, in B2. Purtroppo rimasi troppo poco per i miei gusti di assistente assetato di scienza cestistica. Mi lasciasti dicendo che avrei dovuto continuare e che ce l'avrei fatta. Sapevi di barare: ero troppo giovane per resistere all'urto e infatti, dopo due giornate, ebbe termine la mia esperienza di capo allenatore orfano. Di quei fantastici tre mesi, conservo però un ricordo dolce e limpido. Gli aneddoti, l' ironia - mai sarcasmo - le risate, le riflessioni colte, la leggerezza che faceva da contraltare alla mia smania di controllo. Poi, più di tutto, la tua pallacanestro: semplice, efficace, divertente. Soprattutto offensiva: ci tenevi sempre a dire che non ti bastava vincere, volevi vedere le tue squadre giocare bene. La B2 non faceva per te: era come passare dal teatro all'arena, e tu eri un formidabile interprete di alta recitazione. In un mondo di urlatori e difese asfissianti, la tua poesia cestistica non poteva aver fortuna. Ho ancora in mente le parole che usasti in spogliatoio nel tuo ultimo pre-partita: " non dovete considerare solo la possibilità di vincere, dovete considerare anche la possibilità di perdere ". Per un giovane allenatore illuminista com'ero in quel momento sembrava tutto così assurdo e anacronistico. Mi ci sono voluti parecchi anni per capire la profondità del ragionamento - parole che ho risentito molti anni dopo da Pep Guardiola prima di una finale europea del grande Barcellona. Ora capisco il privilegio raro, anche se breve. Addio Prof. Addio Dido. Ci mancherai. Mi mancherai.