"Non è il cammino impossibile, ma l'impossibile è cammino"

martedì 29 settembre 2015

agonismo puro

Abbocco volentieri all'amo lanciato da Federico Danna in questi giorni sul fallo tattico non ritenuto antisportivo che ormai sta spadroneggiando anche in ambito giovanile. Condivido tutto, anzi mi sento di portare la riflessione a livelli quasi estremi. L'impressione é che la pallacanestro in età evolutiva abbia perso la tipicità che la contraddistingue e che la differenzia - non certo contrappone  - a quella adulta. Non si devono perdere di vista gli obiettivi: un conto é formare giocatori, un altro ottenere risultati immediati. Quasi sempre - se non addirittura sempre - queste due dimensioni - chiariamoci, entrambe nobili e degne di rispetto - si respingono, come se il raggiungimento dell'una precludesse quello dell'altra. Il libro della pallacanestro giovanile in Italia é piena di pagine: squadre che hanno vinto tanto ma che non hanno sfornato granché ed altre che hanno vinto poco ma che hanno regalato intere generazioni di giocatori. Non é detto che la pallacanestro, anche nelle regole, debba essere la stessa a tutti i livelli: ad esempio, giocare 24 secondi nelle giovanili non ha fatto altro che accrescere la frenesia di gioco assottigliando le idee di collaborazione e mettendo di fatto in crisi il fondamentale del passaggio, di cui tutti oggi reclamiamo l'assenza. Gli americani, che non sono gli ultimi arrivati in questa disciplina, si guardano bene dall'unificare i tempi di gioco tra NBA/WNBA e college M/F - attualmente 30 secondi, fino all'anno scorso addirittura 35 (a mio parere, molto meglio!). Se dovessi definire quale debba essere la singolarità della pallacanestro giovanile, userei il termine purezza. Che non significa assenza di agonismo, tutt'altro: competizione vera, dove il risultato é importante ma non è il valore assoluto. Dove la vittoria non é l'unico metro di misura o l'unico idolo d'oro a cui sacrificare tutti quei valori su cui si basa la formazione di un atleta. Le gare sono al servizio dei giocatori, non i giocatori al servizio delle gare. Per purezza intendo l'essenza della didattica: ai ragazzi/e va insegnata la grammatica del gioco che consiste nel fornire gli strumenti necessari per prevalere sugli avversari. Tutto ciò che esula da questo concetto non é altro che la ricerca, non del tutto pulita ed incolpevole, di sotterfugi, scorciatoie, trucchetti, per nascondere i propri limiti avendo come fine ultimo ed esclusivo la vittoria a tutti i costi. In questo rientra il caso presentato da Federico in questi giorni, ma ce ne sono altri: il buttarsi a terra al primo contatto, il continuo condizionamento degli allenatori sugli arbitri, l'utilizzo sfrenato del tatticismo a scapito della tecnica. Invece di lavorare per colmare le lacune, si nasconde tutto sotto il tappeto attraverso furbizie ed alchimie. Non c'è molto tempo per lavorare in palestra? Bene, non va sprecato, va usato esclusivamente per insegnare a giocare a pallacanestro. I risultati non arrivano? Pazienza, il tempo é galantuomo: non c'è niente di più appagante che sentir dire, anche da un solo giocatore, di essere diventato migliore grazie alla pallacanestro. 

venerdì 18 settembre 2015

brodino preolimpico

Dell'Europeo hanno ormai già parlato quasi tutti, compresi alcuni famigliari che non riconoscono nemmeno un campo di basket da uno di volley. Se non altro, per due settimane, perfino il calcio é passato in secondo piano: effimera illusione, tra un po' tutto tornerà alla normalità. A vedere pallacanestro, rimarremo i soliti quattro gatti, che non hanno niente a che fare con quelli di Trapattoni. Vi stupirò dicendo che a me Pianigiani é piaciuto di più in campo che davanti al microfono: quasi in stato depressivo, lamentoso oltre misura, con espressioni facciali e verbali poco inclini all'ottimismo. Infortuni, arbitraggi, carenza di vissuto agonistico: caro Simone, se avessi perso con Da Tome in campo, com'è successo con la Turchia, cosa avresti detto? Non mi pare che la Spagna se la passi meglio, eppure é arrivata in fondo. Preparazione e conduzione delle partite, grazie agli ottimi collaboratori, quasi impeccabili: forse ci voleva un po' meno braccetto corto nel dare maggior respiro alle prime linee, considerando che Melli Cusin e Aradori non più tardi di due anni fa in Slovenia giocarono da protagonisti in una nazionale sorprendente e che si trovò stremata nel finale del torneo. Una nazionale bella da vedere, diverse dalle edizioni precedenti: solitamente votata al sacrificio e abituata a galleggiare grazie ad un campionario di astuzie tattiche, stavolta talentuosa in alcuni elementi e capace di sfidare alla pari e a viso aperto squadroni blasonati e tradizionalmente vincenti nel continente. Non a caso la seconda squadra nel torneo per punti segnati, dopo la Serbia. Difficile - e qui convengo con lo staff tecnico - cambiare pelle a giocatori abituati a spremere maggiori energie nella metà campo offensiva: la sconfitta nei quarti é figlia di questa coerenza tecnica, purtroppo abbiamo trovato chi ha fatto più canestro. Parlare di scarsa organizzazione difensiva é un esercizio stucchevole quanto inutile: Belinelli non è Llull e Bargnani non é Radulica, si possono avere concetti chiari ma poi la differenza la fanno corpo, gambe e volontà. Giocando i quattro moschettieri - escluso Cinciarini in staffetta con Hackett - più di trenta minuti a partita, difficile se non impossibile mantenere grande intensità per l'intero incontro su tutti i lati del campo. Ciò che non capisco, più di tutto, é l'insofferenza verso la critica. Tutti d'accordo che le chiacchiere da bar di memoria calcistica non dovrebbero fare irruzione nel mondo immacolato - davvero? -  della pallacanestro, ma non vedo perché un allenatore, anche di base e di settore giovanile, non possa esprimere un'opinione. Non si tratta di essere tutti commissari tecnici, é un fatto di pregnanza culturale partecipare alla discussione di ciò, che in realtà, é patrimonio di tutti e non solo degli addetti. Sarebbe come dire che non si possono discutere i parlamentari perché noi, comuni cittadini, non ne abbiamo né diritto né competenza. Nei compiti di un personaggio pubblico c'è anche quello di accettare che qualcuno possa essere in disaccordo sulle scelte fatte. Viviamo forse sotto una tirannia tecnica? Quando il contradditorio verrà a mancare sarà un giorno triste per la pallacanestro. Intanto ci prendiamo il brodino  preolimpico: forse non è quello che tutti sognavamo, ma come dice il capitano, é già un passo avanti. Senza dimenticare le parole di estrema ed efficace trasparenza con cui quella persona vera che risponde al nome di Danilo Gallinari si é congedata dal pubblico: " mi sono rotto le palle di perdere, gli europei non si giocano tutti gli anni e per tutti gli anni passano ". Hai ragione, noi ti vediamo ancora ragazzetto partire con la faccia d'angelo verso il grande sogno americano. Forse di tempo, per fare qualcosa di grande, non ne é rimasto poi così tanto. Di un italiano in finale, come premio di consolazione, non ce ne facciamo più niente: dalla prossima ne vogliamo 12!