"Non è il cammino impossibile, ma l'impossibile è cammino"

domenica 28 maggio 2017

tutt'altro che Olimpia

Da osservatore esterno: l'Olimpia Milano è una somma di giocatori - a dirla tutta nemmeno così forti - tutt'altro che una squadra. In una squadra tutti ci si sacrifica uno per l'altro; si è disposti a rinunciare ad un piccolo tornaconto personale pur di guadagnare un premio collettivo più grande. Di che sacrifici e rinunce parliamo? Di qualche minuto in meno in campo, di una difesa più forte, di un tuffo, di un rimbalzo, di un tiro in meno preso e di un passaggio in più. Tutto questo Milano oggi non vuole fare e se non cambia in fretta lascerà il trono a qualcun altro e, perché no, alla bella favola Trento che sul piano della lotta e della fame non ha da imparare da nessuno. Giocatori di indubbio valore che scendono in campo con l'ardore e l'umiltà da serie minori: come se questa oramai bella realtà della pallacanestro italiana non avesse mai smesso, fin dalla sua ascesa, di rimanere incollata coi piedi per terra senza rinunciare alla sana ambizione di guardare sempre avanti. Da tifoso: sono incavolato, come tutto il popolo del forum. Perché questa tiritera, questa mancanza di continuità, va avanti da tutto l'anno e non si è mai riusciti a farvi fronte. La gente non capisce come mai giocatori che hanno fatto tanto male agli azzurri indossando le maglie delle rispettive nazionali siano improvvisamente diventati dei brocchi. Si parla da tanto tempo di nervosismo e di forti pressioni: mi piacerebbe sapere da Gherardini come le hanno gestite al Fenerbahce, oppure a Mosca o a Madrid. Quando giochi in un club come Milano devi sapere già in partenza che l'obiettivo è vincere: vuoi una vita più tranquilla? Scegli una squadra minore, avrai un contratto più magro con meno occhi e fiato addosso. Ho come l'impressione che molti dei giocatori approdati alla corte di Repesa siano ormai bolliti, nel senso che la fiamma che dovrebbe alimentare le motivazioni si è spenta da tempo. In due parole, belli ( forse una volta ) senz'anima. Altri, probabilmente, stanno già pensando ad andarsene prima possibile. Gli ultimi arrivati, giovani ed italiani, non sono ancora in grado di risolvere i problemi da soli. Il pubblico fischia, io spengo la TV. Se poi riaccendendo vedrò la serie sul 2-2, ci ripenserò. Al momento, preferisco godermi le lunghe serate quasi estive tra una passeggiata e un cono in mano.

mercoledì 24 maggio 2017

artisti per gioco

Prima ancora che atleta, un giocatore deve essere artista. C'è una bella differenza tra una poesia recitata a memoria da un dilettante - come potrei essere io - o interpretata magistralmente da un attore provetto. La stessa differenza tra chi in campo esegue e chi invece crea. La pallacanestro, come tutti gli sport di squadra, ha bisogno di fantasia. In particolare, a livello giovanile: strozzare l'inventiva attraverso l'ingabbiamento sistematico significa produrre giocatori seriali, prevedibili e non pensanti. Allenare la creatività comporta indubbi svantaggi: perdita del controllo sul gruppo, irrefrenabilità dei singoli giocatori, alto tasso di sconfitta. Cerchiamo di capirci: fantasia non significa anarchia o movimento caotico; significa ottenere l'obiettivo - ossia fare canestro - non attraverso artifici meccanici o con l'ausilio di copioni rigidi, ma con la bravura e l'arsenale tecnico a disposizione dei giocatori. Spesso lo schematismo viene utilizzato come copertura dei difetti: invece di lavorare sul miglioramento dei singoli - un percorso certamente più lungo e faticoso -, si preferisce occultare la debolezza per inseguire risultati immediati, anche se irrimediabilmente effimeri.  I giocatori vanno corretti, ma non soffocati; sgridati se serve, ma non sedati. Se le partite a livello giovanile finiscono 40-39 qualche domanda ce la dobbiamo porre, soprattutto questa: siamo disposti a tutto pur di vincere? Ci lamentiamo che manca talento, ma non facciamo nulla per rimediare; dimenticando troppo in fretta che non è un dono divino, ma un attitudine che va sviluppata quotidianamente. Pensiamo che Teodosic, ad esempio, sia un genio e che ne nasca uno ogni milione, ma non ci domandiamo quale scuola tecnica abbia permesso - o meglio, non abbia impedito - a questo fenomeno di diventare quello che tutti ammiriamo. Se un giocatore che inventa - attenzione!, con intuizione corretta - ma sbaglia e viene richiamato in panchina, stiamo  certi che la volta successiva non avrà più l'ardore di ripetersi. Non è che forse siamo noi, inconsapevolmente o meno, a non volere giocatori di talento?  

martedì 23 maggio 2017

sport no alcol

Giuro che ci ho provato. In tutti i modi. Ho cercato persino di togliere quella patina di muffa che avvolge il mio tradizionale pensiero. Oppure quell'aria da professorino 'so tutto io' che tanto infastidisce la platea. Niente da fare. Non riesco a trovare nessun abbinamento tra ciò che si intende per sport e ciò che si intende per alcol. Birrathlon è l'emblema di un matrimonio combinato, due termini forzatamente uniti che si eludono a vicenda. Amo il rugby - come potrei diversamente? - e amo i rugbisti. Ho molti giocatori tra i miei alunni e sono tra i migliori. Il concetto di lealtà portato a livelli estremi dove altre discipline sportive arrancano visibilmente. Coraggio, generosità, sofferenza, altruismo: valori in fase di estinzione ma che trovano ancora spazio nel rettangolo d'erba tra un passaggio della palla ovale e un placcaggio. Il terzo tempo, intuizione magica per trasformare l'inevitabile ferocia agonistica nell'apprezzamento dell'avversario. Allo stesso tempo amo il vino - come potrei diversamente in questa regione? -. Ho la cantina fornita, non sono un bevitore accanito, ma all'occorrenza non mi faccio trovare impreparato. Allegria, calore, compagnia: un bicchiere bevuto insieme può smorzare tante spigolature che ci tengono a distanza. La mia filosofia dualistica e Kantiana mi impedisce di vedere relazione fra ciò che tende al benessere e ciò che - in termini spropositati - può portare alla distruzione. Gli sportivi, naturalmente, possono fare quello che vogliono della e nella vita privata - fuorché danneggiare il prossimo - ma quando indossano le divise e si presentano in pubblico devono veicolare messaggi sani e inequivocabili. Non mi piaceva vedere allora Gigi Riva durante le pause, tantomeno oggi Sarri fumare mentre conduce l'allenamento. Perciò, e lo dico senza astio ma con affetto, avrei preferito vedere il manipolo di giocatori correre per la città - ottima idea promozionale - astenendosi dai fiumi d'alcol, a cui lo sport, tutto, ha dichiarato guerra. Che sia una goliardata giovanile, lo capisco: ma da chi fa sport, chissà perché, mi aspetto sempre il meglio. Per questo, e molto altro, a scuola gli agonisti mi odiano. Non so che farci, è più forte di me: chiedere di più a chi ha ricevuto di più. 

giovedì 11 maggio 2017

11/05/1961



Un giorno qualsiasi. Una data insignificante nello scorrere del tempo. Un puntino invisibile nel firmamento. Una parola nel libro della vita. Tirati a sorte. Così siamo usciti alla luce. Come un dito che si ferma sul mappamondo. Come un numero uscito dalla sacca della tombola paesana. Come una pallina che gira beffarda sulla roulette. Dal mare della tranquillità alla spiaggia del caos. Dal mistero alla conoscenza. Dall'eternità alla mortalità. Nessuno ci ha chiesto il permesso. Non abbiamo fatto richiesta, né abbiamo meriti o colpe. Non abbiamo scelto di nascere, tuttavia scegliamo ogni giorno di vivere. Lottiamo e siamo disposti a tutto pur di vivere. Anche quando la bilancia è in rosso, quando i titoli per stare aggrappati sono più bassi di quelli per lasciarsi cadere. Anche quando il dolore è più forte della resistenza. Abbiamo un debito con chi ha voluto tutto questo: chi ci ha preceduto, ci ha fatto entrare nella propria storia e in quella di tutti gli uomini. Madri, padri, non vi abbiamo mai ringraziato abbastanza, perché, malgrado tutto, ne valeva la pena. Chi ha superato la boa non ha più tempo da perdere e sprecare. Chi pensa di aver visto tutto, rimarrà deluso. Il libro degli appunti è sempre aperto, c'è ancora molto da imparare. Vivere come se fossimo appena nati: con gli occhi spalancati, scoprire ogni giorno, ora, attimo, qualcosa che ci fa sobbalzare dalla sedia. Soprattutto, cercando di rendere felice chi ci sta accanto. ' Non contare i giorni, fa in modo che i giorni contino ' ( Muhammad Alì ): così vorrei vivere il tempo che mi resta.