"Non è il cammino impossibile, ma l'impossibile è cammino"

martedì 25 novembre 2014

coerenza lor signori

Gli stessi che lo hanno accompagnato all'altare adesso lo ripudiano. Coerenza, signori, sapete come é fatta? Avete voluto voi che Poz fosse il personaggio pirandelliano che é sotto i nostri occhi, diverso dagli altri, eccentrico e imprevedibile, non scontato e scioccante. Vi sono piaciute le sue esternazioni non banali e compassate in sala stampa, vi é piaciuto il suo modo di parlare senza giacca e cravatta, vi piace la sua squadra libera di giocare in attacco, adesso che si é strappato la camicia avrebbe superato il limite? Il limite che voi stessi avete desiderato che superasse, portando un che di novità all'ambiente stantio e ripetitivo. Poz é questo: lo era quando giocava, lo é da allenatore. Sanguigno, vero, istintivo, irrefrenabile: non c'è storia né motivo che cambi. Lo si prende così o lo si scarta. Non ci sono vie di mezzo. Perciò toglietevi quella falsa aria di moralisti bacchettoni e lasciate che il nostro paghi per gli errori che ha commesso. Chiedere che sia diverso sarebbe come proibire ad un bambino di correre all'ingresso del parco o ad un affamato di attendere con le pietanze già pronte in tavola. Non è riuscito a frenarsi? Bene, che venga punito. Ma gettarlo in strada dopo averne fatto un eroe é un atto di disonestà intellettuale. L'avete usato per lanciare un nuovo prodotto, ora che può diventare scomodo lo state togliendo dal mercato. Io l'ho criticato fin dal primo giorno per la sua esuberanza, ora posso permettermi di difenderlo. Si, ora sto con il Poz. Cosa sarà un'espulsione?

martedì 18 novembre 2014

sos infortuni

Aumentano gli infortuni in palestra. Così dice un trafiletto di un giornale locale con tanto di statistiche. Ma che sorpresa! Sorpresa per chi? Per chi le palestre scolastiche non le frequenta da tempo. Per chi ci vive quotidianamente, é solo la conferma contabile di ciò che é risaputo ormai da un bel pezzo. Non è frutto di casualità, nemmeno colpa delle palestre o delle persone che ci lavorano. Purtroppo é l'utenza che é drasticamente cambiata. Una buona fetta di ragazzi italiani non ha i presupposti motori per sopportare carichi superiori alla media: ad esempio, fare una partita di calcetto - forse il divertimento massimo per la gioventù attuale - comporta un'intensità a livello muscolare, articolare e tendineo che pochi riescono a sopportare agevolmente e senza danni. A meno che si giochi a ritmi antalgici, ossia camminando per il campo. Le caviglie e le ginocchia dei ragazzi del duemila sono matematicamente più fragili di quelli che li hanno preceduti: non é difficile coglierne i motivi, ogni giorno che passa nel paese si fa meno attività fisica, soprattutto libera e spontanea. Oggi per pomparsi ed apparire i giovanotti vanno nelle palestre di pesi, un tempo bastavano le occupazioni o i divertimenti quotidiani a forgiare il corpo. In sostanza, madre natura ha lasciato il posto ai laboratori artificiali della costruzione fisica. I cosiddetti movimenti naturali, tipo correre saltare arrampicarsi strisciare rotolare ecc, giochi spontanei d'infanzia, stanno pian pianino scomparendo: é sufficiente mettere solo per un attimo il naso in qualsiasi palestra per cogliere le enormi difficoltà coordinative dei ragazzi associate a movimenti maldestri e incontrollati. Anche quei pochi che praticano sport, sembrano addestrati: osservare un calciatore fare pallavolo equivale a chiedere ad un romano di parlare dialetto triestino. C'è un altro fattore, forse più decisivo dei precedenti: i ragazzi sono sempre più incapaci di pensare mentre svolgono un compito. Non é questione di materia grigia: ne hanno anche troppa, ma sono disabituati ad usarla in corso d'opera. É come se fossero perennemente distratti. La consapevolezza, che é l'arte della presenza a se stessi in ogni istante, é una virtù sconosciuta. Logico che, mentre si svolge un esercizio gravoso ed intenso, in assenza di concentrazione, le probabilità di infortunio si moltiplichino alla potenza. La mia battaglia feriale si basa proprio su questi concetti: aiutare a tenere il più a lungo possibile la giusta soglia di attenzione. Non mi arrenderò facilmente: non saranno gli sbuffi o i rimbrotti a farmi recedere. Mission impossible? Può darsi, ma se molliamo non lamentiamoci di vedere le nostre nazionali sprofondare sempre più verso il basso: per farne uno come Danilo Gallinari ce ne vogliono diecimila. 

giovedì 13 novembre 2014

giovani bambini

Mi butto nella mischia rischiando l'osso del collo: nel polverone che si è alzato sulla possibile riforma dei campionati giovanili mi permetto umilmente di offrire un'angolazione diversa. Non credo si tratti di numeri e nemmeno, per quanto logico e comprensibile, di parallelo scolastico. In un contesto, non solo e non tanto sportivo, dove i nostri giovani faticano a crescere é necessario che come adulti ed istituzioni evitiamo di farci complici di un colpevole ritardo di maturità delle generazioni a seguire. Ad esempio - anche se la cosa potrebbe penalizzare me e tanti altri professionalmente - sarei favorevole ad anticipare il termine del percorso scolastico. Non solo per equiparazione all'Europa, ma soprattutto per scongiurare il rischio che i ragazzi utilizzino gli anni di studio per parcheggiare piuttosto che fare leva sulle proprie capacità creative. D'accordo l'obbligo scolastico, che é un diritto prima ancora che un dovere, ma vedere gente di venti e passa anni alle scuole superiori non dá dignità al nostro paese e nemmeno a chi ci lavora. Nella pallacanestro, con le debite differenze, succede la stessa cosa: ragazzi intrappolati nelle giovanili perché ritenuti non ancora pronti oppure per soddisfare le ultime discutibili aspettative di adulti che faticano a rompere il cordone ombelicale. Giovani che si comportano da bambini. Uno dei tanti motivi per cui la produzione di giocatori in Italia é rallentata fortemente sta proprio in questo tentativo, certamente in buona fede, di allontanare sempre più il raggiungimento dell' età adulta sportiva. Non è solo colpa degli allenatori che non fanno giocare i giovani: finché ci saranno "riserve" per la salvaguardia della specie, i ragazzi non avranno fuoco dentro per farsi largo nel difficile mondo dello sport per adulti. Tanti si perdono perché non allenati alle insidie e difficoltà di un ingresso troppo scioccante in un ambiente con regole e abitudini totalmente diverse. Negli ultimi tempi, considerati di crisi, vedo con piacere alcuni giovani affacciarsi con prepotenza nei piani alti, segno che, abbandonati alibi e lamentele, arrivare é possibile. E chissenefrega se il livello di gioco si è abbassato: fosse per me manderei a casa il settanta per cento degli stranieri e ne terrei solo due, davvero buoni, come si faceva nella preistoria. Ho sentito troppo in questi anni parlare di politiche per i giovani: se questo significa tenerli ancora nel nido ed imboccarli anche quando sono in grado di cavarsela da soli, non mi trovano d'accordo. Come molti che ci lavorano a fianco, ho a cuore il destino delle nuove generazioni: il modo migliore per aiutarli, però, non sta né  nell'illusione né nell'inganno, tantomeno nella semplificazione delle difficoltà. Sbattere il muso, a volte, può essere doloroso, ma spesso é l'unica chiave per aprire, a furia di tentativi, la porta giusta.

martedì 4 novembre 2014

Se avessi un buon carattere

Se avessi un buon carattere non sarei quello che sono. Eviterei di arrabbiarmi e di ingrossarmi la bile per questioni che, tutto sommato, non meritano grande attenzione, soprattutto da parte del mio corpo. Imparerei a diventare insensibile alle preoccupazioni di cui, purtroppo, sono grande maestro. Fuggirei dalle ansie di prestazione che attanagliano le debolezze umane e mi scrollerei di dosso le manie di perfezionismo che sono una pia illusione per menti instabili e perennemente insoddisfatte. Riuscirei finalmente a relazionare con gli altri esseri terreni rinunciando alle prevaricazioni e alla frivola necessità di affermare le proprie ragioni. Sarei capace di passare sopra ai torti subiti e, in un impeto di trascendenza, forse anche a perdonare i nemici e coloro che ci fanno del male. Cercherei, prima di giudicare, di scoprire quali sono le ragioni che portano alcuni ad agire in modo sconsiderato e inqualificabile: forse i miei alunni mi sopporterebbero di più e compilerebbero una pagella con voti migliori. Ma questo, purtroppo o per fortuna, é il mio carattere.
Se avessi un buon carattere non sarei dove sono. Probabilmente frequenterei piani più alti e palazzi più pregiati. Non mi troverei in una scuola qualsiasi di una provincia sperduta ad insegnare una materia inutile. Forse sarei in qualche partito a farmi largo a bracciate e a difendere con accanimento la sedia prima tanto agognata poi conquistata. Oppure in qualche panchina prestigiosa in giro per l'Italia e fare il mestiere più bello del mondo. Ma questo, purtroppo o per fortuna, é il mio carattere.
Ognuno é padrone del proprio destino. Siamo quello che meritiamo. Meglio ancora, siamo quello che abbiamo voluto essere.