"Non è il cammino impossibile, ma l'impossibile è cammino"

sabato 27 ottobre 2012

noi



Noi.
Noi che ci buttiamo nel vuoto senza paracadute. Che corriamo senza freni.
Noi che non riusciamo a stare zitti, che non impariamo mai a tacere.
Noi che diciamo sempre la veritá o, meglio, che non riusciamo a dire bugie.
Noi che non sappiamo mai dire di no e ci pentiamo un attimo dopo.
Noi che usiamo il sale al posto del miele.
Noi un libro aperto scritto con caratteri grandi. Noi inconfondibili.
Noi che non sappiamo perdere e, spesso, nemmeno vincere.
Noi che facciamo piangere e che piangiamo di nascosto.
Noi cattivi per amore e buoni per odio. Noi troppo orgogliosi.
Noi duri fuori e teneri dentro, mani fredde cuore caldo.
Noi perennemente scontenti. Noi romantici.
Noi senza speranza di salvezza, pessimisti cosmici.
Noi eroi un giorno e martiri un anno. Noi e nessun altro.
Noi.

martedì 23 ottobre 2012

cuore che vince

Chiamasi partecipazione. Senso di appartenenza. Con una parola grossa, amore. Non si va in millecinquecento a vedere una partita di promozione se non é amore. Questa é Treviso, risorta dalle sue stesse ceneri. Una città ferita, ma non distrutta. Con un progetto, una speranza, una voglia matta di riscatto. Giovani e vecchi insieme per risalire la china e tornare quelli di prima. Gli under 19 con Pittis e Coldebella e con un allenatore di sicura affidabilitá , Goran Bjedov, che ha accettato la sfida. È nelle difficoltà che ci si stringe e si fa quadrato: nell'abbondanza spesso ci si divide. C'é qualcosa oltre il denaro che puó muovere le persone verso traguardi impensati: una storia, un' identitá , un'anima. Ci sono stadi vuoti e palazzetti che non riescono a contenere tutti. Per una volta, la macchina mediatica perde il confronto con la passione e l'attaccamento. Non é la serie A, non sono i grandi giocatori: una volta tanto é il cuore a vincere.

mercoledì 17 ottobre 2012

male incurabile

Non mi sottraggo. Faccio parte della schiera che si nutre volentieri di vittorie e di sconfitte altrui. Non c'é da vergognarsi: nessuno ama perdere, nemmeno il nipotino che gioca a carte con il nonno quasi orbo e mezzo sordo. Non esiste medicina piú dolce della vittoria e piú amara della sconfitta. Possiamo rifarci al conte De Coubertin quante volte vogliamo, ma l'istinto rimane la prevaricazione, non certo la sottomissione. I bambini, i piú innocenti, sono i primi ad odiare la sconfitta: si puó cercare di attenuare il dolore pescando nel ricco mare degli alibi, ma nessuno piú dei piccoli sa fare bene i conti con i numeri. C'é chi ha fatto di piú e chi meno, la realtá é purtroppo immutabile. Quando giocavo con mio padre a ruba mazzetto non sopportavo la canzoncina provocatoria che accompagnava il gesto del furto e aspettavo con ansia il momento di riprendermi ció che mi era stato tolto. Siamo fatti per competere, per gioire e per piangere. La felicitá spesso si accompagna alla disperazione altrui e viceversa. Impariamo nel tempo a digerire e metabolizzare: ció non significa che diventiamo insensibili alle prestazioni. Semmai, rispetto ai bambini, ingoiamo maggiormente facendoci dei danni quasi irreparabili. Chi piange, in fondo, butta fuori di sé il dolore ed é come svuotato da possibili minacce. Chi assorbe e rumina, spesso non si rende nemmeno conto di quanto male accumuli e dispensi intorno. Non consiglio a nessuno - i miei familiari ne sono a conoscenza - di starmi vicino nelle ore immediate ad una sconfitta. Invidio i miei giocatori uscire sorridenti dagli spogliatoi: per me in genere comincia una brutta serata. Sotto sotto, siamo tutti giocatori d'azzardo che usano soldi falsi per rifarsi al gioco. Se fossimo sicuri di vincere, non ci sarebbe nemmeno gusto - a parte i corrotti ai quali piace "vincere" facile. Non esistono sconfitte dolci: ringrazio i gentiluomini e le gentil donne che spesso non risparmiamo complimenti anche quando si perde, ma farei volentieri cambio. Qualche insulto per una vittoria in piú: impagabile!

domenica 7 ottobre 2012

w bologna

Bologna mi piace. La Virtus mi piace. Mezza squadra sotto i vent'anni. Ci vuole coraggio, un bravo allenatore con vocazione formativa e un presidente - stravagante quanto si vuole - che investe sui giovani. Una squadra fatta non solo per partecipare ma per provare a vincere. A dimostrazione che la linea verde può anche dare buoni risultati. Moraschini, Imbrò, Fontecchio, Landi, Vitali: giocatori locali o raccolti in giro, fatti crescere in uno dei vivai migliori d'Italia con allenatori di primissima qualitá, Giordano Consolini in primis. Non sono di fede virtussina, ma questo progetto mi affascina perché va nella direzione giusta. Con la difficoltá di reperire risorse e, di conseguenza, persa la competitivitá in Europa - con unica eccezione Armani che continua a dissanguarsi - l'unica scelta possibile ed intelligente é puntare sui giovani talenti italiani. Negli altri paesi si fa giá da molto tempo, speriamo che la crisi economica - non tutti i mali - spinga molte societá di vertice ad invertire la rotta ed usare in modo sapiente i pochi denari a disposizione. In Turchia e Russia, ad esempio, hanno imposto la presenza in campo di almeno due connazionali: non é forse la scelta migliore, ma almeno é un tentativo di sviluppo del prodotto locale. I nostri giovani sono condannati spesso a scaldare le panchine o abbassarsi di categoria per giocare: l'eccessiva pressione sugli allenatori é la condanna a morte della pallacanestro italiana. Ora che la nazionale ha ripreso quota, occorre diventare egoisti e lungimiranti: ok Marconato,  Bulleri e Basile, colonne indiscusse di ieri, ma se esistono due palanche da buttare non ci dovrebbe essere alcun dubbio.

martedì 2 ottobre 2012

la corda

Dalla saggezza popolare: "se tiri troppo la corda prima o poi si spezza". In realtà, colpevolmente, nella mia insignificante storia me ne sono abbastanza infischiato. Rovinandomi spesso l'esistenza. Sarebbe tutto più semplice e liscio, guadagnando in salute e cerchia amicale. Purtroppo siamo fatti così, spesso peggio di quello che pensiamo d'essere. Irriducibili ed irrimediabili, abbiamo il pregio di non mollare mai: se dall'altra parte c'è qualcuno in bilico, non siamo tra quelli che lasciano facilmente la cima. Abbiamo un istinto filantropico: siamo disposti a farci del male pur di salvare qualcuno. Sindrome della crocerossina. Continuiamo ad essere incompresi: questo mondo scambia la dolcezza per amore e la durezza per odio. Così buono è sinonimo di bravo e cattivo di incapace. Ma non siamo cattivi: siamo solo arrabbiati. Siamo nervosi perchè non riusciamo ad accontentarci. E poi, cosa significa buono? Che tutto ciò che passa sotto gli occhi o entra nelle orecchie deve per forza piacere? Indossiamo l'elmetto ma non siamo violenti: cani che abbaiano ma non mordono. Specie in estinzione o demodè? Forse entrambe. Oggi si deve stare attenti a quello che si fa e si dice. Ma quello che vedo e che sento mi lascia perplesso. In verità, abbiamo solo una  definita vocazione all'autodistruzione: continuiamo a tirare, fregandocene delle conseguenze.