"Non è il cammino impossibile, ma l'impossibile è cammino"

mercoledì 28 giugno 2017

here comes the sun ( au revoir filles )

Quattro anni. Straordinari. Indimenticabili. Porterò con me i vostri sorrisi, i desideri, le buone ambizioni. E perché no? I pianti, le incazzature, le paure, la rabbia. Quando accettai l’incarico, molti mi chiesero: che ci fai al femminile? La risposta è sempre stata la stessa: si tratta di pallacanestro, mica di riviste specializzate. E la pallacanestro è unica, che sia maschile o femminile: se si insegna, si impara; se si gioca bene, si vince. Chi dice che la pallacanestro femminile è una disciplina diversa da quella maschile, mente sapendo di mentire, oppure non ha mai frequentato lo sport in rosa: soddisfazioni e frustrazioni sono identiche, come identico è il rapporto tra impegno profuso e prestazioni ottenute. Cos’ho imparato? Per prima cosa a dosare il linguaggio. Chi mi conosce sa perfettamente che nel passato non ho certo brillato per delicatezza: voi mi avete insegnato che le cose giuste possono diventare sbagliate se dette in malo modo. Mi avete ricordato il peso specifico delle parole: quando escono non si possono più cancellare ( non è vero Verba Volant! ), e possono ferire quanto cicatrizzare. Ma, soprattutto, per un allenatore di lungo corso ( forse troppo ) come il sottoscritto, che pensa erroneamente di aver visto quasi tutto sui campi di pallacanestro, avete lasciato un’impronta indelebile: l’entusiasmo. Non c'è stata una volta che abbia percepito una sensazione di disagio o monotonia: tanta era la voglia di stare in palestra che avete costretto i vostri allenatori a dare il meglio, a spendersi in tutto e per tutto per la vostra crescita. La vostra domanda era talmente forte che la risposta non poteva che essere adeguata: tutto ciò ci ha messo in discussione, ci ha fatto lavorare, in una parola, ci ha cambiati. In meglio. Avete ricaricato le pile che si stavano consumando. Ora il futuro è roseo, vi aspetta: non ponetevi limiti, tirate fuori sempre la parte buona che c'è in voi. Non smettete di sognare in grande: guardate Cecilia Zandalasini, pochi anni fa era una di voi e adesso è tra le migliori giocatrici d’Europa. Spero, un giorno, di vedervi librare in cielo come le aquile che avete portato cucite sul cuore. Soprattutto, che i sorrisi rimangano sui volti e che il ghiaccio si sciolga perennemente. Here comes the sun, abbiamo cantato a Bormio. Cantiamolo sempre. Au revoir, mes chères filles. Bonne chance. Merci pour tout.

martedì 20 giugno 2017

gigio libero

Francamente, per quanto mi sforzi, non riesco a trovare in Donnarumma alcuna colpa, se non quella di essersi affidato a gente senza scrupoli e con il profitto come unica ragione di vita. A 18 anni appena compiuti, con un campionato europeo in corso e una maturità da fare, ha staccato di gran lunga i coetanei - posso dirlo con certezza per esperienza diretta - per abnegazione, impegno, determinazione. I naviganti virtuali lo accusano di alto tradimento, noncuranti dei precedenti famosi che pullulano la storia non solo calcistica ( Meneghin da Varese a Milano ad es. ) : qualcuno pretende che un ragazzo appena maggiorenne diventi una bandiera quando, in realtà, deve ancora diventare uomo. Se per i procuratori conta esclusivamente riempire il forziere, per i giocatori contano celebrità e vittorie: da quando è stato inventato lo sport professionistico, il sogno di tutti è sempre stato quello di giocare nei club più titolati e vincenti. Se Gigio fosse arrivato ai tempi del grande Milan, forse non si sarebbe nemmeno posto il problema. Tutti volevano giocare nel Milan degli invincibili: oggi non è così, giocarci è una scommessa che non tutti sono disposti a rischiare. Del Piero, Totti, Maldini? Ognuno fa le proprie scelte e ne paga le conseguenze: se Maldini giocasse oggi, forse si guarderebbe intorno. È risaputo, non si può vincere da soli: in questo la storia di Totti, un fenomeno, è paradigmatica. Cristiano Ronaldo, il più forte di tutti, per vincere ha dovuto accasarsi a Madrid: se fosse rimasto in Portogallo, non sarebbe successo. E così vale per Messi e gli altri campioni. I giocatori non inseguono i soldi, bensì la gloria. Fin dalle olimpiadi dell'antichità, gli atleti venivano considerati alla stregua degli dei e incoronati con l'alloro, simbolo consacrato ad Apollo. Le chiacchiere da bar e le esternazioni intestinali da tribuna nord devono lasciare il posto a riflessioni più ponderate: esiste un diritto alla vittoria? E poi finiamola una buona volta con questi discorsi patetici sulla riconoscenza: se non  ci fosse stata ‘ingratitudine’ da parte di Van Basten verso l’Aiax, il Milan non avrebbe vinto tutti quei trofei. Perciò, o si è tutti, o nessuno è in obbligo.

mercoledì 14 giugno 2017

aule fronte mare

Ultimo giorno di scuola. Per me il trentesimo da insegnante. I ragazzi non invecchiano, io si. La distanza è incolmabile, ogni anno di più. Rifletto sulla frase di Aristotele, stampata beffardamente e perentoriamente sulle pareti della palestra, per molto tempo luogo di culto e di lavoro: 'dove si incrociano le tue capacità e le necessità del mondo risiede la tua chiamata'. Non sono più sicuro di essere così capace; ancor meno che la mia presenza sia così necessaria. Mi reputo severo e rigoroso mentre il mondo si muove in tutt'altra direzione; amante del controllo, vedo schegge impazzire ovunque. Sono un combattente, ma l'arma bianca non può nulla contro l'artiglieria pesante. Due ore alla settimana non possono cambiare le persone: possono, tutt'al più, trascorrere con il minimo danno. Eppure, arrivano messaggi chiari: la scuola dovrebbe farsi carico anche del periodo estivo. Lo vogliono le famiglie, lo vuole il ministero. Nessuno si premura di ascoltare i diretti interessati: alunni e insegnanti. Mi chiedo cosa possa fare la scuola di più e di meglio di quanto stia già facendo: occuparsi per nove mesi dei figli degli altri mentre coloro che dovrebbero occuparsene sono troppo occupati è già un bel daffare. La scuola non è e non deve diventare l'esclusiva maestra di vita dei ragazzi: ci sono migliaia di altri interessi che possono e devono essere soddisfatti al di fuori delle aule e dei laboratori. Se i ragazzi oggi si annoiano e non sanno utilizzare il tempo in modo prolifico, prima di trovare soluzioni preconfezionate, occorre porsi qualche interrogativo: perché sono continuamente distratti? Perché hanno istinti distruttivi? ( purtroppo in alcuni casi auto ) Perché sono pigri? Perché non sono curiosi? Potrei continuare a lungo, chi sta con i ragazzi percepisce il disagio ma vive con frustrazione l'impotenza di farvi fronte. In verità, la gran parte ( non tutte per fortuna ) delle famiglie hanno abdicato al dovere - e piacere - della patria potestà: educare i figli è il mestiere più difficile, soprattutto quando è necessario bilanciare affetto e rigore. È faticoso dire di no, correggere, andare in frontale: è però inevitabile se non si vogliono creare "mostri" sociali ( mi sia permessa la licenza ), individui troppo pieni o vuoti di sè, capaci di gestì incontrollabili o irrispettosi alla faccia delle conseguenze. Gli insegnanti sono dei nemici quando mettono voti negativi e bocciano, ma possono diventare preziosi alleati durante le giornate afose e lunghe d'estate ( 'il pomeriggio è troppo azzurro e lungo' Celentano docet ). In soldoni, i ruoli si sono invertiti: quello che si dovrebbe fare a casa si fa a scuola e viceversa. Per la mia età è una rivoluzione troppo costosa: se a qualcuno piace, si faccia avanti. D'estate avrei voglia di vedere di tutto, fuorché i miei alunni - con rispetto parlando -. E credo che loro siano pienamente d'accordo.






domenica 4 giugno 2017

sadismo popolare

Sono onesto, ho partecipato anch'io in passato all'infantile godimento dei mali sportivi altrui. Oggi me ne vergogno. È un esercizio becero, messo in atto da chi non può concedersi soddisfazioni se non nell'altrui sventura: verrebbe da dire da chi non ha mai fatto sport in modo serio, se non indossando magliette tarocche davanti a boccali di birra facendo uso di volume sconsiderato della voce. Chi fa o ha fatto sport conosce la sofferenza della sconfitta: il peso schiacciante di aver perso un'occasione quasi unica, la frustrazione di aver faticato molto e raccolto nulla. Non sono juventino, giammai, perciò al di sopra di ogni sospetto: l'improvvisata con tanto di vestizione madridista - salvo indossare i colori azzurri in altre occasioni con gli stessi protagonisti ieri beffeggiati - non fa onore allo sport, al popolo italiano, all'essere umano. Qui non si parla di antipatia, di gufaggine, di sfottò o altro: si parla di malcostume, che spesso si applica anche a situazioni non sportive e, quindi, con accezioni e conseguenze ben più gravi. Sperare nel fallimento del prossimo è uno degli esercizi più popolari e divertenti: questa sorta di sadismo dei tempi moderni è purtroppo una disciplina - pseudo sportiva - che possono praticare tutti, soprattutto coloro che litigano spesso con la realizzazione dei propri sogni. Chi è centrato su se stesso, difficilmente ha tempo da perdere ad osservare gli altri. Da milanista convinto e frustrato - sono anni ormai che non giungono belle notizie dalla sponda rossonera - ho preferito andarmene a spasso nelle strade deserte. Che la Juve vinca o perda, conta il giusto. Ma se qualcuno cade - metaforicamente intendo - e altri ridono, la cosa conta un po' di più. E, sinceramente, mi piace poco ( no like ).