"Non è il cammino impossibile, ma l'impossibile è cammino"

domenica 25 dicembre 2011

Natale firmato

Rimango convinto che in confronto a più autorevoli blog dove si parla - spesso sparla - di basket questo che state leggendo é solo un inutile e noioso passatempo. Tra l'altro si occupa non solo di pallacanestro, ma di altri sport, di attualità, perfino di politica. L'aspetto deteriore sta nel fatto che i commenti agli articoli debbano essere firmati e che quindi sia bandito l'anonimato. Faccio fatica a pensare che sia così difficile alzare la mano, presentarsi e lasciare un segno inequivocabile in rete. Pendo atto e mi arrendo: troppo facile e immediata, la stoccata con pseudonimi di ogni tipo e taglia va maggiormente di moda. Eppure, in qualsiasi assemblea pubblica mettiamo la nostra faccia e il nostro nome se vogliamo argomentare: non ci facciamo problemi ad alzare la voce se nell'asilo dei nostri figli si discute sull'aumento della retta mensile o sull'organico degli insegnanti ridotto ai minimi termini. Non vedo perchè, dietro ad una macchina, dobbiamo trasformarci vigliaccamente in tanti zorro telematici per infilzare a turno i nostri avversari invece di affrontarli in leale duello. Il gesto del guanto dovrebbe valere anche ai nostri tempi. Non condivido e non mi piace nemmeno l'idea che, non essendoci scrittura autografata, ci si possa esprimere liberamente e senza vincoli. I vincoli esistono eccome: il rispetto verso la persona non dovrebbe essere mai trasgredito. Posso combattere le idee, non i portatori. Esiste un confine oltre il quale non è permesso andare. E poi: come si fa a litigare con un fantasma? Che gusto c'è a prendersela con l'innominato? Comunque oggi é Natale, non mi sono dimenticato. E a Natale, per contratto, siamo tutti più buoni. Al mio club privato e ristretto di annoiati lettori, sinceri auguri. Prometto che, al posto di pepati e cafoneschi commenti, non farò mai mancare la giusta dose di modesta critica all'esistente, cestistico e non. Se poi vorrete lasciare la vostra firma e le vostre idee, tanto di guadagnato.

sabato 24 dicembre 2011

regali e pacchi

Potevano farsi e farci un regalo. Un bel gesto intonato al Natale. Avrebbero perso qualche soldino ma guadagnato qualche punto nella classifica della stima popolare. Hanno pensato invece che fosse meglio un privilegio oggi che un consenso domani. Ricordiamoci quando sarà il momento: verranno a mendicare prima o poi, un pò di buona memoria non farà loro male. E anche noi dovremo avere buona memoria, perchè non sarebbe la prima volta che troppo leggermente, dimenticandoci, abbiamo perpetuato lo stesso errore. Gli unici in Italia che possono decidere autonomamente e liberamente l'entità del proprio stipendio sono i nostri amati politici. Insegnanti, operai, impiegati, bancari, commessi: potessero decidere quanto guadagnare non avrebbero certo gli stipendi dichiarati in busta paga. La questione sta dunque a monte: com'é possibile concedere ampia libertà decisionale in una materia delicata come questa? Qualcosa si puó ancora fare: gli uomini politici che hanno votato contro il mantenimento dei vitalizi diano il buon esempio. Chi può proibire loro di rinunciarvi? Facciano il primo passo, se é vero che considerano un lusso immeritato godere di un'indennità per aver servito il paese. Per gli altri diventerà ancora più imbarazzante difendere le proprie posizioni. Qualcuno, da dentro, deve rompere la formazione. Da fuori é impossibile, se non rinunciando alla non violenza. È l'ora delle scelte coraggiose: sarà più sopportabile per tutti fare la coda in posta e pagare bollette più care se i sacrifici saranno condivisi. Quando i parlamentari italiani dichiareranno come quelli portoghesi, allora potremo ripensarci. Ma in questo momento, l'unica cosa che vorremmo sentire, come dice Fossati, é un poco di silenzio. Le vostre parole non ci interessano più, come le vostre balle e i vostri alibi. Cominciate a fare qualcosa di serio per salvare l'Italia e poi potrete chiedere agli italiani di fare la propria parte. Nel frattempo, buon Natale a tutti. Anche a voi, che vi siete dimenticati - dimenticati? - il regalo; o, meglio, che ve lo siete fatto. Per noi, un bel pacco.

venerdì 23 dicembre 2011

pietre

Se sei bravo
ti tirano le pietre
Se sei scarso
ti tirano le pietre
Se ti arrabbi
ti tirano le pietre
Se stai calmo
ti tirano le pietre

Qualunque squadra avrai
Dovunque allenerai
Sempre pietre in faccia prenderai

Se stai in piedi
ti tirano le pietre
Se ti siedi
ti tirano le pietre
Se alzi la voce
ti tirano le pietre
Se stai zitto
ti tirano le pietre

Qualunque squadra avrai
Dovunque allenerai
Sempre pietre in faccia prenderai

Sarà così finchè vivrai
Sarà così

Se correggi
ti tirano le pietre
Se lasci perdere
ti tirano le pietre
Se giocano tutti
ti tirano le pietre
Se giocano gli stessi
ti tirano le pietre

Qualunque squadra avrai
Dovunque allenerai
Sempre pietre in faccia prenderai

Se sei duro
ti tirano le pietre
Se sei molle
ti tirano le pietre
Se perdi
ti tirano le pietre
Se vinci
ti tirano le pietre

Qualunque squadra avrai
Dovunque allenerai
Sempre pietre in faccia prenderai

Sarà così finchè vivrai
Sarà così

Grazie a Gian Pieretti

giovedì 22 dicembre 2011

Quello che manca al mondo

Quello che manca al mondo
è un poco di silenzio
Quello che manca in questo mondo
è il perdono che non vedo e non sento
Tutta la gente intorno sogna
di cavalcare il temporale
Quello che serve alla vita
è acqua e sale
Io non sono quell'uomo che aveva un sogno
che ne è stato dei sogni di questo tempo
di che cosa parliamo in questa vita
di che cosa nutriamo i nostri figli

Quello che mancherà domani
è un monumento all'uguaglianza
Quello che manca già stanotte
Sono mille parole d'amore
Perchè c'è gente che parla d'amore
In una lingua morta
Sono vivi e gli basta
E sanno aspettare
Ma in questa estate che sembra piuttosto dicembre
non tutto va bene oppure si se vi pare

Quello che manca al mondo
Lo vedo bene coi miei occhi
Quello che manca in questo mondo
non lo posso raccontare
Io non sono quell'uomo che aveva un sogno
e nemmeno l'artista che aveva un dono
Ma anche solo un pensiero fa strada
come tutte le grandi illusioni

Quello che manca al mondo
è un poco di silenzio
quello che manca in questo mondo
è il perdono che non vedo e non sento
Quello che manca al mondo
è un poco di silenzio

Ivano Fossati

martedì 20 dicembre 2011

maledetta avidità

E' riuscito ad ingannare anche me. Mi piaceva: aveva grinta, leadership, generosità. Pur avendo un nome importante, ha scelto di giocare in squadre di seconda fascia. Mi affascinava questa sua voglia di far grande la provincia. Era il capitano, il trascinatore, l'atleta che tutti gli allenatori vorrebbero avere. Malgrado biologicamente non lo sia, umanamente e sportivamente, per quanto mi riguarda, è morto. E con lui sono morti altri giocatori che ci hanno fatto urlare e sognare. Aveva tutto: fama, soldi, salute. Quante persone possono permetterselo? Evidentemente non c'è limite all'avidità: un giocatore di calcio è già nel privilegio, di cos'altro può aver bisogno? Ma la notizia peggiore è l'agonia che sta vivendo lo sport: il significato stesso della parola pretende lealtà, competizione, superamento dell'avversario. Come il doping, le scommesse stanno avvelenando l'ambiente e rendendolo irrespirabile. Non è tanto e solo il giro di soldi che scandalizza, quanto il concetto stesso che ciò che è puro per natura possa essere inquinato. Il denaro, forse, si recupera, non la coscienza. Soprattutto abbiamo il dovere di far credere alle nuove generazioni che è ancora possibile crescere alla scuola dei valori sportivi. Signor Doni, mi dispiace, non ho compassione per lei. Nemmeno per Beppe Signori, che tanto abbiamo ammirato in azzurro. La vostra immagine è scaduta. Avreste potuto essere ricordati con le maglie addosso e le braccia alzate, come nei poster che si attaccano in camera. Eravate idoli di migliaia di tifosi, ora siete il simbolo della corruzione e dell'imbroglio. Tra voi e mani pulite non saprei chi scegliere. Avreste potuto accontentarvi, in fondo Madre Natura era già stata prodiga. Capisco un morto di fame che ruba nelle case. Voi non vi capirò mai.

domenica 18 dicembre 2011

cara vecchia bontà

Sbaglio o a Natale dovremmo essere tutti più buoni? Sarebbe anche interessante lavorare sull'aggettivo: cosa significa essere buoni? Possiamo tradurre in mille modi: perdonare chi ci ha offeso; fare un'opera buona; andare a trovare i parenti; rinunciare all'istinto vendicativo. Certo che in giro esistono molti modi originali per ricordare il Natale: alberi che al posto delle palline hanno dei biglietti dove si chiede a Gesù Bambino di esaudire i propri desideri. Che non sempre, anzi quasi mai, contengono pensieri buoni. Chiediamo ad un bambinello, nato nel freddo e nella povertà assoluta, di far del male a quel tizio, a quell'insegnante, a chi ci ha dato qualche problema. Dove sono finiti i vecchi pensierini natalizi? Le poesie strappalacrime recitate sulla sedia a tavola, le letterine dolci e delicate, i biglietti cartacei, i propositi buoni, le canzoncine come colonna sonora dei pranzi famigliari? Dov'è finita la cosiddetta bontà? La bontà degli ingenui, di chi non pensa sempre male, di chi si fida, di chi va oltre, di chi all'apparenza sembra perdente, di chi dorme bene di notte. Ciò che un tempo sembrava infantile, oggi è dono prezioso e raro. Caro Gesù Bambino, tu che davvero sei buono, donaci un cuore pulito, senza macchia, incapace di pensare e fare male.

giovedì 15 dicembre 2011

sport e pane

Non é facile, indubbiamente. Ma qualcuno ci é riuscito, perché non tutti? Perchè in questo paese fare una cosa sembra escluderne un'altra? Far bene a scuola non significa necessariamente far male altrove. E viceversa. Mi sono sempre opposto all'idea che un giocatore agonista di alto livello debba per forza rinunciare agli studi. Ci sono miriadi di esempi: Michele Mian, uno per tutti e non uno qualunque, giocatore della nazionale e laurea in filosofia. E poi, chi lo dice che sia più conveniente studiare? Ne siamo proprio sicuri? Sbaglio o l'Italia possiede il record di laureati non occupati? Ci sono giovani che a trenta e passa anni devono ancora uscire di casa: è così scandaloso guadagnarsi da vivere facendo sport? La realtà è che si considera la professione dello sportivo come qualcosa di evanescente e temporaneo. Come un lavoro anomalo. Certo, non mancano casi di ragazzi disillusi e rovinati da sogni di carriere infrante, per infortunio o per aspettative troppo alte. Però, e so di andare controcorrente, non mi piace e mi opporrò continuamente al falso concetto che sia meglio studiare che fare attività sportiva. Non sono aspetti da mettere in conflitto: sono due facce della stessa medaglia. C'è chi si paga gli studi facendo sport: c'è qualcosa di male? Fare il professionista nello sport é pur sempre un privilegio: conoscete qualcosa di meglio per guadagnarsi il pane? Io non ho avuto sufficiente coraggio per intraprendere questa strada e mi sono pentito. Ho un lavoro sicuro? Vero, ma nell'incertezza forse mi sarei divertito di più.

martedì 13 dicembre 2011

tutto qui

Chissà perchè mi sono venuti in mente i giocatori che ho allenato. Ammetto: ogni tanto una sbirciatina alle loro statistiche domenicali mi fa alzare la cresta. Sono uomini adesso. Ricordo perfettamente i rimproveri, i predicozzi, le risposte non sempre educate. I giocatori hanno bisogno dell'allenatore, ma è anche vero il contrario. Anzi, ora che ci penso, è forse più vero il contrario. Ettore Messina - a cui tutti riconosciamo qualità tecniche fuori dal comune - sarebbe stato lo stesso se non avesse allenato gente come Danilovic, Nesterovic, Ginobili? I giocatori hanno molto da insegnare agli allenatori, soprattutto quelli che escono dai binari e mettono a dura prova la stabilità e gli equilibri di squadra. Facile insegnare ai normo-alunni: venite all'Istituto Professionale un giorno e vi farò scoprire un mondo nuovo. Così nello sport: se vuoi vincere, avere soddisfazione, devi imparare a gestire i cosiddetti giocatori vincenti, quelli che spostano le partite e mettono a repentaglio le tue convinzioni. Perchè non esiste un giocatore vincente che non abbia una personalità forte. Se vuoi giocatori educati ed obbedienti, sai in partenza che avrai uno spogliatoio calmo ma anche una bacheca priva di trofei. E' una battaglia psicologica: sai che ti risponderanno male ma che non si tireranno indietro quando ci sarà da combattere. Farai di tutto per cambiarli, ma sai fin da subito che non ci riuscirai. E i tuoi meriti, se ce ne fossero, stanno solo nell'aver impedito che il loro sogno svanisse. Tutto qui? Tutto qui.

domenica 11 dicembre 2011

così non va

Fede, non ci siamo. Sei una campionessa e nessuno lo discute. Abbiamo tifato per te, sofferto, abbiamo esultato nei trionfi, cantato e battuto le mani durante l'inno di Mameli. Abbiamo sopportato alcuni atteggiamenti un pò divistici. Abbiamo tollerato la tua presenza a volte istrionica negli spot pubblicitari. Ti abbiamo perdonato alcune affermazioni non sempre ortodosse nelle interviste post-gara. Ci siamo disinteressati delle vicende sentimentali convinti che non fossero affari nostri. Stavolta no. Stavolta hai sbagliato. Una campionessa si vede nella vittoria, ma si distingue nella sconfitta. Sei arrivata quarta, giù dal podio, e te la prendi con l'ultimo degli allenatori? Hai perso, punto e basta. Capita a tutti di perdere, anche ai più forti. Nessuno è invincibile. Soprattutto nessuno è responsabile delle sconfitte più di sè stesso. Perchè coinvolgere altri nell'insuccesso? È come prendersela con gli arbitri dopo una partita. Come dare la colpa alla sfortuna. E se anche fosse vero tutto quello che hai detto, era così necessario strombazzarlo ai quattro venti? Non sarebbe stato meglio un regolamento di conti in privato? L'impressione é che tu non riesca a liberarti della presenza del povero e grande Alberto Castagnetti: davvero lui era fenomenale, sapeva come prenderti, ma nessuno è indispensabile e insostituibile, anche in casi eccezionali come questi. Una sconfitta può insegnare più di una vittoria: prendila e trasformala in rabbia agonistica. In fondo ciò che conta è Londra: un quarto posto agli europei in vasca corta non è niente al cospetto di una medaglia olimpica. E noi sappiamo che ci sarai: anche noi ci saremo per spingerti sul podio. E il tuo sorriso sul gradino più alto non ha niente a che fare con il musone e gli alibi di questi giorni. Quella è la Fede che ci piace.

martedì 6 dicembre 2011

scherzi del destino

Conoscere i risultati in anticipo - attenzione, non combinando le partite - avrebbe effetti positivi immediati. Potrebbero saltare i bookmakers per la rovina degli scommettitori incalliti, di certo avremmo meno ricoveri e un utilizzo più morigerato di farmaci. Mi spiego: se sapessi prima di giocare che la partita finirà con una vittoria dopo 3 supplementari di un punto con tiro sulla sirena, perchè mai dovrei dannarmi l'anima e rovinarmi il fegato? Me ne starei tranquillo in panchina ad aspettare che il destino si compia. Potrei tornare a casa sereno e risparmiare gli abitanti dall'inevitabile grandinata adrenalica. La notte potrei dormire tranquillo e potrei mangiare e finalmente digerire come tutti gli umani che si rispettino. Se fossi a conoscenza di una sconfitta, l'atteggiamento non muterebbe di molto. Mi girerebbero di più le scatole, ma non avendo possibilità di trasformazione del corso inevitabile delle cose me ne starei imbronciato aspettando rassegnato l'amara conclusione. Se Qualcuno da qualche parte conosce l'esito, perchè ha deciso di farci stare in pena? In fondo, anche le parole crociate hanno la soluzione in ultima pagina. Ma siamo proprio sicuri che il risultato finale sia già scritto? Oppure sono i protagonisti in campo che decidono? Forse sono vere entrambe le cose, forse il destino si diverte a farci soffrire. O forse la verità è un'altra: siamo talmente tossici, che preferiamo farci del male pur di non rinunciare alle emozioni forti. Incoscientemente autodistruttivi. Amen.