"Non è il cammino impossibile, ma l'impossibile è cammino"

domenica 26 maggio 2013

avanti un altro


Non è mai stato il mio tipo e, con ogni probabilità, non lo sarà mai. Troppo elegante, troppo compassato, troppo sicuro di sé, troppo. Che sia bravo e capace è fuori discussione: non si vincono scudetti o competizioni internazionali casualmente o per fortuna. L'uscita di scena a Milano di Sergio Scariolo merita quantomeno una breve riflessione e un piccolo plauso. La dichiarazione di commiato contiene onestá intellettuale e una dose riconoscibile di ammissione di colpa. L'errore é stato sopravvalutare le proprie capacità: l'ambizione di prendere dieci bravi giocatori e trasformarli in una squadra vincente. La differenza tra un bravo giocatore e un campione non sta nella qualità tecnica - pressoché identica - ma nell'investimento emotivo: un bravo giocatore ama se stesso, un campione ama la vittoria. L'esperimento spagnolo ha funzionato: con tutta probabilità la statura morale dei Gasol brothers, di Navarro e Fernandez è di gran lunga superiore alla media dei giocatori in circolazione. Inoltre, c'è un abisso fra giocare in nazionale o in un club: l'orgoglio patriottico é un ottimo collante per favorire la solidità del gruppo. Milano é oramai da qualche anno un rebus: una città attaccata al simbolo storico e glorioso Olimpia, con un pubblico esigente e freddino, troppo deviata verso interessi calcistici per innamorarsi perdutamente di basket. Onore e merito ad Armani, che continua la sua predica economica nel deserto: se non fosse per lui, l'Olimpia sarebbe già da un bel pezzo all'inferno. Sono anni che questa città - e non solo - aspetta lo scudetto. La strada intrapresa, sebbene costosa, non ha portato frutto. Ci vorrebbe qualche Gallinari formato italico, uno zoccolo duro di giocatori innamorati della società e dell'ambiente. Nuovi Meneghin e Premier, uomini che oltre a saper giocare erano in grado di dare un'anima allo spogliatoio. Avanti un altro: chi prenderà la squadra in mano avrà una bella patata bollente. In tanti ci hanno provato, pochissimi sono riusciti. Per fortuna, una volta tanto, non è un problema nostro.

sabato 25 maggio 2013

chi è senza peccato



Tutti, ora, scagliano la pietra. Danilo Di Luca, adultero delle due ruote, viene unanimemente condannato e lapidato. Trovato e asportato il cancro. L'organismo finalmente é sano e vegeto. Che il malcapitato sia un imbroglione, non è una novità. La novità sta nel coro polifonico di accuse ben orchestrato dai media e in particolare dalla rosa, sponsor della manifestazione. Vogliono farmi e, permettetemi, farci credere che l'unico corridore dopato sia stato scovato e debellato. Che un giro d'Italia con 30 tappe di 200 chilometri l'una si possa normalmente percorrere a 40 all'ora di media. Gli stessi che ci hanno fatto credere, in passato, delle virtù disumane di falsi campioni come Amstrong e compagnia briscola. Io ci sono cascato: per questo sono molto offeso e arrabbiato, soprattutto in circostanze come questa. Perché, come nella favola di Pierino e il lupo, c'è un limite all'inganno. Mi dispiace, non ci credo più. Mi dispiace per quella manciata di atleti, sconosciuta, che non porta macchia. Ci fosse anche solo un corridore pulito su cento, meriterebbe il mio e nostro rispetto. Ora, però, non me la sento: per il momento, fino a prova contraria, sono tutti dopati. Amo il ciclismo e, nel mio limite, amatorialmente, lo pratico. So cosa vuol dire faticare in salita e rischiare in discesa. So che esiste un limite che non dovrebbe essere mai superato. So anche quanto sia affascinante spostarsi intercettando singoli profumi e ammirando diversi paesaggi. Mi piacerebbe applaudire e abbracciare un vero campione: purtroppo ho preso troppe scottature e non mi è ancora passata la tramontana. Ecco perché, quando la carovana é transitata da queste parti, io mi trovavo altrove. Dovremmo dire a quei bambini a bordo strada che agitano i tricolori che tutto quello che vedono é falso, una recita ben costruita. O, forse, é meglio che credano ai loro occhi: spezzare un sogno é quasi un crimine. Anch'io avevo un sogno: quando ho visto l'uomo in giallo che aveva sconfitto la morte, salire sul palco, ho pianto lacrime vere. Nessuno me le ha restituite. Sto aspettando. Aspetto che il mio credito venga saldato. Non ho fretta, ma fino a quel momento me ne starò distante.

lunedì 20 maggio 2013

campionesse




Ore e ore come secondi.
Chilometri e chilometri che vedono l'arrivo.
Lacrime che tornano agli occhi.
Rimproveri che vanno in pezzi.
Dolori che escono dal corpo.
Ferite cicatrizzate in fretta.
Rinunce già dimenticate.
Sacrifici persi nella memoria.
Sogni fuori dal cassetto.
Desideri che si avverano.
Impossibile che è possibile.
Coraggio che trova strada.
Unione che fa forza.
Umiltà che apre porta.
Braccia che si intrecciano.
Urla che si alzano.
Foto che si sprecano.
Gioia indescrivibile.
Felicità impagabile.
Campionesse.







sabato 11 maggio 2013

52



Cos'hanno in comune Mozart, Gesù, Van Gogh, Schubert? Non hanno avuto bisogno dei miei 52 anni per lasciare un'impronta incancellabile nella storia dell'umanità. Hanno vissuto poco, ma hanno prodotto ed elargito molto. Come se non fosse necessario così tanto tempo per esprimere la ricchezza nascosta nei luoghi più profondi dell'anima. Non sono così sicuro - anzi, sono sempre più dubbioso - che con l'età si migliori e si diventi più saggi. Se così fosse, i nostri governanti, che giovani non sono, ci avrebbero condotto per acque tranquille evitando che i nostri occhi potessero scandalizzarsi. Gli anni posso renderci ciechi, aridi, opportunisti, cinici. Più che per i capelli, la linea perfetta e l'assenza di rughe, ho altri rimpianti: la vitalità, la fantasia, l'innocenza. Virtù perdenti in contesti di forte e tossica competizione, ma che hanno reso felici e dense le nostre ore spensierate a caccia di ideali e notorietà. Ho fatto molti errori, ma le scelte più importanti non le ho certo fatte di recente: avevo 30 anni ed ero già marito, padre, insegnante e allenatore. Ora é diverso, c'é da dare un senso allo scorrere del tempo. Possiamo scegliere: guardare indietro e cominciare il conto alla rovescia, oppure reinventarci il futuro. Per chi, come me, si trova oltre metà gara, sarebbe assurdo fermarsi. Non ci hanno insegnato a mollare, ci hanno insegnato ad arrivare in fondo: probabilmente c'è ancora qualcosa da fare.

sabato 4 maggio 2013

tempo scaduto





Ogni giorno. Ogni ora, Ogni minuto. Ogni secondo. Mi allontano da questo posto derelitto. Sempre più distanti uno all'altro, sempre più sconosciuti. Ero fiero, ora mi vergogno. Ero colmo di energia, ora sono scarico. Avevo entusiasmo e passione da vendere, ora sono peggio di un alunno svogliato. Fare e disfare: in questo siamo professionisti. Godiamo  delle macerie altrui per costruirci sopra fortuna e gloria. Cattiveria e invidia ci hanno rovinato: nella modestia, avevamo tutto ciò che serve per arrivare in alto. Purtroppo la nuova Babele ci ha reso stranieri e fatto crollare. La sostanza non è in ciò che si vede, ma in ciò che si vedrà. In realtà, non vedo luce all'orizzonte. Non è una categoria più alta a migliorare le cose: i costruttori lo sanno, non si parte mai dal tetto. Ci vuole una nuova generazione, qualcuno che riparta senza storia e senza macchia. Come abbiamo fatto noi molti anni fa, facendoci largo a suon di gomiti e faccia tosta. Avevamo un vantaggio: non c'erano piazze virtuali e dei commenti da cortile ce ne facevamo un baffo. Ora è diverso: si lanciano sassi coprendosi il volto. Come in una rapina in banca. È il nuovo nome della libertà e della democrazia: sparlare di tutto e di tutti, senza lasciare traccia. Non c'é nemmeno più il coraggio di mettere la faccia in ciò che si pensa: davvero avvilente. Per non parlare della gratitudine, termine scomparso dai vocabolari, ma soprattutto atteggiamento sparito dalle abitudini umane: come possiamo dimenticare che tutto ciò che siamo dipende in gran parte da chi ci ha preceduto? Per quanto mi riguarda, il tempo é scaduto. Non sono più disposto a guardare questo scempio: o chiudo gli occhi, o li giro da un'altra parte.