"Non è il cammino impossibile, ma l'impossibile è cammino"

domenica 27 aprile 2014

il settimo giorno


In sei giorni, almeno nei racconti sacri, é stato creato il mondo e tutto ciò che contiene. Anche noi, in meno di una settimana, abbiamo provato tutto, trascorso una vita intera in miniatura. Disperazione e sollievo, lacrime di dolore e di gioia, inferno e paradiso, trambusto e liberazione. Come se avessimo fatto un corso accelerato sull'esistenza. Siamo passati dal baratro alla resurrezione del terzo giorno. Dalla ricaduta al riscatto finale. Davvero lo sport é la metafora della vita. Non si finisce mai di imparare: abbiamo capito che per raggiungere un obiettivo non si può lasciare nessuno indietro e che la fiducia reciproca é la chiave della vittoria. Non c'é solo pallacanestro: ci sono sorrisi, incomprensioni a volte, sguardi che chiedono attenzione, parole che  spezzano il cuore ma che possono anche chiudere le ferite. Ci siamo fatti male ma ci siamo fatti anche del bene. Abbiamo vissuto tutto questo. E non ci sono dubbi: siamo tornati migliori di quando siamo partiti. E più uniti. Per tutto questo, grazie a tutti. E vide che era cosa buona. Così il settimo giorno si riposó. 


sabato 19 aprile 2014

accorciare le distanze


Se penso a quell'uomo - non solo uomo, almeno per chi crede - abbandonato dai suoi amici più cari, offeso, bastonato, appeso, non posso evitare di considerare quanto sia ridicolo al confronto il dolore che dobbiamo provare quotidianamente. Perché di dolore, malgrado tutto, si tratta: quando non siamo riconosciuti, gratificati, compresi, rispettati. Quando l'armonia é sopraffatta dalla malvagità. Di quella malvagità di cui siamo vittime, ma purtroppo spesso anche complici, magari più o meno inconsapevolmente. Ma la sofferenza sul calvario é un'altra cosa, é paragonabile solo al martirio: ci vogliono uomini e donne speciali, di grande umanità, dono di cui, al momento, pochi di noi - non certo chi scrive - ne sono in possesso. C'é chi ha dato la vita per gli altri e noi ci offendiamo per un saluto non dato, un grazie non ricevuto, delle scuse mancate. Pasqua é anche questo: riconoscere la distanza enorme che ci separa dai giganti della storia. In fondo, la lotta contro la barbarie é solamente dentro di noi. Ciò che vediamo non é altro di ciò che siamo. Altri, questa battaglia, l'hanno vinta: dobbiamo solo seguirne l'esempio. Dobbiamo solo accorciare le distanze.

venerdì 11 aprile 2014

scegliere


Scegliere é soffrire. Sai cosa prendi, ma anche cosa lasci. Ti riempi e ti svuoti allo stesso tempo. Scegliere é rischiare. Fai la cosa giusta e quella sbagliata. Scegliere non va di moda: meglio rimandare, far decidere altri, meglio aspettare. Gli animali agiscono, per questo stanno spesso, maltrattamenti a parte, meglio di noi. Scegliere é ruminare, ripensare alle cose perse: non bisognerebbe voltarsi indietro, ma ne siamo fatalmente attratti. Guardando a ciò che non abbiamo, dimentichiamo ciò che abbiamo. Per questo scegliere ci rende infelici. Dovremmo accontentarci, ma non ne siamo capaci. Scegliere può far male: le nostre azioni hanno sempre una conseguenza. Chi ha responsabilità, deve scegliere. E non può accontentare tutti. Per questo ogni scelta, anche volta al bene, inevitabilmente crea dolore. Scegliere é necessario: sarebbe più comodo farne a meno, ma ogni maledetto secondo siamo costretti ad aprire una porta e chiuderne un'altra. Scegliere é umano, per questo capita molto spesso di sbagliare. Non é un peccato sbagliare, semmai non saperci perdonare. Vivremmo tutti meglio se fossimo consapevoli dei nostri errori e se imparassimo a sopportarli a vicenda. Come una squadra vincente, dove la stravaganza di ognuno da debolezza si trasforma in forza. Scegliere: non dobbiamo aver paura.

giovedì 3 aprile 2014

rispetto, grazie

I burocrati hanno colpito ancora. Pensavo ingenuamente ad un pesce d'aprile, invece si é dimostrata assurda verità. Nella complessa ed insaziabile mania di protagonismo, hanno inventato una nuova arma letale: il certificato penale. In soldoni, chiunque ha a che fare con minori, in ambito sportivo, deve avere la fedina pulita e deve soprattutto dimostrarlo. Invenzione geniale. Naturalmente, in allegato, marche da bollo salate. Faccio alcune considerazioni a caldo: chi è stato pulito fino adesso sarà per sempre pulito? E chi si è sporcato, sta girando minacciosamente per le società sportive di tutta la penisola? Che mi risulti, esistono casi isolati e identificabili: dobbiamo per forza mettere in subbuglio decine di migliaia di associazioni sportive? Ciò che muove la legislazione in Italia é da sempre il principio di presunzione: presumo che tu possa essere un evasore, un ladro, un bugiardo, un pedofilo. Mai che si possa pensare all'opera benemerita di tanti sodalizi che in mezzo a migliaia di ostacoli costituiscono una goccia preziosa e insostituibile nel mare, spesso ambiguo, delle proposte formative per bambini e ragazzi. Anche questa sembra una bella operazione per raccattare denaro facile: é necessario muovere tutti gli operatori educativi in Italia quando sono riconoscibili quei pochi - per fortuna - che hanno commesso abusi nei confronti di minori? É altamente offensivo e indegno che una persona per bene debba dimostrare la propria estraneità a fatti ignobili. Il mondo dello sport, già pesantemente minacciato, rischia di trovarsi un'altra tegola sulla testa: invece di aiutare e semplificare le procedure, si perpetua in atteggiamenti vessatori e penalizzanti. Del resto, in Italia, lo sport é da sempre considerato, malgrado le parole di circostanza, la ruota di scorta del processo formativo. Non ci siamo ancora sbarazzati del tutto delle scorie intellettualistiche di crociana memoria che vogliono l'attenzione per il corpo una pericolosa tendenza da fermare. Mi dispiace, signori dello sport, qua non si tratta solamente di deroghe o di interpretazioni: qua si tratta di principi che devono essere difesi. Non mi metterò a 53 anni dopo 35 di onorata e, a volte, un po' meno, carriera, a difendere la mia innocenza. Di errori ne ho commessi molti, come molti dei miei colleghi, ma ciò non ci rende colpevoli. Molti di noi hanno speso una vita tra i minori: non chiediamo molto, forse un po' di rispetto. Riconoscenza é troppo.