"Non è il cammino impossibile, ma l'impossibile è cammino"

venerdì 29 giugno 2012

gentleman

E'  l'uomo del giorno, forse dell'anno. Ha un nome poco calzante: Prandelli è tutto fuorchè Cesare. E' signorile, cortese, elegante. Ma soprattutto e sorprendentemente umile. Fugge la ribalta. Vive l'incanto con disincanto. Furbo e intelligente senza darlo a vedere. Sarà ricordato come colui che ha raccolto e rimesso insieme i cocci: dopo il trionfo in terra tedesca e il fiasco di Donadoni non era certo un compito facile ridare un'immagine positiva all'italia calcistica. Ha proposto in attacco una coppia naif: non c'è allenatore al mondo in grado di imitare tale gesto intrepido. Uno scampato alla morte e sul punto di abbandonare la carriera agonistica, l'altro linciato per atteggiamenti eufemisticamente poco adeguati. Mi viene in mente Sacchi, che nella sua maniacale organizzazione di squadra mal sopportava il genio di Roberto Baggio: chissà cosa avrebbe fatto con quei due. L'Italia finalmente ha un gioco: non specula sugli errori altrui, cerca di imporre la propria qualità tecnica. In fondo, ciò che ci caratterizza da sempre è l'estro e la fantasia: come nell'arte, anche nello sport ogni popolo esprime un'identità, un gusto, una peculiarità. Per questo i tedeschi ci supereranno in efficienza e produttività, ma continueranno a perdere: l'organizzazione e l'ordine non sono tutto, spesso ci vogliono creatività e improvvisazione. Del nostro uomo affascina la sobrietà con cui vive la professione: poche parole, nessuna sbavatura, carezze per tutti. Un gentiluomo verrebbe da dire. Talmente distaccato da lasciare una prestigiosa panchina per stare accanto alla moglie malata. Forse il dolore fortifica. Di sicuro crea delle gerarchie: non c'è sofferenza più grande che perdere un proprio caro. Nemmeno perdere ai rigori una finale europea. Anche se noi tutti gli auguriamo di vincere. Se c'è qualcuno in credito con il destino, è proprio lui.

mercoledì 27 giugno 2012

calma apparente

Non si alza un filo d'aria. Tutto fermo. Tutto tace. Eppure questo dovrebbe essere il periodo in cui regna il culto della parola. Campionati fermi, via libera alle ciance! Trasferimenti, rinforzi, proclami. Nulla di tutto questo. Calma assoluta o apparente? Quiete prima della tempesta? Forse la pallacanestro locale ha deciso di anticipare le vacanze. Chi non dovrebbe andarci sono i giocatori: non é necessario avere un allenatore alle costole per migliorare. Spesso il lavoro estivo fa la differenza: non si possono chiedere miracoli senza fare adeguati sacrifici. Entrare in una palestra senza autorizzazione non é un reato: parola di allenatore, non certo di uomo della legge. Un altro consiglio: fare sport diversi migliora il patrimonio motorio: non è un caso che i giocatori più forti siano in realtà polivalenti. Immaginate Pirlo playmaker o Stonerook portiere. Fissare un'attenzione continua sugli stessi movimenti conduce alla noiosa ripetitività e ad una certa rilassatezza neuro motoria. Ultima questione, quella che io chiamo del fuso orario: la forzata rinuncia alla sveglia mattutina comporta la distruzione del bioritmo. È come addormentarsi con i merli in italia e svegliarsi con i panda in australia. Capisco l'esigenza di vivere la notte, ma chi ha un pizzico di ambizione deve contenere il capriccio. Chi vuole recuperare terreno, di solito lavora mentre gli altri stanno fermi. Chi non vuole perderlo, conviene darsi da fare. In realtà, come diceva qualcuno, i campionati si vincono d'estate. Non certo a parole.

domenica 24 giugno 2012

by by nba

Vietato leggere ai minori di 25 anni. Avvisati, mezzo salvati. Nel senso che, per quanto mi riguarda, con la NBA ho chiuso. Vorrei chiudere anche con Sky che trasmette solo pallacanestro notturna - ma non eravamo noi che ci lamentavamo delle registrate della Rai? - ma purtroppo devo fare i conti con la resistenza in famiglia di ben tre azionisti su quattro. Non se la prendano Buffa e Tranquillo: quello che stanno trasmettendo non è degno della loro professionalità e competenza. Quando ho sottoscritto il contratto, in settimana andavano in onda otto dirette di eurolega. Uno spasso, un pò meno per la componente femminile. Oggi l'eurolega è confinata altrove, il campionato italiano è tornato alla Rai con i disastri già raccontati in altre circostanze. Gli adolescenti passano miriadi di notti in bianco cibandosi di una disciplina sportiva nata di squadra ma defunta nell'assoluto mito del supereroe. Tra questi ragazzi, molti sono giocatori: vorrei dire loro che la strada per il successo va dalla parte opposta, ma mi liquiderebbero in fretta come inutile e vecchio grillo parlante da cui stare alla larga. Non ha vinto Miami contro Oklahoma, bensì LJ contro KD. Quando vedo le cifre al mattino - mentre gli intrepidi riposano dalle fatiche notturne - non posso non provare fastidio: più di 30 punti a testa. Mi chiedo cosa ci sia di tanto interessante e spettacolare nel vedere un giocatore prendere l'iniziativa mentre gli altri osservano. Mi calmo, almeno apparentemente, ripensando ai vecchi miti d'oltreoceano: sembra la solita solfa post-bellica da vecchietto nostalgico, ma Magic e Larry Bird erano un'altra cosa. Erano bravi, bravissimi, avrebbero potuto fare di più per se stessi, hanno scelto di vincere con gli altri. Non a caso erano entrambi mirabili passatori, quando la palla era nelle loro mani tutti sapevano che poteva arrivare in qualsiasi momento. Non è certo colpa di Lebron, nè di Kobe o di Durant. Questo è quello che vuole la mega distribuzione mediatica, sorretta dalle grandi multinazionali nord americane. Se quest anno LJ avesse perso, cosa avrebbero fatto le grandi aziende che per l'ennesima volta avevano scommesso su di lui? Così mi devo accontentare degli aneddoti triti e ritriti del grande vecchio simpatico Dan e delle immagini - audio spento naturalmente - del misero campionato italiano. Da novembre a marzo, mi diletto con ESPN che manda in onda la vera pallacanestro a stelle e strisce, quella della NCAA, non capendo un accidente delle parole in originale. Molti giocatori europei hanno fatto marcia indietro e molti americani preferiscono emigrare: non sono così sicuro che la NBA sia il campionato più bello al mondo. Forse dove giocano i giocatori migliori, almeno per il momento. Mi sia consentito: tra uno sport, quello dell'eurolega, dove la forza del gruppo fa la differenza e un altro dove la differenza la fa il singolo, preferisco di gran lunga il primo. Superato? Non c'è problema. Sono abituato a queste cose. A scuola mi chiamano mammuth.

giovedì 21 giugno 2012

perdenti e vincenti


Il perdente ha sempre una scusa.
Il vincente si prende le colpe.

Il perdente è forte con i deboli.
Il vincente è forte comunque e ovunque.

Il perdente pone problemi.
Il vincente trova risposte.

Il perdente allarga le braccia.
Il vincente si rimbocca le maniche.

Il perdente vede il bicchiere mezzo vuoto.
Il vincente quello pieno.

Il perdente se la prende con gli altri.
Il vincente se la prende con se stesso.

Il perdente quando perde sbatte la porta.
Il vincente quando perde abbraccia l’avversario.

Il perdente quando vince deride.
Il vincente quando vince rispetta.

Il perdente non ha bisogno di migliorare.
Il vincente cerca sempre di farlo.

Il perdente si tiene tutti i meriti.
Il vincente li divide con gli altri.

Il perdente parla in prima persona singolare.
Il vincente parla in prima persona plurale.

Il perdente qualche volta è contento di perdere.
Il vincente non lo è mai.

Il perdente qualche volta non è contento di vincere.
Il vincente lo è sempre.

Il perdente ha un obiettivo solo: vincere ad ogni costo.
Il vincente ne ha un altro: provare a vincere.

Il perdente non è un buon compagno di squadra.
Il vincente è il compagno che vorresti avere sempre.

Perdenti o vincenti non si nasce.
Perdenti o vincenti si diventa.

Perdenti o vincenti.
Non si scappa, non c’è via di mezzo.


tratto da Le Parabole del Console

lunedì 18 giugno 2012

volume basso

È come sparare sulla crocerossa ma non si può tacere. Il livello dei commenti Rai, dalla pallacanestro al calcio, è offensivo della nostra intelligenza. Non è necessario essere padroni della disciplina per cogliere incompetenza ed approssimazione. Aveva ragione mio padre che toglieva il sonoro prendendosi regolarmente insulti dal resto della famiglia. Erano gli anni di Martellini e Pizzul, mica due idioti. Figurarsi cosa farebbe adesso. Non ci sono giustificazioni: visto che noi tutti, a parte i furbetti, paghiamo il canone, è giusto pretendere. Se i giocatori sbagliano vanno in panchina, gli allenatori vengono esonerati, gli arbitri fermati. I telecronisti? Loro non pagano mai. Si allenano? Mancia competente a chi ne sa qualcosa. La raccomandazione sembra più importante della competenza. In realtà, le immagini parlano da sole: come l'arbitro migliore è quello che si vede meno, così il commentatore più bravo è quello che non si sente. Non è mica la radio - a proposito, che nostalgia le vecchie radioline sull'orecchio e la voce gracchiante e mitica di Enrico Ameri. Il commento tecnico ha un pò addolcito la pillola: un conto però è avere a fianco un allenatore, un altro un ex giocatore. Collovati, ad esempio, è stato un super difensore, ma appena apre la bocca andrebbe cacciato per direttissima. La tribuna post partita è di fatto il momento più delirante: una babele di personaggi inutili di cui onestamente interessa molto poco l'opinione. Ci sono degli stipendiati Rai da oltre 20 anni di cui non si capisce il senso e la presenza: una specie di pre-pensionamento di lusso. Qualcuno, che si occupava di basket addirittura, ha coniato termini tipo "tiro ignorante" riferendosi alle bombe epiche di Basile: che sappia io non esistono tiri ignoranti, esistono casomai uomini ignoranti . Cosa possiamo fare? Il canone non possiamo rifiutarci di pagarlo, pena il pignoramento e il ludibrio pubblico. Non abbiamo potere sulle nomine. Non possiamo richiamare i vecchi alle armi. Noi ovviamente non saremo mai ingaggiati. Possiamo sempre fare come mio padre: se l'Italia sbaglia, fa goal o fa canestro, non serve qualcuno che ce lo dica.

domenica 17 giugno 2012

all'attacco


Se una partita di pallacanestro finisce 48-42 e non ci troviamo di fronte ad un torneo aquilotti ma ad una finale nazionale under 17 maschile c’è qualcosa che non funziona. Posso capire tutto: difese fisiche ed asfissianti, ricerca del risultato, tensione, emotività. Segnare sei canestri – lasciando fuori ipotetici tiri liberi – in dieci minuti è davvero poco ed è un segnale d’allarme. Ci interessa vincere? Allora va bene anche 10-9. A tutti interessa vincere, ma non possiamo fingere di non essere preoccupati. O meglio: ci preoccupiamo troppo degli altri piuttosto che di noi stessi. Guardiamo migliaia di video e scoutizziamo al dettaglio ogni giocatore della squadra avversaria e forse ci dimentichiamo della cosa più importante: fare canestro,che è poi lo scopo del gioco. E' aumentata la qualità difensiva o è scesa quella offensiva? Probabilmente vere entrambe le tesi. La prima non può che farci felici, ma la seconda è inquietante. Il nodo cruciale della questione non sta tanto nella conoscenza dei fondamentali: l'italia è piena di giocatori "belli", intendendo con questo termine pulizia e grazia nei movimenti. La verità è che pochi sanno usare la tecnica di gioco, ossia la capacità di leggere le situazioni e fare le scelte giuste. Atleti di copertina, ma non di sostanza. Un conto è saper palleggiare, un altro saper usare il palleggio. Molti ragazzi che noi alleniamo sanno palleggiare, passare e tirare, ma pochi sanno servirsene in partita. E' su questo che dovremmo lavorare di più. Meno tempo alla tattica, più tempo a situazioni reali di gioco. Sgomberiamo il campo da un falso stereotipo: chi non dedica tempo alla tattica, è destinato a perdere. Non è vero: chi dedica tempo a migliorare i propri giocatori vince. Ed è dimostrato. Non si tratta di fare mille tiri ad allenamento; si tratta di imparare a scegliere quando e come tirare. Come mai i giocatori della mia generazione che avevano allenatori più improvvisati e minori spazi di allenamento risultavano comunque efficaci? La risposta è semplice: facevano pallacanestro sui campetti degli oratori, dove potevano tradurre in pratica le lezioni teoriche ricevute in palestra. Partite all'ultimo sangue, dove chi perdeva doveva lasciare il campo. Se non è più possibile tornare indietro, si possono però ricreare situazioni analoghe in allenamento: abbandonare le esercitazioni ripetitive e asettiche e fare proposte riconducibili alle reali fasi del gioco.In sostanza, il vecchio 3 contro 3 su un campo è molto più utile di mille altri esercizi. Dicevano che i 24 secondi avrebbero apportato maggiore spettacolo e quindi punteggi più alti: la mia opinione è che invece è successo il contrario, fretta e approssimazione hanno abbassato il quoziente offensivo. Se nelle università americane si giocano 35 secondi per azione un motivo ci deve essere. Torniamo ad occuparci dell'attacco: con la difesa, è vero, si vincono i campionati. Basta non lamentarsi se la nostra nazionale non riesce a qualificarsi per le olimpiadi.

martedì 12 giugno 2012

in ultima pagina

"Il Paese deve prendere esempio dagli azzurri di Prandelli".....andiamoci piano, signor Presidente. Ci sono citazioni migliori. Vuole qualche suggerimento? I pallanotisti, i rugbysti, Sara Errani, Valentina Vezzali... Per quanto mi riguarda, essendo anch'io parte seppur infinitesimale ed irrilevante del Paese, non prenderò mai esempio dai calciatori azzurri. Non è tanto per quello che fanno in campo, ci mancherebbe. E' scorretto generalizzare: vero, non tutti sono corrotti, ma tutti continuano a far finta di niente. L'importante è che il circo vada avanti, che la grande tenda non crolli. Un modello di tenda un pò diverso da quelli montati in Emilia in questi giorni. Visto che la vita è unica, non doppia, con non poca presunzione, ammetto, preferisco la mia. E' sufficiente una prestazione agonistica decente per farci dimenticare i guai del nostro calcio? Prandelli, di cui sono vero estimatore, è un mago: ha creato ad arte la sconfitta in amichevole con la Russia per allontanare aspettative e desideri. Un pareggio con la Spagna è stato salutato quasi come un trionfo: calma, signori, calma. Il difficile arriva adesso con i croati pronti giustamente a saltarci addosso. Tra Monti e Napolitano devono mettersi d'accordo: uno entra a gamba tesa, l'altro in spogliatoio. Una cosa giusta il capo dello Stato l'ha detta rivolgendosi a Buffon che gli donava la maglietta: "posso lavarla?". La lavi, signor Presidente, e dica alla moglie o chi per lei di usare candeggina. Io la brucerei, ma non faccio testo. I portieri dovrebbero parare, non parlare. In questo Dino Zoff era un campione. Nel frattempo riprendo a leggere la gazzetta, scorrendo le pagine al contrario. Provi anche lei, signor Presidente: i veri eroi, quelli che fanno commuovere, quelli che dovremmo seguire, si trovano in genere in ultima pagina. 

sabato 9 giugno 2012

venticinque in trincea

Faccio sempre più fatica a terminare l'anno scolastico. È cambiata l'età. Sono cambiati gli alunni. È cambiata la scuola. Sono cambiati i dirigenti. Se penso che dovrò insegnare almeno per altri quindici anni, mi vengono i brividi. Poi mi viene in mente Giovanni Trapattoni che a settantatré guida una nazionale in perfetta forma e immediatamente mi passa la tramontana. La mia pazienza si trova in riserva: negli anni di noviziato, avrei sorvolato con brillante disinvoltura. Come dice un maestro, "fossi stato un pò più giovane l'avrei stracciato con la fantasia". Purtroppo, la fantasia ha lasciato il posto al senso del dovere mentre la grande illusione della semplificazione e sburocratizzazione ha fatto i conti con l'evidente: tra registri cartacei ed elettronici, gli adempimenti sono aumentati alla potenza. Ciò che conta è stare nelle regole: 207 giorni di scuola, firme ovunque, consigli straordinari di ogni tipo. È più facile condannare un assassino all'ergastolo che dare una sospensione ad un monello. I ragazzi hanno una parte di colpe, la più grande ce l'abbiamo noi adulti. Quelli che non ci sono, quelli che ci sono ma fanno finta di niente e quelli che è come se non ci fossero. Indosso costantemente l'elmetto: so di essere duro, spesso anche oltre misura, ma rappresenta il termometro della considerazione che ho verso i miei alunni. In fondo, chi è che ha ancora voglia e tempo di lottare con i nostri adolescenti? Chi ha il coraggio di affrontarli e correggerli? Ho festeggiato il mio personale venticinquesimo con un bel " faccia buone vacanze professore " detto a denti stretti e dita incrociate. So che li rivedrò fra qualche anno, per una caldaia rotta o un impianto andato in fumo. So anche che ci rideremo sopra e forse scapperà qualche parola dolce. Sincera, stavolta.

giovedì 7 giugno 2012

piccola guerriera

Uno scricciolo sulla terra rossa. Un bel pò diversa da quella che sta tremando. Sara Errani viene dall'Emilia, colpita al cuore e sofferente. Lei è in campo e combatte: non può fare altro. Non può restituire nè i morti nè le case. Può vincere ed è quello che sta facendo. Non può far tornare le cose come prima, può solo andare avanti, con rabbia,dolore e tenacia. Ha 25 anni ma è come se fosse una bambina. Non solo per il corpo minuto, ma per le espressioni di continua meraviglia. Non ci crede di essere in finale al Roland Garros! Tutto il pubblico parigino l'ha adottata: come potrebbe essere altrimenti, lei che ha un fisico normale e un curriculum striminzito. Nel tennis delle pallate,c'è ancora chi vince con tecnica e sagacia. Alla gente piacciono gli eroi, quelli capaci di ribaltare i pronostici: ciò che è logico e normale prima o poi fa il suo tempo. Cresciuta all'ombra delle già titolate Schiavone e Pennetta, finalmente si prende la ribalta. Tutto meritato, frutto di sacrifici enormi ed allenamenti asfissianti. Nessuno regala niente, quello che cerchi devi andare a prenderlo. Non può riportare pace e serenità nelle zone colpite. Non può abbracciare tutti. Non può ricostruire ciò che è andato perso. Può solo giocare a tennis. Davanti a quella che non è la sua gente. E noi tutti, malgrado altrove, scenderemo in campo con lei, vada come vada, costi quel che costi.

martedì 5 giugno 2012

notizie da Udine

Disordinatamente e soggettivamente.
1. Organizzazione impeccabile, Davide Micalich e staff non sono secondi a nessuno in Italia.
2. Virtus Bologna leader al momento dell'attività giovanile, non solo come risultati ma anche come scuola dei migliori prospetti.
3. Biella è quella che ha espresso il miglior gioco, ma quando le partite contavano ha un pò steccato in personalità e convinzione.
4. Montepaschi Siena grande orgoglio e attaccamento alla maglia. Sottomisura con tutti, ha perso una gara sola facendo penare fino in fondo i favoriti.
5. Virtus Roma bella sorpresa, anche per il sottoscritto. Non ha rubato nulla, si è meritata ampiamente il terzo posto sbagliando solo la semifinale.
6. Buon arbitraggio in finale. Il concittadino Wassermann ha tenuto alto il vessillo. Citazione anche per il tavolo quasi interamente pordenonese. In futuro, non me ne abbiano i nostri fischietti, spero però di vedere una squadra locale.
7. Sul quintetto migliore avrei tenuto presente lo svedesino di Bologna, tale Paerson. E' quello che ha tenuto in piedi la squadra nei momenti di difficoltà.
8. Magarity mi piace molto, è l'emblema del giocatore moderno. Ha però deluso nelle ultime due partite.
9. Onestamente mi aspettavo qualcosa in più da Trieste. L'assenza di Ruzzier si è però fatta sentire.
10. Posso capire che Landi non piaccia a tutti. Quello che è evidente è che dai quarti di finale in poi è stato sempre più determinante per la propria squadra.
11. Monaldi è un eroe. Pensavo non riuscisse ad arrivare a questi livelli, invece mi ha stupito. Probabilmente la differenza è dentro.
12. La bella sorpresa è stata Ruvo di Puglia, capace di battere una supponente Virtus Siena e di arrendersi solo dopo due supplementari ai campioni. Immeritatamente terza in girone, è uscita per sfinimento negli spareggi. Non va dimenticato il bel gioco espresso, l'umiltà dei giocatori, la signorilità dell'allenatore. Un esempio per le piccole realtà che vogliono emergere.
13.La grande delusione? Virtus Siena! E' arrivata con la stessa squadra vice campione l'anno scorso ed è uscita ai quarti dopo aver vinto una sola gara in girone. E' vero, non c'è più Imbrò, ma non può essere un giocatore a cambiare il marchio di fabbrica. Una lezione sulla quale meditare.

domenica 3 giugno 2012

autocanestro

" Mio figlio mi ha chiesto di perdere  
  per stare ancora due giorni al mare " 

Sergio Scariolo Coach Armani jeans 
dopo gara 3 semifinale scudetto

sabato 2 giugno 2012

la chiave

La chiave per avere successo. Il confine tra un gruppo di giocatori e una squadra è sottile, quasi impercettibile, ma determinante. È sufficiente che uno solo pensi a se stesso per inquinare l'ambiente e fare le frittata. Attenzione: non si tratta di amicizia, ma di obiettivi comuni. Non é necessario volersi bene, semmai che tutti abbiano a cuore lo stesso scopo, ossia vincere. Per chi conosce l'ambiente, sa che la vittoria non é un obiettivo così lapalissiano: a volte la cosa più importante, per un singolo atleta, è giocare bene, avere minuti in campo, fare bella figura. Esistono giocatori bravi e giocatori di squadra: non è detto che le due cose vadano sempre d'accordo. L'emblema del giocatore di squadra è quello di chi non fa un minuto in campo ma è felice per la vittoria: difficile trovarne, soprattutto nei tempi odierni, ma per fortuna ne esistono ancora. L'emblema del giocatore bravo è quello di chi ha la grande capacità di rovinare la festa mentre tutti sono felici: è sufficiente una prestazione negativa personale per togliere l'attenzione dallo scopo principale. Purtroppo questa è una specie più diffusa di quanto si pensi. Trovare sul pianeta giocatori bravi e di squadra è come cercare un ago nel pagliaio: ma sei hai fortuna, sei certo di avere di fronte un atleta dal sicuro avvenire. Una squadra non è la semplice somma dei giocatori: il segreto sta nel rinunciare al proprio ego per raggiungere qualcosa di più importante. Gli allenatori hanno un compito arduo: prima ancora di insegnare a palleggiare, passare e tirare, devono formare una mentalità di squadra. Concetti anticonformisti, se solo si pensa all'idea culturale dominante che vuole il successo personale in antitesi a quello comune. In questo senso lo sport è ancora uno dei pochi mezzi rivoluzionari a disposizione: non c'è ambiente migliore per allenare le abilità sociali. A meno che non si tenti dall'esterno di cambiare le regole interne e di minarne gli equilibri. Ma per quanto ne sappia, mi risulta che più lo spogliatoio rimane sigillato e più risultati si ottengono. Meglio un regolamento di conti che un pianto continuo alle spalle. La storia insegna: non hanno mai vinto le squadre più forti. Hanno sempre vinto le squadre migliori. Vuoi vincere? Rinuncia a te stesso.