"Non è il cammino impossibile, ma l'impossibile è cammino"

giovedì 22 ottobre 2015

un pane per amor di Dio

L'ultima buffonata corrisponde al bonus di 500 euro per gli insegnanti: chi ha la mia età si ricorda " un pane per amor di Dio ", quando si consegnavano le scatoline in Chiesa piene di tintinnanti monetine per i bambini poveri. Non ho mai sopportato l'elemosina da giovane quando ne avevo bisogno, figurarsi adesso che sono adulto. Perché di carità, in senso spregiativo, vera e propria si tratta, con tanto di presa per i fondelli. C'è un contratto del comparto pubblico fermo ormai da 10 anni: cosa ci si inventa? Si tira fuori dalla grande tasca erariale un obolo nazionale e lo si allunga ai bisognosi: così, almeno per un po' di tempo, smetteranno di lamentarsi. Come nel feudalesimo, quando il gran signore di turno, nascendo il primogenito, si faceva improvvisamente prendere da impeto solidale. Ma la vera beffa é un'altra: questi soldi devono essere spesi solo in un certo modo e, per giunta, rendicontati, con tanto di ricevute fiscali, scontrini e fatture. Addirittura, se non saranno spesi come richiesto, verranno restituiti. " Così gli insegnanti potranno andare a teatro! " così è stato detto, tra squilli di tromba, tappeti rossi e sguardi soddisfatti. E se con quei soldi volessi fare la spesa? Oppure pagare l'erasmus dei figli? O la benzina che mi porta da una scuola ad un'altra? No, solo aggiornamento, teatro, libri, addirittura cinema ( mi chiedo: se vado a vedere 007 o Indiana Jones, tengo lo scontrino? ). Non sono mai stato e non sono tutt'ora di sinistra, destra, centro; non mi interessa nemmeno correre dietro a battaglie opportunistiche, da qualsiasi postazione vengano. Non ci vuole però una mente particolarmente raffinata per capire il significato di questa manovra: visto che lavori poco (?) e che soprattutto ti formi poco (?) ora ti controllo per vedere se fai davvero il tuo dovere, dato che (presunzione?) non lo fai abbastanza. E poi, dare i soldi per il teatro non é un riconoscimento pubblico che questa categoria, di fatto, non se lo può permettere? E ancora, siamo proprio sicuri che gli insegnanti fino ad oggi non andassero a teatro? Sinceramente trovo particolarmente irritante che qualcuno mi dica cosa fare del denaro: piuttosto, non darmelo, come si è fatto sempre ci si ingegnerá a trovare le soluzioni. Per caso, ai tanti vitalizi elargiti agli uomini in politica viene chiesto di spenderli in opere di bene? Forse mi sono perso qualcosa, ma al momento non risulta. Perciò, per quanto mi riguarda, io non li ho chiesti e non li spenderò: continuerò ad aggiornarmi e andare a teatro comunque. Invece mi batterò per quelli che sono dovuti e che attendono risposta da anni, per quelli che non hanno bisogno di pezze giustificative, semmai di giusta considerazione e, di conseguenza, attuazione. 

giovedì 8 ottobre 2015

crém de la crém

Dopo parecchie primavere ( autunni, inverni) trascorse/i in trincea, mi sono fatto una mezza idea del perché l'insegnante di educazione fisica - o scienze motorie, ultima beffarda definizione valida più in apparenza che in sostanza - sia particolarmente inviso all'ambiente scolastico, studenti naturalmente esclusi. In una parola: invidia. Invidia? Si, invidia. Per prima cosa, l'aspetto esteriore: in genere - anche se circolano illustri eccezioni - il docente di ginnastica - non è così che Battiato chiama le ore di lezione in palestra? - si presenta sufficientemente in forma, con il sorriso stampato in faccia ( quasi a dire che la vita grama ha risparmiato una piccola fetta di eletti ) e la battuta quasi sempre pronta in bocca. Molti si chiederanno: ma cos'hanno da ridere questi? E come si permettono di ironizzare sulla scuola? Ma soprattutto, guarda come passano il tempo libero, a scolpire il corpo invece che a nutrire la mente e l'anima. Esiste poi tutta la gamma di privilegi didattici: non c'è aula, bensì palestra ( che poi sia piccola, sporca e buia non importa, sempre di palestra e non di aula si tratta ), non ci sono compiti da correggere, lezioni da preparare ( ma chi lo dice? ), non fanno i coordinatori di classe ( pensa te che fortuna ) e in genere non si occupano della governance organizzativa ( ma qualcuno ha mai chiesto qualcosa? ). Soprattutto - e questo é il punto maggiormente dolente - occupano i pomeriggi nelle varie società sportive dove guadagnano caterve di soldi (?) e sprecano energie preziose che potrebbero essere dirottate in attività congeniali e affini, come la lettura, lo studio, l'aggiornamento ( e chi dice che non sia fatto? ) e chi più ne ha più ne metta. Ultimo peccato, ma non ultimo, questa lobby mette in testa idee strane ai ragazzi, incoraggiandoli a svolgere attività sportiva quando invece, rappresentanti delle istituzioni, dovrebbero indurli a prendersi carico, in primo luogo, dei doveri scolastici con tutto ciò che ne consegue, perfino l'abbandono se tale esercizio dovesse distrarli dall'obiettivo principale. Sento parlare di scuola moderna, al passo con i tempi: la mia sensazione é che il famoso dualismo corpo mente di crociana memoria non sia del tutto sparito dalle nostre scuole, anzi stia tornando prepotentemente in auge. Continuiamo a riempire la testa dei nostri ragazzi, chissenefrega se poi non riescono a percorrere nemmeno tre minuti di corsa perché il peso non glielo permette. Belli i discorsi sul valore della salute, di cui tutti si riempiono la bocca: peccato che, alla resa dei fatti, se si facesse un referendum sull'educazione fisica a scuola - e di questo ne sono certo, con mano sul fuoco - verrebbe abrogata per lasciare spazio ad argomenti più validi e necessari, come i computer, l'inglese, l'economia. Naturalmente non verrebbe permesso ai ragazzi di esprimere il parere. Continuiamo a valutare le persone per ciò che sanno, non per ciò che sono: e nella sfera dell'essere, esiste anche un buon rapporto con il proprio corpo. Detto ciò, gli insegnanti di ginnastica sono belli, magri, sorridenti, ricchi: perché dovrebbero lamentarsi? Crém de la crém....

sabato 3 ottobre 2015

agonismo puro/2

Scendo sul pratico. Dalla purezza dichiarata a quella esercitata. Mettiamo caso mi sia affidata una squadra di ragazzi/e di primo pelo, quindi totalmente digiuna a livello tecnico: ho due strade davanti, diametralmente opposte, quella più immediata e meno dolorosa di limitare i danni dove, tra furbizie ed alchimie pseudo tattiche, riesco ad ottenere risultati in apparenza sorprendenti oppure quella più impervia e sofferta di insegnare da zero l'ABC della pallacanestro sapendo in partenza che non sarà possibile per lungo tempo offrire la benché minima resistenza all'urto degli avversari. In pratica, la differenza sta nel dare una misura alla sconfitta: perdere con un distacco minore per qualcuno è già una mezza vittoria. Scelte che hanno delle conseguenze: nel primo caso i giocatori sono a servizio dell'allenatore, nel secondo l'allenatore é al servizio dei giocatori. Esistono purtroppo due aspetti dell'era moderna che in genere condizionano in negativo le scelte dei tecnici: il concetto deviato comune - nato chissà dove - che il coach valga per i risultati che ottiene. Nulla di più falso: l'unico vero criterio di valutazione, se ce ne fosse uno, sta nella produzione di giocatori - a tutti i livelli, compresi le minors - e non solo per i campionati top. Per fare giocatori ci vuole molto tempo ( quindi il giudizio viene necessariamente ritardato ) e il premio in genere va condiviso con tutti quelli che ci hanno messo le mani. L'altro tallone d'Achille sta nella presenza sempre più massiccia e invadente delle famiglie, che appena vedono risultati deludenti, trovano il capro espiatorio nel bersaglio più facile. Purtroppo il punto di osservazione dei genitori é ridotto ad 1/12 del problema: per questo allenatori e famiglie non potranno mai andare d'accordo, anche facendo mille riunioni straordinarie notturne. Il secondo esempio é l'inverso: mettiamo caso che mi capiti una squadra con giocatori di qualità e che possa avere ambizioni di successo. Anche in questo caso posso operare scelte diverse: continuare ad insegnare la pallacanestro - perché, checché se ne dica, c'è sempre da imparare - tentando di portare i giocatori ad un livello più alto oppure usare le loro caratteristiche intrinseche per ottenere il massimo da ciascuno. Se uno non sa tirare, pazienza, non ho tempo per insegnargli, cercherò di sfruttare la sua verve difensiva nei momenti di bisogno. Se uno è alto e grosso ma con le mani di piombo, andrà bene per fare blocchi e tagliafuori: non importa se il suo campionato, a fine corsa, sarà inesorabilmente tra i dilettanti. È così via: in pratica, il risultato finale sta al di sopra di tutto, dove le lacune di ciascuno diventano perdite inevitabili e le capacità specializzazione al servizio dell'obiettivo. Naturalmente uno scudetto appiccicato sulla maglia vale più di tante tacite sofferenze. Mi rendo conto, é difficile restare puri nello sport: tutti quanti, bene o male, prima o poi, ci siamo macchiati. Nessuno é sotto accusa, ci mancherebbe: vista però la penuria di giocatori di qualità sulla penisola, forse qualche domanda ce la dovremmo fare tutti. Io per primo: inseguendo la vittoria, abbiamo smesso di insegnare?