"Non è il cammino impossibile, ma l'impossibile è cammino"

martedì 26 agosto 2014

a muso duro


I segnali di decomposizione, non solo fisica, avanzano implacabilmente. L'intolleranza é la prima comparsa: la non accettazione indiscriminata di ciò che vediamo e sentiamo marca l'inevitabile e spiacevole passaggio dall'età della spensieratezza a quella del muso duro e del confronto spesso conflittuale con la vita vera. Ci sono cose, abitudini e comportamenti, non necessariamente fondamentali, che non si è più disposti ad approvare: ad esempio, il rumore in montagna, la suoneria dei cellulari ( perfino in chiesa ), la maleducazione in strada ( nessuno escluso anche pedoni ), la spettacolarizzazione della solidarietà, le riunioni infinite e intrise di parole vuote, la morbosità nel dare e ricevere le notizie ( particolarmente tragiche ), lo spreco vissuto con estrema normalità, il fatto che altri possano decidere o meno sulla preziosità del nostro tempo. E molto altro ancora. Il passo verso l'isolamento é breve: ciò che fino a un po' di tempo fa sembrava indispensabile, ora diventa inutile se non irritante. Ciò che abbiamo combattuto diventa improvvisamente famigliare. Abbiamo indossato gli stessi panni che ci eravamo ripromessi di togliere. Siamo diventati gli stessi padri e madri che avevamo giurato di rinnegare. Come insegna Pavese, vivere é il mestiere più difficile e non esistono né formatori, né regole, né corsi speciali. Vivere si impara da sé. Anzi, non si impara mai.

giovedì 14 agosto 2014

conte e conti

Sarà che Antonio Conte non rientra nella lista dei preferiti. Sarà che stiamo attraversando tempi magri. Sarà che non mi convince questa rincorsa al salvatore della patria. Sarà, ma la vicenda del nuovo CT mi lascia alquanto perplesso. Sorvolando sui meriti tecnici - non ho svariati elementi a disposizione, sebbene la cronaca parli di trionfi nazionali e altrettanti tonfi internazionali - ho l'impressione, che per quanto riguardi gli ingaggi, si sia persa completamente la bussola. Poco importa da dove provenga il denaro: che siano pubblici o privati, che siano nostri o di altri, stiamo parlando di cifre spropositate e fuori da ogni logica comprensibile. In molti paesi l'allenatore della nazionale non ha un contratto a tempo pieno: ciò significa minore tempo a disposizione, ma anche meno oneri per le federazioni. Come é possibile paragonare un contratto con un club di prestigio - ad esempio la Juventus - con quello di Commissario Tecnico? Come si può pretendere di guadagnare le stesse cifre? A parte le pressioni, terrificanti e quotidiane, a cui é sottoposto un mister qualsiasi di serie A, ma l'impegno effettivo sul campo é di una disparità notevole ed evidente. Quanti raduni deve - o meglio può visti gli impegni di campionato e coppe - fare il trainer della nazionale durante una stagione? Quante partite e amichevoli in un anno? Passare la vita visionando giocatori non è la stessa cosa che rischiare la pelle tutti i giorni sul campo. E questo Conte dovrebbe saperlo, forse meglio di qualunque altro. É vero che soprattutto in Italia il rischio di bruciarsi facendo il mestiere più difficile in patria é alquanto alto, ma non da giustificare pretese eccessive e impopolari. Siamo proprio sicuri che valga la pena inseguire un uomo ad ogni costo? Non credo che per un ruolo del genere valga il criterio dell'indispensabilità: qualcuno forse conosceva il mister della Germania prima che vincesse il titolo mondiale? In Italia abbiamo il culto dell'eroe: diversi Savonarola che si alternano al comando di istituzioni, aziende, squadre nazionali e che hanno il compito di trascinarci fuori dalle secche e regalarci soddisfazioni indimenticabili. Ma per i mali del calcio, come per altri, non é sufficiente Antonio Conte, nemmeno a tempo pieno e con pieni poteri. Se non ci sono più talenti nello stivale, non sarà certo un uomo focoso e irruento, bravo quanto si vuole, a risolverli. Forse si dovrebbe distribuire la ricchezza un po' più in periferia, dove i giocatori si formano. Meglio che mi fermi, sto iniziando a farfugliare.

domenica 10 agosto 2014

questo e quello

É uscita una bufala colossale su faccia libro: non si farà più educazione fisica alle superiori. Non é tanto la notizia in sé ad avermi scosso - sono abbastanza navigato, a tal punto che se qualcuno mi mettesse anzitempo in quiescenza mi farebbe solo una cortesia - quanto il fatto che a molti apparisse come una possibilità reale. Preoccupante davvero: ci stiamo così facilmente abituando alle scemenze da doverci credere per forza. Mezze verità, o mezze bugie a seconda di dove le si guardi, stanno diventando pane quotidiano costringendo i nostri stanchi neuroni dell'intelletto a sforzi di comprensione e traduzione continui. Mi sono chiesto: come mai questa balla appare così credibile? Risposta: probabilmente molti pensano che l'attività fisica a scuola in età adolescenziale non serva a un bel niente. E qui casca l'asino perché questa affermazione poteva valere qualche anno fa. Oggi la gran parte degli adolescenti non fa attività motoria: molti hanno smesso anzi tempo con l'agonismo, altri si sono buttati anima e collo sullo studio, altri ancora si sono talmente rincitrulliti con video giochi, play station e social network da aver affinato e velocizzato solamente il movimento delle dita. Ci sono ragazzi che non sono in grado di correre cinque minuti senza fermarsi: una lezione di due ore continuate può diventare un vero problema per alcuni se non si fanno pause di abbeveraggio o recupero cardio-respiratorio. Molti paesi si stanno attrezzando per inculcare nella popolazione una mentalità di prevenzione alla salute: hanno capito che se la gente non ricorre alle cure mediche ci saranno minori costi per la collettività e una maggiore produttività. Due ore alla settimana - soprattutto unite - sono una goccia nel mare, ma, per giunta, sono sempre meglio di zero. La stucchevole discussione sulla maggiore importanza di fare attività motoria scolastica in età precoce - scuole elementari per capirsi - mi rattrista e, malgrado mi sforzi, stento a comprenderla. É come se dicessi ad un bambino di scegliere tra un gelato o una fetta di dolce: perché non entrambi? Non ci sono abbastanza soldi? Ma come, se ogni giorno ci sentiamo ripetere che la scuola é una priorità! Lo si dimostri davvero, allora, con i fatti. Non togliendo da una parte per dare all'altra, ma facendo progetti di lungo respiro, dove anche il bambino, poi ragazzo, infine adolescente, anche se non amante delle discipline sportive, possa maturare una consapevolezza di cura del corpo e della salute. Mi dispiace, signori, di guerre tra poveri a scuola ne ho già viste abbastanza: che spettacolo indecente vedere insegnanti che si rubano un tozzo di pane per qualche ora in più. Non deve essere così: non ci sto alla logica questo o quello. Mi piace di più questo e quello. Tutto é importante anche se nulla indispensabile. Gli insegnanti sono troppo vecchi per stare in palestra? Sono d'accordo, se qualcuno riesce a convincere i nostri legislatori che é venuta per noi l'ora di andarsene, gliene saremmo grati eternamente.