Palazzetto stracolmo. Mi chiedo dove abbiano nascosto le bottiglie: sono ad una partita dalla promozione, ma nessuno tradisce euforia. Entriamo in campo con la faccia dei guastafeste: in fondo, non abbiamo nulla da perdere, dobbiamo solo fare la nostra onesta figura e tornare nell'ombra. Non abbiamo paura: i fischi ci rimbalzano e tornano indietro. Gli insulti, sparuti ad onor del vero, ci passano sopra. Fatichiamo, come é giusto che sia. Non c'é discussione su chi sia più forte: loro sono la conferma, noi la sorpresa. Rimaniamo aggrappati, in fondo siamo orgogliosi e vogliamo continuare a stupire. Nel frattempo il pubblico si preoccupa: quella che doveva diventare una cavalcata vincente si sta trasformando in lunga e pericolosa agonia. Arriviamo alla fine punto a punto, ma con una zampata di Stefano "barba" Barbisin - uno dei giocatori più belli e puliti - in senso cestistico ovviamente - visti in circolazione da queste parti, mettiamo il naso avanti. Gli spalti ammutoliscono, si sentono delineatamente le urla della panchina ospite, accarezziamo il sogno di battere la capolista e di ritardare i festeggiamenti. L'addetto al tavolo, malandrino, ferma il tempo: cavolo, non siamo ancora nel basket moderno, i secondi devono scorrere. Sulla rimessa, Fabio Napoli, rubato tra i pali per fare il giocatore di basket, devìa ma non trattiene. Mancano tre secondi, siamo sopra di uno, non possiamo nemmeno fare fallo. Ci aspettiamo un passaggio in area, dove i bravi ed atletici Grion Montagner e Freeman avrebbero potuto disporre facilmente. Copriamo bene l'area ed il pallone va sul perimetro. Lí per lí siamo contenti: non c'é tempo per andar dentro, si può solo tirare. Riceve Pontani, ottimo giocatore per entrare nel pitturato ma non specialista nelle conclusioni da lontano, si alza in sospensione da otto metri con i tentacoli di Marco Stroppa addosso. Succede l'inverosimile: il pallone comincia a girare sul ferro per un tempo indefinito ma interminabile. Non si sente una mosca, forse un bambino che gioca sugli spalti ignaro di quanto stia accadendo. Gli occhi di tutti non si staccano dalla scena: per un attimo la palla pensa di uscire, poi inesorabilmente viene risucchiata dalla retina. Mi tolgo la giacca e la sbatto per terra mentre suona la sirena e d'incanto veniamo sepolti da un urlo animale e liberatorio e annegati da fiumi di alcool che attraversano noncuranti il parquet. Mi dico che é tutto maledettamente scritto e che sarebbe meglio evitarci questo dolore: avessimo perso di quaranta, la sofferenza sarebbe stata minore. Abbraccio i giocatori e cerco inutilmente parole consolatorie: non possiamo lottare contro il destino. Lasciamo il palco ai protagonisti e usciamo fra gli applausi: siamo combattuti tra rabbia e dolore, tra orgoglio e beffa. A volte vorresti uscire dal campo tra gli sputi ma con la vittoria in tasca. C'é chi piange in spogliatoio, chi impreca, chi si morde le mani. Questo é lo sport. O meglio, questa é la pallacanestro: in quei momenti non ci sono gioie più forti, non esistono dolori più grandi. Tutto quello che c'é da provare lo trovi, non c'é bisogno di affannarsi troppo. É sufficiente trovarsi un anno qualunque in una cittadina semisconosciuta del nord est in un campionato di serie D: anche questa è leggenda e come tale va raccontata.
"Non è il cammino impossibile, ma l'impossibile è cammino"
mercoledì 25 settembre 2013
domenica 22 settembre 2013
una gallina domani
mercoledì 11 settembre 2013
rosa argento
Rosa che spine non hai
Rosa che spine non temi
Che piangi e che tremi
Che vivi e che sai
Rosa che non mi appartieni
Che sfiori che vieni
Che vieni che vai.
Rosa che rose non vuoi
Rosa che sonno non hai
Rosa di tutta la notte
Che tutta la notte non basterà mai
Rosa che non mi convieni
Che prendi e che tieni
Che prendi e che dai
Rosa che dormi al mattino e venirti vicino non oso
Rosa che insegni il cammino
Alla sposa e allo sposo
Rosa d'amore padrona
Punisci e perdona
Non chiuderti mai
Rosa d'amore signora
Digiuna e divora
Non perdermi mai"
(F. De Gregori)
martedì 10 settembre 2013
azzurri di rabbia
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