"Non è il cammino impossibile, ma l'impossibile è cammino"

giovedì 29 agosto 2013

maglia e fantasia

Sarò anche bastian contrario, ma questa nazionale non mi dispiace. Tipicamente italiano partire con un pronostico negativo: lo svantaggio ci ha fatto sempre tirar fuori risorse impensate. Non ci mancano creatività e determinazione: sapremo, come capita spesso, tirar fuori conigli dal cilindro e cambiar pelle a seconda delle circostanze. È il momento di dimostrare che nessuno é indispensabile e che il movimento non dipende solo dalle star d'oltreoceano. Teniamo distanti gli alibi che hanno come esito nefasto quello di allentare la presa e di scoraggiare i reduci. Se posso osare, mi incuriosisce, tecnicamente parlando, la necessità fatta virtù di mescolare i ruoli: vedere giocatori di natura esterni giocare spalle a canestro e difendere sui lunghi avversari mi fa pensare ad una squadra giovanile, dove tutti si mettono a disposizione per la causa comune. Non conta chi sei, ma quello che fai per la squadra. Non é detto che la mancanza di centimetri sia necessariamente una debolezza: certo, ci sarà da sgomitare e combattere, ma anche gli altri dovranno preoccuparsi di strani accoppiamenti e adeguarsi ad un gioco non propriamente classico. Di sicuro sfidare i carri armati in campo aperto sarebbe un suicidio: per fortuna esistono mille altri modi per opporsi al nemico. Il fattore mentale sarà determinante: se il gruppo si dimostrerà solido e unito, l'Italia potrebbe essere la grande sorpresa dell'europeo. Noi, comodamente seduti in poltrona,  - a proposito, per fortuna c'é la Rai, tocca proprio dirlo - non chiederemo miracoli, né ci strapperemo i capelli se non dovessimo raggiungere grandi obiettivi. Ci piacerebbe però vedere una squadra che non si dá per vinta, che gioca senza paranoie, che lotta su ogni pallone senza riserve e senza remore, che ha amore per la maglia. Coraggio, azzurri: é vero che é stata un'estate maledetta, ma usiamo la fantasia per trasformarla in opportunità. Spesso, anzi quasi sempre, il raccolto avviene quando meno te l'aspetti.

sabato 24 agosto 2013

parametri e affini

Sui parametri dico la mia. Il concetto di fondo é apprezzabile: premiare i sodalizi che investono risorse umane e materiali sul settore giovanile oltre che la necessità di porre freno ai saccheggi e tutelare così le piccole società che vengono private dei talenti migliori.  Fin qua tutto limpido e chiaro: i problemi iniziano quando si passa dalle dichiarazioni d'intenti all'applicazione pratica. I NAS (nuovi atleti svincolati) prevedono che venga corrisposta, al compimento del 21^ anno, una cifra tot alle società che hanno reclutato (15% del totale) il giocatore e che lo hanno formato ( restante 85% ) in base alla categoria di appartenenza, a decrescere dalla A1 fino alle categorie regionali. Il sistema ha funzionato per qualche anno, ma ora comincia a mostrare le crepe, ingranditesi in concomitanza con la crisi economica che attanaglia il paese. Le imprese, costrette ai ripari se non a chiudere, hanno disinvestito nello sport con le conseguenze che tutti vediamo: molte società, anche prestigiose, sono costrette a rinunciare o, nei migliori dei casi, a ricominciare da categoria più basse. I parametri diventano un ulteriore onere spezza gambe: solo per fare un esempio, una B Nazionale, come Pordenone, se vuole tesserare cinque atleti svincolati deve versare 30.000 euro. La soluzione sarebbe pronta: giocare con gli atleti di propria produzione. La storia però insegna che sono pochissimi i casi in cui un club che vuole fare un campionato di un certo livello - diciamo nazionale - sia in grado di disporre esclusivamente di giocatori fatti in casa: inoltre, ci sono zone in Italia dove sarà impossibile, per varie ragioni, avere una squadra formato locale. Chi lavora nei vivai é consapevole che per un giocatore che approda in prima squadra ce ne sono almeno altri nove che subiscono un altro destino: molti smettono, contemporaneamente all'accesso universitario, altri scelgono di divertirsi in categorie minori. Quello che doveva diventare il filtro magico di tutti i mali, in realtà si è trasformato in un boomerang devastante: detto fuori dai denti, per come stanno le cose oggi converrebbe fare solo settore giovanile e guardarsi bene dal mettere in piedi una squadra senior. Alcuni correttivi andrebbero fatti: mi sfugge il senso del parametro per i campionati regionali. Ci sono società che si auto tassano per pagare l'allenatore, figurarsi se sono in grado di sostenere ulteriori costi. Molti ragazzi che hanno superato la fatidica soglia d'età si sentono dire che non c'è posto: meglio mettere in panchina un quindicenne locale. Esiste una percentuale che la federazione trattiene per ogni transazione, e nel caso di scomparsa della società si incassa l'intero parametro: non sarebbe il caso di ridistribuire queste risorse alle società davvero virtuose, che si accollano spese ingenti per allenatori, trasferte, partecipazioni a campionati nazionali o tornei prestigiosi? La novità é che i NAS faranno ingresso nel basket femminile: non sarebbe stato il caso di fare valutazioni più attente in un territorio già segnato dall'emorragia di  squadre e tesserate? Non è mai stato facile tradurre le idee in buone azioni: ciò malgrado, l'esperienza di questi anni dovrebbe insegnarci qualcosa. Correggere la rotta non è un segnale di resa, semmai di bravura nel leggere i tempi. Se una difesa non funziona, ne usiamo un'altra: questo ci ha insegnato il basket. 

venerdì 23 agosto 2013

una piramide a rovescio

Ci stracciamo vesti e capelli per i flop mondiali, in ordine di tempo nuoto e atletica. In realtà la vicenda é più complessa e non é correlata ai tempi odierni. Alberto Tomba, Federica Pellegrini, Pietro Mennea, sono stati e sono la grande copertura di un movimento che fatica a crescere: campioni dotati di un dna speciale, non certo prodotti della programmazione scientifica. Per fortuna - o purtroppo, non saprei valutare - ogni tanto nascono qua e lá sul suolo italico dei capolavori di madre natura che ci fanno dimenticare in fretta le frustrazioni subite in campo internazionale. Dietro agli atleti di punta, poco o niente: nessun problema, aspettiamo pazientemente il fenomeno di turno per brindare ai nuovi successi. Non ho l'ultima pagina con le soluzioni, mi limito ad osservare: ad essere sinceri, l'Italia raccoglie anche troppo rispetto a ciò che semina. Siamo l'unico paese, o tra i pochi, che considera l'attività motoria come un corollario della vita umana: basti pensare alla scuola elementare, oggi definita primaria, dove l'apprendimento avviene, nella maggior parte dei casi, senza il coinvolgimento del corpo. I cortili scolastici sono delle piastre di cemento nude e crude e i tempi di ricreazione e gioco ridotti all'osso: non ne faccio una colpa alle maestre, hanno imparato a fare miracoli. È un problema concettuale: esiste la religione, la lingua straniera, ma non la motricità. Poi ci chiediamo perché i bambini sono in sovrappeso o come mai gli istruttori sportivi debbano partire dall'alfabeto   motorio. Trent'anni fa non era necessario: oggi, con l'avvento della nano tecnologia, e con le paranoie genitoriali, diventa necessario un intervento massiccio. Non va molto meglio alle medie e superiori: con due ore settimanali, spesso contratte da trasporti e difficoltà logistiche, non è possibile andare in profondità. La scuola e gli insegnanti sono la prima risorsa di reclutamento, formazione e indirizzamento per gli atleti: non a caso, la neo campionessa mondiale dell'alto, la russa Shkolina, giá giocatrice di basket, ha iniziato a saltare grazie ai suggerimenti del professore di educazione fisica. É impensabile possedere alti livelli di prestazione sportiva se non esiste un grande impegno nell'attività di base: l'Italia sembra una piramide rovesciata, l'attenzione é quasi interamente rivolta in alto. Vado controcorrente: vorrei tanto non ci fossero medaglie a Rio, chissà che non si aprano gli occhi. Chissà che la piramide torni al suo posto.

lunedì 19 agosto 2013

passi di eternità


Camminare in montagna é come rubare alla vecchiaia. Ogni passo, un'ora in più. Devo ancora trovare un trucco migliore per guadagnarmi l'eternitá. Quando si parla di paradiso sulla terra non si può fare a meno di pensare ai paesaggi, le vallate, le distese d'erba, i ruscelli, le cascate. La montagna ha un altro pregio: accoglie molte specie animali, soprattutto ogni tipologia umana, dalla classica alla più eccentrica. Non è come il mare, dove le persone sono conformi ad un preciso modello. Cosí si può incrociare di tutto, é sufficiente possedere un pizzico di curiosità ed un certo spirito di osservazione. Ci sono quelli con il pettorale: non è difficile distinguerli, ti sorpassano accelerando il passo lasciandoti di stucco; i super accessoriati, quelli che abbondano di oggetti sconosciuti e, al più, inutili: zaini porta cani, bastoncini telescopici, occhiali specchiati da sintomatico mistero. I peggiori sono i tecnologici: vuoi mettere mandare un messaggio o un mms da 2000 metri d'altezza? Per non parlare dei suoni, nella maggior parte dei casi inascoltabili, nel bel mezzo della boscaglia silenziosa. Gente che urla, sbraccia e si arrabbia mentre di fronte si staglia un dipinto naturale: pazzesco, ma vero! Sono sempre più convinto - ahimè ecco la sparata di retroguardia - che i cellulari siano strumenti di morte: farsi raggiungere in vacanza dai casini quotidiani é equiparabile a darsi delle sassate sui testicoli: parlo per i maschi, naturalmente, risparmio il paragone alle femmine. Non stavamo meglio quando, per sentire i nostri cari, riempivamo di gettoni le cabine telefoniche? Altra razza inconfondibile, i frequentatori dei rifugi, soprattutto della cucina: costoro non mangiano per camminare, ma camminano per mangiare. Dulcis in fundo, ci sono quelli come me: dilettanti allo sbaraglio, si beccano la pioggia quando arriva e si bruciano al sole. Si curano le vesciche e le scottature di sera, con grande dignità soffrono in silenzio e ripartono il giorno dopo. Nello zaino manca sempre qualcosa: sbadati, con le borracce sempre vuote e le scarpe piene d'acqua. La montagna é una grande mamma: accoglie tutti nel suo abbraccio e, per fortuna, non fa distinzioni. Ci perdona tutto: eccessi, negligenze, superficialità, distrazioni. Nel frattempo continua la mia illusoria scalata verso l'immortalitá: non posso fermare il tempo, tutt'al più posso viverlo. Fino in fondo. 

venerdì 16 agosto 2013

diserzione


Avrei dato un pezzo della mia carne per giocare in nazionale. Come giocatore, le possibilità erano inesistenti. Come allenatore, esigue. Come si possa rifiutare di giocare per il proprio paese è un mistero che non mi è dato di capire: rispettabile nella logica della libertà di scelta, esecrabile se considerato come gesto egoistico. Non esistono giustificazioni valide, non ci sono alibi, non c'è ragione che tenga: chi non si presenta o chi non sente attaccamento alla maglia è in torto marcio, a prescindere. Se non altro, per rispetto a quelle migliaia di ragazzi/e che avrebbero sbavato solo per la gioia di un provino e dovranno accontentarsi di un divano ed una televisione per esaudire i propri sogni. Non c'è stanchezza, non c'è recupero, non c'è infortunio: fosse per me, dovrebbero togliermi di forza dal campo. Quelli che guardano - e sono molti - si aspettano da quelli che giocano - e sono pochi - ginocchia sbucciate, lividi alle braccia, sudore sulla fronte. C'è un paese, una storia, una cultura, una scuola, da difendere: non è una guerra, sia ben chiaro, ma c'è in gioco la dignità e gli ideali di un popolo, la propria identità, i valori condivisi. Sono tra quelli che si commuovono quando si alza la bandiera e viene intonato l'inno di Mameli: non sono reazionario, forse patriottico, perciò mi sento fiero quando donne e uomini italiani si fanno onore in campo internazionale. Sarebbe come se cinquanta milioni di cuori battessero, almeno per una volta, all'unisono: come se, una volta tanto, non ci vergognassimo di appartenere a questa terra. Indossare la maglia azzurra è un privilegio che viene concesso a pochi eletti: per questo motivo, tutti noi comuni mortali ci aspettiamo il massimo dell'impegno e della determinazione. E' una sciocchezza pensare che le fortune delle nazionali possano debellare o, almeno, lenire, le sofferenze della gente: è altrettanto vero, però, che vedere i giocatori battersi con cuore e anima non può peggiorare lo stato delle cose. Ci sono nazioni, come la Spagna, che stanno dominando nelle discipline di squadra: è solo una questione tecnica? Un frutto del caso? Non sono così convinto: spesso, in questi casi, la differenza è data dalla forza del gruppo che si riconosce nel sentimento comune. Non lo chiamerei nazionalismo, ma amore verso il proprio paese. Gli italiani hanno sempre fatto grandi cose quando hanno amato l'Italia: non è questo il momento di tirarsi indietro. La diserzione in campo sportivo, sebbene non punibile, non può essere accolta.

mercoledì 14 agosto 2013

palla al cesto


Quando si parla di differenza tra basket maschile e femminile siamo tutti d'accordo: le ragazze, ad esempio, non sono in grado di schiacciare e non stoppano sopra il ferro. I ragazzi sono in genere più forti muscolarmente perciò la palla circola più veloce - quando circola - e i movimenti dei giocatori sembrano apparentemente più dinamici. Fin qui i dati indiscutibili: se Bolt, l'uomo più veloce della terra, sfida la Fraser, la campionessa del mondo, non c'è storia. Il cronometro é implacabile: c'è un secondo di differenza tra i due. Per fortuna non tutti gli sport si misurano a tempo o con i centimetri: nelle discipline di squadra, ad esempio, entrano in gioco altri fattori che determinano il raggiungimento o meno degli obiettivi. Strategia di gioco, capacità di sopportazione del dolore, orgoglio, forza di volontà, controllo emotivo, coesione, sono solo alcune delle variabili che condizionano il risultato finale. Avendo vissuto entrambe le esperienze come allenatore, posso garantire che su molte di queste incognite le donne sono nettamente superiori ai maschi. È risaputo, tra l'altro, che mediamente le ragazze possiedono abilità coordinative migliori dei colleghi: non mi risulta, infatti, che esista la ginnastica ritmica o il nuoto sincronizzato maschile. Essere diversi esclude a priori una classifica meritoria: se dovessimo giudicare il basket femminile in sovrapposizione a quello maschile, sarebbe inevitabile il deragliamento e la stoltezza. La pallacanestro rosa va giudicata per quello che è: non a caso esiste un pallone più piccolo. Piuttosto fatico a capire un trattamento peggiore a livello retributivo, ma, é risaputo, non vale solo nello sport. Se poi si vuol parlare di spettacolo, tutto é relativo: a qualcuno piace il wrestling, personalmente lo trovo ridicolo. Il fascino del gioco non risiede nelle schiacciate o nelle giocate sopra il ferro, semmai nell'abilità di una squadra nel trovare la soluzione migliore nei tempi e spazi giusti. Ho visto partite maschili inguardabili, dove la fisicitá e l'esasperazione difensiva delle squadre annullano il talento e la fantasia: di questo passo, le partite finiranno 30-28 dopo i tempi supplementari. Da allenatore, la sofferenza é identica: perdere al maschile o al femminile fa lo stesso effetto. Un brutto effetto, comunque. Le notti bianche le ho passate sia di qua che di lá.



















giovedì 8 agosto 2013

l'ultima discesa


Non è esagerato, eri un campione. Un grande campione. Settemila lanci in una disciplina dove, ammetto, non mi sarei mai avventurato nemmeno per tutto l'oro del mondo. Era il tuo amore, il tuo gioco, la tua vita. Ci siamo visti solo qualche giorno fa, quando, stavolta per lavoro, mi hai cambiato la caldaia. Salire sul tetto fino al camino, un giochetto da ragazzi. Io, tranquillamente in basso a guardarti, tu, in alto sorridente, quasi a schernire la mia inquietudine. Dividevamo una passione segreta: l'aromaterapia, meglio detta aufguss, dove tu facevi il maestro ed io l'allievo. Una parentesi di benessere dentro il caos quotidiano: da te ho imparato che l'arancio e la cannella, mescolati insieme, danno una fragranza impareggiabile. Dall'ultimo viaggio in Francia ti ho portato le essenze che mi avevi chiesto, in particolare la lavanda, quella vera, che si differenzia dal lavandino per altitudine e tipologia del fiore: in realtà, quei campi sterminati di viola che riempiono gli album fotografici e richiamano migliaia di giapponesi non sono altro che una riuscita imitazione dell'originale. Naturalmente hai ascoltato la mia lezioncina botanica spacciandoti per ignorante: la tua delicatezza era proverbiale. Quelle boccette sono l'unica cosa che hai di me: non mi hai dato tempo per pareggiare la ricchezza di cui mi hai fatto partecipe. Non riesco a crederci, Vasco, e non mi dò pace: il tuo compagno fidato e di sempre, colui che ti accompagnava tra le correnti, proprio lui ti ha voltato le spalle. Hai dato la vita per il paracadute e lui se l'é presa: maledetto gioco del destino, eri giovane e avevi ancora molte cose da fare. Continuo a pensare che siamo appesi ad un chiodino: ci danniamo l'anima per restare in questo mondo, ma siamo impotenti di fronte all'imprevedibile. Caro amico, era una piacevole abitudine scendere dal cielo. Ora dovrai salirci, per forza e per sempre. Come un palloncino, alzeremo lo sguardo per non perderti mai di vista: hai ancora molte cose da insegnarci. 

giovedì 1 agosto 2013

campioni si nasce


Federica Pellegrini e Tania Cagnotto hanno molte cose in comune. Fascino, copertine,  medaglie, ma soprattutto l'inclinazione alla lotta. Dietro a quei visi e corpi aggraziati si nasconde una solidità mentale ineguagliabile dai comuni mortali. Il neologismo garista calza a pennello per queste atlete di valore superiore alla norma: non si spiegherebbe, altrimenti, come da una preparazione frettolosa ed approssimativa possano saltare fuori risultati di altissimo livello. Entrambe uscite con le ossa rotta da Londra, hanno scelto di alleggerire lo zaino e di presentarsi all'appuntamento mondiale senza pretese ed aspettative: da qui saltano fuori le uniche soddisfazioni azzurre, eccezion fatta per la brava  e indomita Grimaldi nel nuoto libero. Sorge il dubbio, anche agli scienziati che si occupano di metodologia: vale proprio la pena sottoporre gli atleti a carichi di lavoro continuativi ed estenuanti? Il povero Scozzoli, presentatosi a bordo vasca tra i favoriti, é annegato tra pressioni mentali e sfinimento fisico: la verità, pur non conoscendo direttamente i fatti, é che non si dá mai sufficiente importanza allo scarico. Va dunque rimessa in discussione l'intoccabile teoria dell'allenamento? Calma e sangue freddo. Non scherziamo: l'americanina Ledecky e la stellina lituana Meilutyte, entrambe classe 1997, hanno confessato di vivere esclusivamente in funzione del nuoto e di non avere altre distrazioni quotidiane. Forse è più sensato parlare di preparazione individualizzata: alcune atlete, vedi Cagnotto e Pellegrini, sono talmente baciate dal talento che possono permettersi di gareggiare senza un avvicinamento adeguato. Anche Alberto Tomba aveva queste caratteristiche: passava la sera a festeggiare e la mattina seguente sbaragliava la concorrenza. Siamo in presenza, però, di campioni. Ed i campioni sono rari, si contano sulle dita. Non sono atleti da imitare, in quanto irraggiungibili. Rino Gattuso, ad esempio, non avrebbe mai potuto giocare a calcio se non avesse fatto sacrifici immensi: tecnicamente rivedibile, si faceva amare da tutti per coraggio ed abnegazione. Perciò è meglio non farsi illusioni: i privilegi, da sempre, sono per una stretta minoranza. Esistono i campioni, pochi, e le macchine, gli altri. Si può vincere in entrambi i modi, ma i percorsi sono totalmente differenti. Campioni si nasce, macchine si diventa. Achille era un artista; gli altri, combattenti addestrati alla guerra.