"Non è il cammino impossibile, ma l'impossibile è cammino"

sabato 24 febbraio 2018

alto tradimento

Sulle due squadre pugliesi che hanno giocato a perdere non è stato detto tutto. Perfino le sanzioni comminate non rendono totale giustizia. È stato omesso un aspetto fondamentale: gli allenatori sono gli esecutori pratici, gli spietati sicari del crimine avvenuto in campo. I giocatori, specialmente in età giovanile, sono tenuti a rispettare le disposizioni tecnico-tattiche che ricevono in spogliatoio: se non si attengono, li aspetta uno spiacevole e lungo riposo in panca. Perciò, gli atleti sono solo l'ultimo anello di una perversa catena che ora si stringe al collo di ciascuno, dato che non potranno proseguire nel percorso agonistico conquistato con merito prima che il fattaccio si consumasse. Delle società sportive e dei loro pensieri contorti mi interessa il giusto: gli allenatori rappresentano l’ultimo se non l'unico baluardo di lealtà sportiva a cui ciascun ragazzo deve affidarsi per crescere in un ambiente non contaminato da beghe politiche o interessi di parte. Hanno ricevuto pressioni dall’alto? Bene, avrebbero potuto lasciare la panchina da uomini d’onore, ora se ne andranno - almeno spero, visto che il giudice sportivo li ha graziati - con disonore e disprezzo. Sono sincero: è ( ancora ancora ) ammissibile trovare mille scorciatoie - anche se non del tutto ‘legali’ - per cercare di vincere, ma è inconcepibile giocare a perdere. Come è inconcepibile ritirare una squadra, anche se palesemente danneggiata. Nessun allenatore ha il diritto di decidere su una contesa agonistica, lo sport ha valori decisamente più grandi e nobili di qualsiasi sconfinamento dell’ego di chicchessia. Gli stessi ideali che pretendono lo schieramento della squadra migliore per raggiungere il risultato più alto possibile, vera forma di correttezza con cui affrontare l’avversario, qualunque esso sia. Le società non hanno compiti educativi diretti, se non quelli di reclutare i tecnici migliori per sviluppare un progetto formativo-sportivo adeguato: gli allenatori sono responsabili nell'applicazione dei programmi e delle metodologie necessarie. Ecco perché sono deluso che il giudice sportivo non abbia inflitto pene severe a chi possedeva il comando del gioco: che credibilità possono avere quegli allenatori che insegnano alle nuove generazioni a trarre vantaggio da una sconfitta? Mentre gli adulti urlano e si agitano in tribuna ( a volte menandosi ) e le società si barcamenano come meglio possono tra mille difficoltà, chi manterrà la barra a dritta nel marasma generale? Forse è sopravvalutazione, anzi senza forse, ma io ci credo: il compito degli allenatori non è solo quello di insegnare a giocare, ma di ricordare a tutti che sullo sport non si scherza e non si transige. Non è una scappatella, è un forte legame d'amore, dove il tradimento non trova spazio.

venerdì 9 febbraio 2018

passi la regola....

Dopo la regola della freccia alternata, che ha raggiunto il massimo del ridicolo e che purtroppo non è ancora stata abolita, ci si aspettava una prudenza maggiore ed invece ecco il colpo di grazia, la novità sui passi. Stiamo assistendo ad un coacervo inestricabile di interpretazioni, ad una babele valutativa che non sembra avere soluzione, almeno nel breve. Di fronte alla grande incertezza, gli arbitri scelgono la via del compromesso: un fischio alternato ad un non fischio, con il risultato di confondere ancora di più le idee agli addetti ai lavori. Il pubblico non capisce e rumoreggia, gli allenatori si arrabbiano, i giocatori traballano, i grigi hanno una rogna in più da sbrogliare. In questa vicenda nessuno ci guadagna. Innanzitutto il gioco: americanizzare la pallacanestro europea, nel nostro caso italica - come dice giustamente Taucer - non significa necessariamente renderla migliore. L’abilità di mettere palla a terra immediatamente dopo la ricezione evitando di camminare è un gesto tecnico di notevole fattura. I giovani devono crescere attraverso processi di apprendimento che richiedono alti livelli attentivi: facilitare il compito non è la strada giusta per ottenere giocatori di qualità. C'è un quesito a cui rispondere: è il regolamento che condiziona la tecnica o il contrario? Gli allenatori insegnano in base alle regole o sono quest'ultime che dovrebbero seguire la tecnica di gioco? Chi dice che la pallacanestro è cambiata, dice una mezza verità: i gesti sono più rapidi, la componente fisica è diventata preponderante - forse troppo per i miei gusti - ma la capacità di battere l'avversario attraverso la bravura tecnica e la valutazione delle situazioni è rimasta integra. Anzi: il patrimonio tecnico che i nostri padri fondatori hanno arricchito attraverso studi ed esperienze rischia di essere riposto in un cassetto in nome della semplificazione e della esaltazione della componente fisico atletica. Per carità, anche ad un esemplare gerontologico come il sottoscritto piacciono le giocate spettacolari e veloci, ma ridurre questa affascinante ed unica disciplina ad un insieme di giocate per supereroi fisicati non è una prospettiva che mi alletta. Per capirsi, se Bodiroga è riuscito a giocare - e con quali risultati! - nella pallacanestro moderna, significa che possiamo ancora credere nel potere della tecnica. Perciò la mia idea è la seguente: continuo ad insegnare il piede perno, anche se il primo passo è considerato zero. Perché? Perché è più importante diventare più abili piuttosto che inseguire le mode del momento. Romantico, fino al midollo.