"Non è il cammino impossibile, ma l'impossibile è cammino"

lunedì 24 dicembre 2012

natale al buio


Sotto l'albero, stavolta, carbone. Carbone vero, non dolce. Come i bambini cattivi, che disubbidiscono ai genitori e ne combinano di tutti i colori. Soffro, come un leone in gabbia. Come uno scrittore senza penna o un musicista senza strumento. Mi muovo a tentoni e continuo a sbattere. Cerco di alzare la testa ma vedo solo nero. Ora capisco la fuga, il freddo, la grotta, il buio. Oltre la poesia, la lotta per la sopravvivenza. Siamo abituati ad un Natale sdolcinato e con il cielo pieno di stelle. Vero, é pur sempre un bambino che nasce. Ma c'è dell'altro: isolamento, paura, scoramento, resistenza. Non sempre le cose vanno come dovrebbero: non per questo ci spetta il fallimento. Nulla accade per caso, nemmeno la prova più dura e difficile. Non abbiamo occhi e saggezza per guardare oltre il nostro naso: un giorno, ciò che oggi vediamo in modo confuso, ci apparirà nitido. Non dico sia giusto soffrire. È giusto accettare la sfida. Non siamo diventati migliori quando tutto funzionava alla perfezione. Siamo diventati migliori quando siamo andati alle corde e abbiamo reagito. Come in un finale punto a punto: chi vince, si prende la partita; chi perde, se fa tesoro, si prende la prossima. Natale non è la festa della bontà: é il trionfo del debole contro ogni pronostico.

Auguri sinceri a tutti voi!

sabato 15 dicembre 2012

in mezzo al guado

Un baby boomer. Prodotto della rinascita e della speranza illuministica degli anni 60. Figlio della Zanussi, degli elettrodomestici e di un nuovo modo di vivere. Troppo giovane per togliere il disturbo, troppo vecchio per stare in campo. Troppo ingombrante per le nuove generazioni scalpitanti. Troppo presto per permettersi di riposare. In mezzo al guado, in sostanza né carne né pesce. Coetaneo di Barak Obama e di Moana Pozzi. Di Maria De Filippi e del campione Carl Lewis. A metá fra l'esplosione ormonale e la pace dei sensi. Permaloso al punto giusto. Pragmatico per evoluzione. Cercatore affannoso di tempo, come se quello andato fosse perduto e quello da venire insufficiente. Amante sfuggente della solitudine. Cresciuto con De Andrè e De Gregori, con Sergio Leone e Nanni Moretti. Con Carosello da piccoli, con Enzo Biagi da grandi. Aggredito e conquistato dalla tecnologia, materia acquisita mai posseduta. Alunno ribelle, insegnante severo. Giocatore generoso e scarsetto, allenatore apprensivo e scaramantico. Marchiato e inconfondibile. Carico di dubbi, privo di certezze. Vittima e responsabile, assieme a molti altri, di ciò che sta sotto gli occhi di tutti. Non del tutto colpevole, non del tutto innocente. Con alcune pagine ancora da riempire: c'è sempre tempo per rimediare. C'é una sola cosa da cui non si torna indietro.

domenica 9 dicembre 2012

panca atomica

Da sempre sono amante del Poz. Non tanto dei suoi tratti istrionici, quanto del suo modo di giocare. Davvero un atleta straordinario, capace di inventare pallacanestro e dare alla squadra un tocco di imprevedibilitá. Sono stato fra quelli che non hanno condiviso la scelta di Tanjevic di lasciarlo fuori dalla nazionale. Al di lá dell' apparente follia che lo ha reso celebre fra gli adolescenti, dovremmo ricordarlo per la bravura e la fantasia. Ciò premesso, non mi è piaciuta molto l'intervista post partita sulla Rai. È chiaro a tutti che non esistono modalità standard nell'interpretare il ruolo dell'allenatore. Per fortuna Messina é diverso da Trinchieri, così Scariolo non può essere accomunato a Pianigiani e così via. Siamo tutti felici di vedere la mosca atomica allenare in modo alternativo e leggiadro. Esistono però delle responsabilità: Poz dovrebbe sapere che i diritti e i doveri differiscono tra giocatori e allenatori. Non si può pensare di allenare facendo finta di non essere allenatori. È come se volessi fare il padre senza assumerne oneri e conseguenze. Così non si può liquidare con leggerezza l'assunzione di sostanze vietate. Se un giocatore sbaglia, non lo si aiuta negando i fatti. Nessuno giudica Young come persona, ma l'errore commesso non può essere sottaciuto. La stessa battuta "mi chiamano coach ma non mi giro" é stucchevole ma fuorviante: anche Poz prima o poi dovrà fare i conti con scelte dolorose, chi far giocare o lasciare in panca, oppure gestire e risolvere l'inevitabile scontentezza che si respira in una squadra. Che piaccia o no, i ruoli non possono essere azzerati. Faccio comunque il tifo per Poz in panchina. Una ventata anticonformista in un ambiente fin troppo formale non può che far bene. Fare l'allenatore, però, comporta spesso un prezzo alto da pagare: quello di non poter piacere a tutti. Spesso anche ai propri giocatori. E Poz, che come giocatore si è trovato piú di una volta in disaccordo con il proprio coach, dovrebbe essere il primo a saperlo.