"Non è il cammino impossibile, ma l'impossibile è cammino"

lunedì 27 gennaio 2014

meritatamente

Finalmente si é chiusa la porta. Una decisione saggia. Tutti avremmo voluto vedere la nazionale ai mondiali, ma il gioco non vale la candela. Non é determinante analizzare le motivazioni della scelta: qualsiasi siano, bastano e avanzano. Che sia una questione di soldi - effettivamente tanti, troppi - o tecnica - Gallinari e Bargnani out - la sostanza non cambia. Credo sia più interessante ragionare sull'assurda e iniqua questione della wild card. Se c'è un aspetto dello sport che deve rimanere integro é il merito conquistato sul campo. L'Italia ha avuto la sua occasione: contro la modesta ma volenterosa Ucraina, ha fallito. Che questo come connazionali e amanti del gioco ci faccia soffrire non poco, é argomento inutile e relativo. É vergognoso che nello sport si possa comprare la partecipazione ed é forse più vergognoso che che ci sia qualcuno disposto ad incassare il premio. Si tratta di una vera e propria bustarella legalizzata, dove i paesi potenti politicamente ed economicamente si aggiudicano un posto al sole alla faccia del valore sportivo. Insegniamo ai ragazzi a conquistarsi con sudore e lacrime un'agognata finale nazionale giovanile e nello stesso tempo si permette ai privilegiati di trovare facili scorciatoie di riparazione: chiedete all'allenatore x di turno che cosa ne pensa della wild card dopo aver perso un'interzona per classifica avulsa con differenziale di millesimi. Oppure é sufficiente interrogare qualsiasi onesto dirigente che deve far quadrare i conti della propria piccola società di provincia: non credo sia felice di sapere che la propria affiliazione o le spese di tassa gara finiscano nelle tasche della Fiba. Perciò é giusto così. Ci dovremo accontentare di guardare i mondiali su tele Capodistria, anche se questo, in realtà, può essere un beneficio. E soprattutto dovremo aspettare pazientemente il momento opportuno, che a pensarci bene, prima o poi verrà. Se il campionato é più povero, meglio per gli italiani. Abbiamo vinto l'Europeo under 20 e c'erano più di cinquemila persone a vedere il derby piemontese in Lega Gold: tanto interesse per tanti giovani. Non serve avere fretta. L'abbiamo già detto: a volte, la ristrettezza diventa opportunità. 

venerdì 17 gennaio 2014

senza traccia


Come nei migliori episodi di Tex Willer. Cancellate le impronte. Nel voltarsi, solo sabbia e vento. Il cammino fatto, le insidie, i successi, le cadute, i trionfi: tutto questo non esiste più, sparito nel nulla per sempre. Preoccupati e agonizzanti per il futuro, ancorati come vecchie navi al molo nel presente, ci dimentichiamo in fretta della nostra storia, del fatto che ciò che siamo é in gran parte dovuto a chi ci ha preceduto. Vale per i grandi accadimenti, per la storia maiuscola, ma anche per le misere e sconosciute vicende quotidiane di ogni essere umano. Pretendere riconoscenza significa oggi soffrire inutilmente: Samuel Beckett ci aveva visto bene, aspettando Godot é la drammatica metafora dell'attesa crudele, capace di mangiare vive le nostre illusioni. Aveva ragione Shakespeare: non bisogna aspettarsi niente da nessuno, perché aspettare fa male. Viviamo per lasciare un segno, per essere ricordati, spesso dobbiamo attendere la morte per essere soddisfatti. Non c'è niente da fare: inseguiamo la felicità, in realtà non facciamo altro che spargere dolore pensando di guarire il cancro che portiamo dentro. L'umanità é in pericolo: se non affondiamo nelle nostre radici, se non siamo capaci di provare gratitudine per chi é passato prima di noi, non abbiamo scampo. Come dice qualcuno, siamo già morti prima di nascere.

domenica 5 gennaio 2014

presto e bene

Presto e bene non marciano insieme. É un detto che calza perfettamente con chi si occupa di educazione. Quindi anche di allenatori, istruttori, tecnici, coach, come cavolo li si vuol chiamare. Fare un giocatore non è per niente facile. Ci vuole tempo. Pazienza. Sopportazione. E tutte queste cose potrebbero non bastare. Non è per nulla scontato che in questo campo, lavorando bene, si possa trarre profitto; é altresì scontato che, se si lavora male, il raccolto sarà pessimo. In breve, chi si occupa di formazione tecnica sa che le proprie fatiche sono un investimento insicuro e che le probabilità di successo sono legate a centinaia di fattori, alcuni imprevedibili e incontrollabili. Prova ne sia che molti ragazzi, pronosticati sicuri campioni, sono spariti nel limbo dei ricordi o nel libro dei tentativi falliti. Molti altri, considerati in partenza inadeguati, hanno superato brillantemente il traguardo lasciando di stucco detrattori e falsi indovini. Tutti noi, nessuno escluso, ha preso delle cantonate leggendarie cercando di leggere ed interpretare la sfera magica: non c'è nulla di più sfuggevole e imprendibile di ciò che cambia in continuazione. Cambia il corpo, cambiano le emozioni, le motivazioni: ciò che vale oggi può rappresentare segatura domani e viceversa. Ecco perché ho imparato ad essere prudente: non perché abbia paura di sbagliare o di ammettere l'errore, semmai perché l'essere umano in costruzione non può essere paragonato ad un cantiere edile. Spesso, arrivati quasi al tetto, bisogna riprendere dalle fondamenta: non c'è percorso logico, c'è solo intuizione e ricerca. Il tempo é l'unico rifugio attendibile: possiamo solo aspettare, dopo tanto sudore e pancia a terra, che la stagione della fioritura possa dar ragione e senso all'impresa. Le cose fatte in fretta, in genere, non hanno durata. Possono rubare l'occhio distratto, ma non imbrogliare gli addetti. Ecco perché, chi lavora nei settori giovanili, andrebbe valutato in un arco di tempo che non può essere breve. Purtroppo oggigiorno, la pazienza, é una virtù in ribasso. Tutto e subito, come se bastasse un intervento di chirurgia plastica a trasformare in un attimo una realtà qualunque in un posto incantevole. Basta guardarsi in giro: chi ha potuto lavorare con calma, ha raccolto i frutti sperati. Chi voleva far presto, chi non ha saputo aspettare, ha annegato nel mare delle illusioni i propositi di grandezza.