"Non è il cammino impossibile, ma l'impossibile è cammino"

giovedì 25 dicembre 2014

nonostante tutto Natale


Abbiamo estremo bisogno di segni. Dal cielo, sulla terra, sottoterra. Quelli che portavano i doni, figure comprimarie del presepio, avevano stelle comete, presagi, sogni. Hanno trovato la capanna, hanno evitato di tornare dal sovrano sanguinario, sapevano con certezza che il vero re si trovava in un posto sperduto del medio oriente. Oggi abbiamo gli occhi accecati, le orecchie sorde, il naso chiuso. Avanziamo a tentoni, sbattiamo ovunque, senza direzione e senza equilibrio. Qua e lá si percepiscono vari canti delle sirene, proposte illusorie ed evanescenti, seducenti per anime fragili e in pena. Dobbiamo assolutamente ritrovare la via, e dobbiamo farlo insieme, mano nella mano, senza perderci più di vista. Da soli non possiamo farcela: la tentazione di fare a meno del prossimo ci ha portato nel baratro. Abbiamo bisogno di momenti particolarmente gravi per ricompattarci: dal dolore, dalla sofferenza, dalle tragedie abbiamo sempre riscoperto ciò che ci unisce, l'anima pulsante del popolo. Oggi che vediamo in modo confuso, come in uno specchio rotto, dobbiamo cercare legami più forti facendo leva su ciò che ci distingue, ossia il senso di umanità. Se c'è un augurio da fare, in giorni natalizi di fatica e smarrimento, che siamo capaci di tornare a misurarci come persone, dove il dolore e la gioia di uno diventano quelli di tutti. Non ci rimane molto tempo: o ci comportiamo come fratelli universali o siamo destinati inesorabilmente all'umana estinzione.

mercoledì 24 dicembre 2014

signora del tempo


Non si fa annunciare. Viene quando meno te l'aspetti. Non bussa alla porta e nemmeno si presenta. La sua non è mai la nostra ora. Non dá il tempo nemmeno di salutare, di sbrigare le ultime cose, di preparare le valigie. Non chiede il permesso, se lo prende. Non prende ordini da nessuno, nemmeno da colui che possiede il libro della vita. Non fa distinzioni tra meritevoli e indegni, tra bambini e vecchi, tra ricchi e derelitti. Prende e se ne va, senza parole, senza spiegazioni. Lascia il vuoto, il dolore, il silenzio, lo sgomento. Lascia domande senza risposta, lascia figli senza madri, madri senza figli. Lascia case vuote, cuori infranti, vite spezzate. Non se ne cura: passa e fugge altrove. É imbattibile, non esiste sfida ad armi pari. Insegue tutti: é impossibile sfuggirle. Si avverte in lontananza, ma spesso e volentieri si fa vedere anche da queste parti. Ci conosce tutti, uno per uno, ma a noi non é concesso guardarla in faccia. Abbiamo paura, perché siamo nati per compiere un viaggio e non per lasciarlo a metà. É signora e padrona del tempo, mentre noi siamo umili servitori: non abbiamo scampo, possiamo solo ubbidire.

venerdì 19 dicembre 2014

scandalo a cinque cerchi

Le ultime olimpiadi in Italia risalgono al 1960 e all'immagine simbolo dell'omonimo Berruti con le braccia levate al cielo dopo una grande gara sui 200. Non c'ero - per ovvie ragioni anagrafiche - e non sono così sicuro di esserci alle prossime - almeno ventilate - del 2024. C'è la vita di una persona in mezzo alle due edizioni: non è poi così irragionevole o scandalistico richiederne l'organizzazione dopo molti lustri trascorsi in giro per i continenti. Il pensiero fatalpopulista - mi sia permesso il neologismo - ha già emesso un verdetto di condanna: ci sono altre priorità, non ci sono soldi, non devono farne le spese i contribuenti, i politici e le ditte costruttrici si stanno già leccando i baffi e via così fino all'audiosfinimento - altro neologismo, oggi siamo in vena -. Onestamente é ininfluente, nella logica della discussione, sapere da quale sponda politica sia fuoriuscita la proposta: per quel poco che conosco dell'ambiente partitico italiano, se fosse stata la destra, avremmo sentito le stesse reazioni a parti invertite. Ogni argomento é motivo di scontro, persino le olimpiadi che, per stessa natura storica, dovrebbero essere simbolo di pace e di unità. A dirla tutta, non mi convince, anzi non mi piace per niente, questa sorta di mentalità qualunquistica che giudica lo sport qualcosa di secondario rispetto ai grandi problemi quotidiani. Magari, a lanciare sassi, sono le stesse persone che frequentano gli stadi o le varie trasmissioni da cui siamo assediati da anni e dove, realmente, si discute di tante cose inutili. Lo sport, l'attività motoria, dovrebbero essere al centro della vita umana: se non altro nella ricerca di uno stato di benessere che da individuale diventa collettivo. Se io sto bene, stanno bene anche le persone che mi stanno attorno, e viceversa. Alle olimpiadi non partecipano tutti, ne siamo coscienti, ma un evento di questa portata potrebbe mettere in moto molte iniziative benefiche per la salute dei cittadini, come potrebbe aumentare i praticanti per ciascuna disciplina sportiva coinvolta. C'è la questione appalti truccati? Bene, allora non costruiamo più niente, concentriamo la nostra energia sulla demolizione, però non lamentiamoci delle infrastrutture vigenti. Sarebbe come dire, per usare un'analogia in tema: visto che l'allenatore non mi fa giocare, perché dovrei allenarmi? Per capirsi, siamo contrari alle olimpiadi perché non ci sono soldi - motivazione plausibile - o perché qualcuno potrebbe sguazzarci - motivazione inaccettabile? Se ci sono stati casi in passato di malaffare non significa, a priori, che si possano ripetere. Si costituisca un comitato garante della trasparenza e si agisca nella legalità. Quante volte ho sentito ripetere che mancano le strutture: questa potrebbe essere l'occasione per rimettere a posto l'esistente e per coprire gli spazi ancora vuoti. Non sono ingenuo, sono il primo ad ammettere che non sono tutte rose e fiori: uccidere sul nascere questa proposta, però, con argomenti non sempre pertinenti, ci rende ancora meno credibili verso la comunità internazionale. Non dico buttiamoci, ma nemmeno gridare allo scandalo. Siamo ancora in grado come comunità nazionale di riconoscerci in qualcosa che ci unisce?

sabato 13 dicembre 2014

spazzaneve

Quella dei genitori spazzaneve è una definizione originale e realistica. Coniata in Inghilterra ma facilmente traducibile e verificabile anche in patria. Probabilmente aggirare l'ostacolo é diventato più conveniente e meno stressante che superarlo. Gli adulti non sono più in grado di accettare sconfitte e frustrazioni, in qualsiasi ambito, dallo scolastico al professionale passando per lo sportivo. Facciamo qualche esempio. Non vado bene a scuola, posso sceglierne un'altra, anche in corsa: sono sempre più frequenti e numerosi i passaggi da un istituto ad un altro. Certo, ci possono essere anche casi estremi, ma nella maggioranza dei casi si tratta di spostamenti tattici, nell'intento di non perdere l'anno scolastico. Che sarà mai una bocciatura? Eppure, oggigiorno una bocciatura, anche per alcuni scellerati media, può essere la causa per un suicidio: certo, se un fallimento non può essere concepito! Andiamo avanti. L'allenatore non mi fa giocare o mi urla troppo? Posso sempre cambiare squadra, ce ne sono talmente tante a disposizione che c'è solo l'imbarazzo della scelta: dietro a queste manovre possono anche esserci ragazzi in difficoltà, ma in genere genitori che faticano ad accettare che un ragazzo debba faticare a conquistarsi con merito considerazione e minutaggio. Di fronte ad un problema abbiamo una duplice possibilità: affrontarlo per risolverlo, oppure rimuoverlo e cercare altrove la soluzione. Nel primo caso, il processo é faticoso ma comporta una decisa maturazione nella costruzione della personalità. Il secondo caso, la via più breve, produce sollievo immediato ma anche una sorta di falsa illusione che la questione sia risolta una volta per tutte. La verità é che, assuefacendosi a dribblare le rogne, diventerà sempre più difficile e improbabile, se non con intervento di terzi, risolvere i vari enigmi che la vita reale sbatte inesorabilmente in faccia a ciascun abitante della terra, privilegiati compresi. L'alleato nel compito formativo dei figli non é più colui che aiuta a crescere anche attraverso prove e ostacoli e che si appella alla dura verità,  ma chi dá la sufficienza gratuita, chi fa giocare meritevoli e non, chi inganna disegnando un quadro di perfezione per tener lontani i mugugni dei felici interlocutori. Attenzione, in questo quadro fosco tutti sono colpevoli, scrivente compreso. La tentazione ad abdicare, intenzionalmente o meno, é sempre molto forte.

sabato 6 dicembre 2014

un passo avanti e uno indietro

Dico la mia sulle nuove annate previste dalla prossima stagione. Al femminile non è andata così male: tre annate consecutive - 13 14 e 15 - non erano facilmente sostenibili, valutando che molte giocatrici fanno già doppi campionati per scarsità numerica. In più le ragazze, maturando prima sia fisicamente che mentalmente, sono sufficientemente pronte a saltare alcuni gradini anche in età precoce. L'eliminazione dell'under 19 é una buona cosa: un campionato poco significativo con poche squadre di qualità e già definito in partenza. Passare un anno intero a giocare partite inutili e dall'esito scontato non é certo di sprone al movimento: in più, le giocatrici di maggiore impatto sono in genere occupate con le prime squadre perciò il più delle volte le partite sono di scarsa rilevanza. Capisco si debba fare un certo sforzo per evitare una selezione dannosa nei primi anni giovanili, ma arrivati alla maggiore età le scelte dovrebbero essere già chiare e definite. Vedere squadre che si presentano con il contingente ridotto ai minimi termini e che affrontano le gare con basso impegno e poca motivazione, non fa bene alla pallacanestro in rosa. E qui mi allaccio al settore maschile, al quale, a parer mio, é andata peggio. Abbiamo vissuto i malaugurati anni dell'under 21 e non avendo imparato la lezione viene riproposta l'under 20, che é un'annata sensata per quanto riguarda rappresentative nazionali, ma che a livello di campionato diventa una scelta insostenibile e controproducente. Insostenibile perché a livello organizzativo sarà pressoché impossibile allestire un gruppo di ragazzi, quasi tutti alle prese con una nuova avventura universitaria o di lavoro: solo chi avrà fatto una scelta professionistica sarà in grado di partecipare, cosa che esclude a priori le società dilettantistiche, quelle che costituiscono il polmone vero del movimento cestistico italiano. Controproducente in quanto, come già espresso in altre circostanze, trovo anacronistico prolungare la fase giovanile quando gli atleti dovrebbero trovare spazio nelle squadre senior: anzi, si utilizza un palliativo per nascondere il vero problema, ossia il fatto che molti dei ragazzi che escono dai nostri settori giovanili non sono in grado di giocare in prima squadra. Togliere l'ostacolo - ossia allungare i tempi di maturazione - non è a parer mio la strategia giusta per formare i giovani giocatori: l'impatto con il basket reale potrebbe essere impegnativo, ma é l'unica strada per affermarsi e migliorare. Negli altri paesi europei, non si fanno molti problemi a mettere in campo giovani di qualità - vedi Barcellona in Eurolega ad esempio. Noi invece continuiamo a tenere i giocatori nel nido, illudendoli che un giorno, prima o poi, sarà il loro turno. Se invece l'idea é quella di avere più tesserati possibili, allora mi arrendo ma non ha niente a che fare con il bene della pallacanestro italiana: l'attenzione alla quantità andrebbe data nelle categorie basse e dovrebbe lasciare progressivamente il passo ad un'enfatizzazione sulla qualità. Questa scelta mi sembra che vada nella direzione opposta. Certo, nessuno ha la verità in tasca, nemmeno su queste scelte delicate, e ci si muove spesso a tentoni. Non imparare dagli errori, però, é poco incoraggiante.

giovedì 4 dicembre 2014

la pagliuzza e la trave

La squalifica di quattro anni a Carolina Kostner é l'ennesimo capitolo paradossale della vicenda doping. Per assurdo una sanzione più grave di quella del compagno - o ex? - Alex Schwazer. Alzi la mano chi avrebbe fatto diversamente, chi, in un impeto di legalità anafettiva, avrebbe invitato gli ispettori ad entrare e accomodarsi per dare una bella lezione al fidanzato imbroglione. Per carità, niente da dire, la legge é stata infranta, ma che debba pagare più duramente l'esecutore dell' ingenuo complice puzza molto di depistaggio e di sanatoria programmata. Si guarda alla pagliuzza e ci si dimentica della trave. Dove sono i dirigenti CONI che in nome della celebrità olimpica e di qualche medaglia in più hanno permesso, nascosto, sviato, collaborato? Per anni un sistema corrotto, interno ai vertici sportivi, abbagliato dall'ambizione, ha consentito che molti atleti potessero avere discutibili frequentazioni pur di non sfigurare in ambito internazionale. Come ha detto recentemente Alessandro Donati, combattente vero del doping e da sempre perseguitato, l'Italia sportiva deve avere il coraggio di ricominciare da capo e accettare di vincere un po' di meno per guadagnare in credibilità e valore morale. Pazienza se altri dovessero perpetuare strategie illegali e nocive alla salute degli atleti: un paese che dá l'esempio sarebbe il primo fondamentale passo verso l'estinzione del male. Perciò mi indigno nel vedere tanto accanimento verso chi, in realtà, ha avuto un ruolo marginale. Cominciamo a fare i nomi dei colpevoli veri, a cacciarli dai posti di rilevanza che ancora ricoprono e a dare punizioni esemplari: cominciamo davvero a ripulire i piani alti del palazzo. Non ci sarebbero atleti dopati se non ci fossero medici, dirigenti, funzionari collusi. Da chi arriva la squalifica? Guarda caso, dalla procura del CONI, lo stesso ente che ha coperto per anni gli atleti che facevano uso di sostanze dopanti. Evidentemente, lo dico da ingenuo e profano, c'è qualcosa che in tutto questo non funziona. Signor Malagò, tutti sappiamo che il suo compito non é semplice, ma adesso vogliamo vedere segnali evidenti.