"Non è il cammino impossibile, ma l'impossibile è cammino"

martedì 27 marzo 2012

doppio atleta

Da insegnante idealista trovo deludente l'atteggiamento degli sportivi a scuola. In teoria - o almeno nella mia testa - dovrebbero essere i migliori. Intendo in palestra, non certo dietro i banchi. Mi aspetterei entusiasmo, vitalità, partecipazione. Spesso, invece, vedo disinteresse, alibi, svogliatezza. Sarei curioso di sapere come si comportano i miei atleti durante le ore di educazione fisica: mi piacerebbe vederli in prima fila a dare l'esempio ai propri compagni. Non si può essere atleti modello al pomeriggio e cattivi scolari al mattino. Confesso di aver spiato, più di qualche volta, i tabelloni finali: è chiaro che più di tutto è importante la promozione, ma la penultima colonna, quella che anticipa la condotta, riveste un valore particolare. Vedere 6 in ginnastica mi ferisce: non posso non avvertire una sorta di fallimento. Quale mentalità abbiamo costruito se le fatiche agonistiche hanno insegnato a misurare lo sforzo a seconda delle circostanze? Detto in parole semplici: se sei costretto, sudi; altrimenti, volentieri riposi. I peggiori - non lo dico per rivalità ma per dati certi - sono i calciatori: se hai la sfortuna di insegnare sabato o lunedì li vedrai spesso e volentieri ai box con giustificazioni di ogni tipo e genere. Qualcuno addirittura ha il coraggio - con tanto di complicità familiare - di astenersi dalle lezioni causa confronto agonistico determinante nel pomeriggio. Come se le lezioni mattutine fossero talmente estenuanti da togliere ogni preziosa risorsa. Una cosa è certa: chi ha bisogno di riposarsi al mattino per giocare nel pomeriggio significa che non è molto allenato. Guarda caso, quando la scuola organizza i campionati studenteschi,che si svolgono regolarmente al mattino, non ci sono nè scuse nè ripensamenti: tutti disponibili al 100%, gli infortuni diventano un dettaglio, la disponibilità è massima. Apro un altro capitolo: che senso ha, nella scuola, far giocare gli agonisti? Che merito ha un Istituto e relativi insegnanti se casualmente e fortunatamente si iscrivono gli atleti più forti? Non è forse vero che la qualità didattica si misura sui miglioramenti? Perchè non prendere ragazzi da zero e insegnargli a giocare? Non mi sembra una buona idea moltiplicare gli impegni di chi svolge già un'attività sportiva: piuttosto sarebbe interessante permettere a chi non fa niente di intraprenderne una nuova. Purtroppo avremmo bisogno di una scuola diversa, ma fortunatamente non mancano esempi di atti eroici da parte di colleghi tenaci ed appassionati. La formula ideale, non traducibile in Italia, è quella dei college americani: nessun doppione, non esistono società sportive, gli insegnanti sono allenatori e viceversa, i palazzetti sono pieni, c'è forte senso di appartenenza, studenti e atleti allo stesso tempo. Non ho alternative: o mi rassegno o mi trasferisco oltre oceano.

giovedì 8 marzo 2012

incomprensibili e inguaribili




In sè una partita è una cosa da poco. Dura 90 minuti, come un film. Come un viaggio a Trieste. Ed è il momento in cui ci si diverte di più. La tensione si trasforma in energia vitale sprigionandosi nel gioco. È l'attesa che è interminabile. Per noi allenatori, anche il post partita comporta delle conseguenze. La ruminazione è ciò che logora. Se si potesse vivere in una camera isolata ed essere trasportati e riportati senza conoscere nulla del prima e del poi, forse vivremmo meglio. Lo sport è anche questo: la parte migliore é quella più breve, tutto il resto ti mangia vivo senza possibilità di difesa. Una soluzione ci sarebbe: fregarsene, rimanere impassibili di fronte ad una disfatta, impermeabili ai fattori esterni - stampa, critica, pubblico ecc....ma non é così facile. Dico sempre ai miei collaboratori: che differenza c'è, a parte naturalmente il lauto compenso, tra noi poveri allenatori di provincia e quelli che giocano per lo scudetto in serie A? Forse le pressioni che vive Sergio Scariolo sono minori delle nostre che tentiamo di fare miracoli con quello che abbiamo a disposizione? La promozione del Fontanafredda in C regionale é costata meno in termini di notti perse e di giorni raminghi rispetto a quella di Casale Monferrato dello scorso anno? Lo sport, anche nel paesino più sperduto di montagna, vive di risultati. Se non vinci, non sei nessuno. Se hai una squadra forte e perdi, sei un incapace. In fondo, a pensarci bene, c'è solo da perdere. La domanda d'obbligo è allora la seguente: ma chi ce lo fa fare? La risposta, d'obbligo: non c'è nulla che possa sostituire la bellezza di una partita, anche persa al supplementare sulla sirena. Viviamo e respiriamo di queste emozioni, niente è più autentico ed affascinante di due squadre che si affrontano per battersi. Una dipendenza dalla quale é difficile, se non impossibile, guarire.