"Non è il cammino impossibile, ma l'impossibile è cammino"

sabato 28 ottobre 2017

nonni Fedeli

Mi scuso fin da ora, davanti a certe affermazioni il cuore si ghiaccia, la testa ribolle, i pensieri si affollano e le parole che escono potrebbero essere fuori portata razionale. “ Per i nonni è un gran piacere andare a prendere i nipotini. Potessi farlo io “. Questa è in ordine di tempo l'ultima uscita maldestra di un ministro - o ministra? - che non passa giorno a rilasciare dichiarazioni di dubbio ancoraggio alla realtà. Mi permetta, ministro Fedeli: di quali nonni parliamo? Di quelli ancora in trincea viste le lungaggini per ottenere il meritato riposo, oppure di quelli fuori uso, ossia alle prese con acciacchi di vario genere vista l'età avanzata? Forse sarebbe il caso di procedere al contrario, chiedere ai nipotini di accompagnare i nonni vista la scarsa autonomia nella deambulazione. Se poi aggiungiamo che i figli in Italia si fanno sempre più tardi, e non certo e  solamente per egoismo di coppia, il quadretto è completo: perciò trovo davvero fuorviante e inopportuno accennare a figure famigliari che per vari motivi, negli ultimi anni, hanno assunto ruoli e compiti diversi rispetto al passato. Ma è l'ultima frase che mi inorridisce: lei, ministro Fedeli, preferirebbe accompagnare i nipotini a casa piuttosto che stare al governo? E, mi spieghi dunque, perché non lo fa? Non lascia l'incarico e si dedica alle faccende domestiche? Vede, tra tutti i peccati, l'ipocrisia è forse il peggiore: non ci vuole un genio per capire i diversi benefici derivanti dal fare il politico di professione o il nonno vigile. Poi, mi permetta ancora, il volontariato è un gesto gratuito d'amore: perciò, se diventa legge, perde il suo sapore autentico: i nonni che hanno piacere di andare a scuola a ritirare i nipoti lo stanno già facendo, per gratia et amore dei, e non c'è bisogno di una raccolta alle armi. Ma c'è un altro aspetto, questo meno personale, che mi inquieta: la gioventù italiana è di gran lunga quella che raggiunge, più di altre, l'autonomia in fase avanzata. Di questo passo, tra un po' dovremo accompagnare i diciottenni al bagno per evitare che si facciano del male oppure il prete dovrà dotarsi di un pulmino per prendere e riportare i bimbi del catechismo ( e se poi il pulmino si schianta? È colpa del Padre Eterno? ). Ci rendiamo conto? Solo perché una sentenza - tra l'altro assurda - ha implicato una condanna per un preside, ci mettiamo a normare la condanna dei nostri ragazzi a rimanere dipendenti da tutti e da tutto? Certo che ci sono rischi per le strade: ma, mi si spieghi, quando i bimbi al pomeriggio vanno al parco giochi - sperando ci vadano davvero - oppure presso qualche società sportiva, i rischi spariscono? Il problema dunque è la responsabilità? Quindi, se capisco bene, per tutelare la responsabilità, si utilizza la deresponsabilità. Interessante manovra educativa. Spiacente, ministro Fedeli, non se la può cavare solo dicendo “ questa è la legge “. Deve avere il coraggio di dire che è una brutta legge. E che la paura ci farà sprofondare sempre più in basso.

mercoledì 11 ottobre 2017

liberi tutti

Il vincolo sportivo, oltre ad essere un illegittimo impedimento della libertà personale, è diventato negli anni un grande freno alla crescita della pallacanestro italiana. Non certo l’unico, forse nemmeno il più evidente, certamente artefice della mediocrità con cui si lavora nei settori giovanili. Cerco di spiegarmi prima che qualcuno cominci a mettermi le mani addosso: quello che sto per dire non farà piacere a molti, ma se vogliamo trovare un antidoto ad una situazione che va deteriorandosi ora dopo ora, è necessario essere crudi e onesti nell’ammettere che ciò che può dare vantaggi nell'immediato può provocare danni irreparabili nei tempi lunghi. Esempio classico: in ogni squadra che si rispetti accade che uno o più giocatori abbiano qualità tecniche più elevate rispetto al resto del gruppo; se dovessero chiedere di andare ad allenarsi e giocare in un ambiente più prestazionale, nella quasi totalità dei casi verrebbero respinti grazie anche al deterrente del vincolo, che funge da chiavistello invalicabile a scoraggiare qualsiasi tentativo di fuga. Così avviene che chi potrebbe migliorare è impedito a farlo, con conseguenze spesso deleterie: nel migliore dei casi lo sviluppo tecnico si interrompe bruscamente, nei peggiori ci troviamo spesso di fronte ad abbandoni precoci o a cambi repentini di disciplina sportiva. Per costringere un giocatore a restare, con le buone e spesso con le cattive, si mette una pezza alle problematiche del momento ma, allo stesso tempo, si scava una buca insormontabile per le speranze di futuro del giocatore stesso. Per salvare una squadra - perché altrimenti come è possibile andare avanti se qualcuno se ne va - stiamo ammazzando la pallacanestro: chissà quanti potenziali atleti di livello sono rimasti intrappolati nelle reti del ricatto del tesseramento. Altra questione, direttamente collegata: il fatto che i giocatori non possano andarsene liberamente ha abbassato di gran lunga la qualità del lavoro formativo in palestra. Se non esistessero vincoli, le società sportive sarebbero obbligate ad assumere i tecnici migliori e a garantirne la formazione, a presentare alle famiglie e relativi giocatori dei progetti credibili e completi. Così come stanno le cose, invece, Il tutto è orientato verso il basso e il risparmio: pochi allenamenti, allenatori reclutati in extremis e spesso demotivati, partecipazione a campionati provinciali più redditizi sia come costi che come risultati, allenamenti brevi e orientati ad aspetti aggregativi più che di apprendimento. La scusa è che il tempo a disposizione è limitato, ma nessuno fa niente per aumentare il carico. In questa situazione, è matematico che non escano giocatori di livello: le poche società che fanno un buon lavoro a livello giovanile non possono sobbarcarsi tutto il peso del reclutamento e della formazione dei giocatori. È risaputo, infatti, che la gran parte del patrimonio agonistico nazionale provenga da società piccole e periferiche e che solo in un secondo momento sia transitato attraverso i canali ufficiali dei club più attrezzati nella costruzione dei giocatori. È chiaro che, a fronte dello svincolo, andrebbero premiati, subito e non a posteriori, i club che hanno reclutato i ragazzi che hanno scelto altre sedi per sviluppare le capacità tecniche: ma questa è un'altra storia e, forse, ne riparleremo un'altra volta.