"Non è il cammino impossibile, ma l'impossibile è cammino"

mercoledì 31 agosto 2011

felice di stupire


Era un pò di tempo che non mi divertivo così tanto. Tutti sorpresi. Sorpresi di cosa? Che possa "tornare" ad allenare. A dirla tutta, non credo di essermene mai andato: mi trovavo in prestito a coordinare un progetto tecnico giovanile che - non sono io a dirlo - ha goduto, almeno fino adesso, di un certo successo. I bookmakers locali si sono scatenati sulle ragioni del rientro: il denaro anzitutto, di cui sarei particolarmente famelico. In second'ordine, la voglia di primeggiare e di trovarsi al centro dell'attenzione. Poi, via via, motivazioni secondarie come passione, curiosità, divertimento. La puntata che ha fatto saltare il banco è stato il ritorno al femminile: chi glielo fa fare a questo qui, marchiato per anni dall'affidabilità del basket con barba e baffi, di mettersi su sentieri impervi e inesplorati di un movimento, tra l'altro, che non nasconde le proprie difficoltà di sopravvivenza? Potrebbe avere a che fare con la crisi dei cinquantanni, tra le cui cure si consiglia la frequentazione di soggetti dell'altro sesso con almeno cinque-sei lustri di differenza. Tra mille fandonie e conseguenti risate, una verità esiste: il campo, per un allenatore, è come la ragazza per un ragazzo. Prima o poi si avverte la mancanza. E' questa dipendenza, che qualcuno chiama indispensabilità, la vera delizia, ma anche la nostra inseparabile croce.

martedì 30 agosto 2011

duro lavoro


Ho creduto sempre che se uno lavora duro i risultati prima o poi arrivano. Mai fare le cose senza convinzione. So che se non mi comporto così, arriveranno solo risultati mediocri. Per questo motivo mi concentro sempre al massimo negli allenamenti come nelle partite. È una abitudine che posso aprire e chiudere come un rubinetto. È impossibile fare lo stupido negli allenamenti e dopo, quando hai bisogno di più spinta nel finale di una partita, pretendere di trovarla. 

Michael Jordan

lunedì 29 agosto 2011

in ricordo di Anto Ortolan


Questa notte ho sognato che camminavo a fianco di Anto, e che lui mi parlava, con quel suo tono pacato, di tante cose, con l'intelligenza e la consapevolezza che lo hanno sempre contraddistinto, e questo sogno è terminato quando abbiamo raggiunto nel suo giardino la sua Caterina ed i suoi figli, che sempre lo hanno attorniato insieme ai nipotini. Quando mi sono svegliato di colpo, ho istintivamente pensato che fosse passato a darmi un ultimo saluto prima del lungo viaggio.
Devo molto ad Anto, un uomo con cui non servivano carte scritte né strette di mano, bastava la parola pronunciata. Ora che non c'è più, anche se per alcuni anni non ci siamo più sentiti, mi manca, come quei parenti stretti o quei pochi amici veri che anche se non frequenti per dei periodi, appena li incontri senti nel profondo quell'eccitazione, quella gioia che contraddistingue veramente rari rapporti.
Ci eravamo conosciuti quando ero ancora un ragazzino di quindici anni; lui era il preparatore atletico delle giovanili della Pallacanestro Pordenone presieduta da Amedeo Della Valentina, e a quell'età mi conquistò subito per la serenità del modo di fare e per la delicatezza con cui ti insegnava ad eseguire gli esercizi non solo meccanicamente, ma facendoti imparare a sentire il tuo corpo e dove questo doveva migliorare. Spesso, quando ho mal di schiena, mi ricordo le decine di volte che mi ha esortato, anche da adulto, a fare sport con una frase :"Jacopo, con la schiena che ti ritrovi non devi mai smettere di fare esercizi, se no te ne pentirai!" ma, aldilà delle parole, era il tono sempre affettuoso con cui mi ha sempre trattato.
Dopo alcuni anni, quando avevo 24 anni e avevo deciso di smettere di giocare, mi chiamò invitandomi ad andarlo a trovare a Sacile. Insieme facemmo una passeggiata dove, con molto garbo, mi invitò a non mollare ed a fare un'esperienza più leggera di quelle passate andando a giocare per la squadra che gestiva lui a Sacile, senza impegno e senza aspettative. Giocai quattro anni vincendo due campionati e lasciando il mio cuore di giocatore legato in dissolutamente a quella società. Ricordo le riunioni con lui e con Gigi Vicenzotti,  nel giardino di casa, quando ci coinvolgeva nei suoi progetti che diventavano anche i nostri, e viceversa. Sono poi tornato a Sacile da allenatore della prima squadra targata Birex, per gli ultimi due anni di vita di quella squadra che sentivo mia. Poi la vita ed alcune discussioni ci divise, solo fugaci incontri occasionali, fino a questa primavera quando abbiamo riniziato a parlare di basket, culminato con l'incontro di fine luglio, sempre nel suo giardino, quando, da abile orchestratore quale è sempre stato, con la bonarietà dello sguardo ma la lucidità e la perseveranza nell'inseguire i suoi progetti, mi ha strappato più di una promessa coinvolgendomi nella sua visione dello sport legato ai giovani e chiedendo di appoggiare Angela e Giacomo nel duro lavoro di far crescere la piazza a cui era profondamente unito. Il giorno dopo mi fece tre telefonate, dopodiché gli aggiornamenti li ho avuti da Angela, che, con la cortesia divenuta un marchio di famiglia, mi ha avvisato della scomparsa.
Ho sinceramente ringraziato il Signore per avermi dato la possibilità di chiacchierare amabilmente con Anto prima di perderlo definitivamente, e ringrazio Anto per aver  tessuto nuovamente un legame tra il basket pordenonese e quello di Sacile, tra me e un suo favorito, Stefano Dotta, ed i suoi eredi.

Jacopo Galli
ex Sacile Basket

domenica 28 agosto 2011

due anni senza

Non ti abbiamo dimenticato. Non ci hai dimenticato. Sono trascorsi due anni da quel giorno maledetto, tanti, troppi, al punto da avvertire dolorosamente la nostalgia dell' assenza; pochi, troppo pochi, per abituarci all'idea di non averti più con noi. Tu ci aiuti a ricordare quanto sono fallaci e inutili le nostre preoccupazioni quotidiane, quanto stolti e infantili i capricci con cui cerchiamo di rubare istanti di illusoria felicità. Ci insegni la gerarchia delle cose: ciò per cui vale la pena puntare e ciò che invece va buttato definitivamente a mare. Ogni giorno che passa dovremmo capire che il vero segreto sta proprio nel liberarci di tutto ciò che è superfluo. Dall'alto non puoi non notare quanto ci muoviamo in maniera scomposta, quanto siamo distratti nell'inseguire cose vane. E, soprattutto, quante occasioni sprechiamo per farci del bene reciprocamente. La tua generosità e il tuo sorriso devono continuare ad esistere in ciascuno di noi. La tua eredità deve servirci ad essere migliori di ciò che siamo. Caro Luca, non stancarti di noi. Continua pazientemente a sopportarci.

sabato 27 agosto 2011

circo pedestre

Lo sciopero dei calciatori può indurci a conclusioni affrettate. È vero: sono generalmente viziati - ma come nel caso dei figli la colpa è dei genitori - guadagnano molto bene - anche se i veri privilegiati sono quelli che giocano nei grandi club - fanno un lavoro che tutti noi vorremmo fare al loro posto - sebbene l'allenamento ad alto potenziale agonistico contenga degli aspetti poco piacevoli. Ma il cancro sta a monte: nessuno ha ordinato alle società di proporre contratti faraonici e di avere 50 giocatori a libro paga. Ci sono atleti fuori rosa - potremmo chiamarla cassa integrazione calcistica - che hanno stipendi da favola malgrado non siano mai impiegati: non è responsabilità loro se le società si accontentano di pagare in questo modo il silenzio e l'obbedienza. Va però detto - per evitare fraintendimenti - che in genere uno sciopero viene utilizzato per questioni di vitale importanza: la perdita del lavoro, la libertà individuale, le riforme in campo sociale. Fermare il campionato per il contributo di solidarietà - e chi non lo vorrebbe pagare? - o per un emendamento ad un articolo del contratto dove si chiede maggiore autonomia delle società su allenamenti differenziati sembra davvero ridicolo ad un giudizio popolare spicciolo. I calciatori devono capire - Tommasi in primis che ne è rappresentante e che personalmente mi è sempre piaciuto - che non è questo il momento per fare capricci di fronte ad un'Italia ferita e che non riesce a venir fuori dall'incubo della recessione. I giocatori potrebbero nel giro di poco tempo passare da idoli a simboli dell'egoismo sfrenato: a quel punto non sarebbe così difficile accomunarli all'odiata classe politica con devastanti conseguenze anche di ordine pubblico. La gente vorrebbe vedere che tutti - pur da posizioni diverse - sono disposti a fare i necessari sacrifici. Anche noi però abbiamo bisogno di un bagno di coerenza: non possiamo lamentarci dei privilegi altrui e favorirne il mantenimento. Gridare "andate a lavorare" non può fare il paio con "siam venuti fin qua a vedere giocare Kakà". Non dimentichiamoci mai che siamo noi tutti a tenere in vita il circo.

giovedì 25 agosto 2011

riposa in pace Anto

Il prof se n'è andato. La brutta malattia che lo torturava da tempo ha mollato la presa. Ora, si spera, solo pace e silenzio. "Anto" Ortolan ci mancherà. Mancherà al mondo della scuola e a quello della pallacanestro. Un' istituzione a Sacile, insegnante di educazione fisica per anni presso la Ragioneria, ma soprattutto mente e braccio dell'unica società di pallacanestro, per anni fucina di talenti e luogo ideale di formazione sportiva di molti bambini e ragazzi. Non fece mai l'allenatore e pur riconoscendone le capacità riuscii a capire con il tempo il vero motivo: soffriva troppo in panchina. E' vero, si soffre troppo in panchina, credo di avere qualche  voce in capitolo. Però riuscì a modellare la propria società sportiva secondo le linee guida che hanno contraddistinto da sempre  la sua carriera professionale: lo sport a servizio dell'uomo, non viceversa. Perciò agonismo nei giusti limiti, senza eccessi e senza enfatizzazioni. Lo vidi per l'ultima volta questa estate, in una delle frequenti richieste, in quanto coordinatore tecnico del Sistema Basket, di giocatori per il rafforzamento delle nostre squadre. Debilitato nel corpo, ma ancora lucido nella mente, non mancava mai di mettere in guardia sugli effetti collaterali di un'attività sportiva troppo spinta. Abbiamo trovato spesso motivi di contrasto lungo il cammino, ma non abbiamo mai smesso di stimarci a vicenda, magari silenziosamente, pur nelle idee e nei ruoli che ciascuno doveva difendere. Caro Anto, ti sia lieve questo viaggio. D'ora in poi non dovrai più preoccuparti di niente. Hai lasciato un'eredità importante in buone mani: Angela, Marzia, Giacomo e Paolo sapranno far rivivere i tuoi insegnamenti.

mercoledì 24 agosto 2011

bravo chi fa

E' stata abolita la norma che prevede il patentino di allenatore di calcio per le categorie prima, seconda divisione e juniores regionali. E' scoppiato il putiferio. A me personalmente non dispiace. La bravura non si misura su un corso frequentato o su un esame sostenuto e superato. La bravura ha a che fare con le capacità dimostrate sul campo. Non sono allenatore perchè ho una tessera da esibire, sono allenatore perchè so fare l'allenatore. E non è detto che per saper fare l'allenatore ci voglia necessariamente una conoscenza specifica, tantomeno teorica. Mi ricordo quando Maifredi arrivò alla Juve senza avere i necessari requisiti e venne fuori una questione di stato. Se fosse in grado o meno di allenare la Juventus risultò secondario rispetto all'osservanza minuziosa delle regole. Della serie, vale più la forma della pratica. Se un allenatore è più capace di un altro, non lo deve di certo al pezzo di carta conquistato in anni di sudore ed alla partecipazione a migliaia di corsi: lo deve alle qualità acquisite negli anni facendo esperienza a fianco di altri. Credo che esista una specie di equilibrio naturale delle cose e che corrisponde , pressapoco, alla legge darwiniana sulla selezione della specie: se un allenatore dimostra di essere bravo, e non ha i requisiti, perchè non dovrebbe allenare? E perchè, invece, dovrebbe allenare l'incapace che ha passato l'esame? L'affiancamento con un bravo allenatore vale più di cento corsi e mille tessere: per come siamo fatti, invece, consideriamo idoneo chi segue l'iter in forma regolare. Abbiamo legittimato i neo-patentati a ritenersi autoreferenti, come se il raggiungimento di un titolo fosse in se la tappa finale.

lunedì 22 agosto 2011

arte quotidiana



Come Fabrizio De Andrè dopo aver composto “La canzone di Marinella”.
Come Umberto Eco dopo aver scritto “Il nome della rosa”.
Come Massimo Troisi dopo aver diretto “Il Postino”.
Come Rudolf Nurejev dopo aver danzato “Il lago dei cigni”.
Come Michelangelo Buonarroti dopo aver scolpito “La Pietà”.
Come Ennio Morricone dopo aver creato la colonna sonora di “C’era una volta il West”.
Come Meryl Streep dopo aver interpretato Karen Blixen nel film “La mia Africa”.
Come Giorgio Gaber dopo aver recitato il “Teatro canzone”.
Come Albert Einstein dopo aver elaborato “La teoria della Relatività”.
Come i fratelli Lumiere dopo aver inventato il “Cinema”.
Come Vincent Van Gogh dopo aver dipinto “I Girasoli”.
Come Brunelleschi dopo aver progettato la cupola di “S Maria del Fiore” a Firenze.
Come Gian Luigi Bonelli dopo aver disegnato “Tex Willer”.
Come Alexander Fleming dopo aver scoperto la “Penicillina”.
Come Gianni Versace dopo la creazione del suo ultimo "Modello".
Come Charles Lindbergh dopo aver sorvolato l’"Atlantico".
Come Madre Teresa dopo aver fondato la comunità delle "Missionarie della Carità".
Come Valentina Vezzali dopo aver vinto l’ennesima "Medaglia d’oro".

Così vorrei sentirmi ogni giorno, ogni ora, ogni minuto, ogni secondo.
Così vorrei sentirmi ogni volta che faccio il mio "Lavoro".

domenica 21 agosto 2011

estate azzurra

nazionale under 16 femminile
Chiedo venia. Forse ho sottovalutato lo strapotere spagnolo in campo femminile o, molto più probabilmente, sopravvalutato le difficoltà del movimento azzurro. Alla fine della storia, solo le iberiche si sono dimostrate di un altro pianeta. Le ragazze dell'under 16, dopo aver perso una semifinale combattutissima con il Belgio, hanno vinto la medaglia di bronzo superando la Turchia con una buona prova, tra l'altro, della pordenonese Antonia Peresson. Si concludono dunque gli europei giovanili con l'Italia che quest'anno ha decisamente invertito il trend negativo che aveva contraddistinto le ultime uscite continentali. Tra maschi e femmine, un argento, un bronzo, un quarto posto e altri buoni piazzamenti. Un bottino che fa ben sperare per il futuro. Sembra che il fondo sia stato raggiunto e si inizi pian piano a risalire. All'appello manca solo la nazionale maggiore: chissà che non ci scappi una bella sorpresa

josefa forever!

Di medaglie ne ha vinte abbastanza, eppure esulta come se fosse alla sua prima gara: è appena arrivata settima e sembra la donna più felice al mondo. Ha da poco conquistato il diritto a partecipare alla sua ottava olimpiade. Fate 8 x 4 e forse capirete la sua gioia. Non ha chiesto una wild card, se l'è conquistata meritatamente gareggiando con atlete che potevano essere sue figlie. Classe 1964, Josefa Idem è un esempio per tutti noi: come si fa ad avere ancora voglia di gareggiare, di prepararsi giorno dopo giorno per inseguire nuovi obiettivi dopo aver vinto praticamente tutto? Me la vedo, sull'acqua, a remare con le ragazze a fianco che non sanno se prenderla sul serio o meno. Un misto di ammirazione e rispetto: chi gliela fa fare a questa di fare tanta fatica alla sua età'? Lei che stringe i denti, che non regala niente e non vuole regali. A Londra ci sarà e andrà per lottare, come ha fatto sempre. C'è da scommettere: non sarà una comparsa, si giocherà le sue carte fino alla fine. E se non sarà medaglia, sarà comunque un trionfo. Ci saremo tutti ad abbracciarla idealmente all'arrivo, vada come vada.

sabato 20 agosto 2011

trinchieri

"Molin è tutto quello che io non so ancora fare. Lo dico con candore, è inutile girare attorno ai propri limiti. Fare l'Eurolega era il mio obiettivo, ma ho bisogno di qualcuno che mi insegni. Lui e' il n^1 nel ruolo, una svolta epocale per Cantù. Io debutto in Eurolega, giocheremo a Bilbao e non so neppure dov'è il palazzetto...."


tratto dalla Gazzetta dello Sport

starting five

Corro il rischio di essere blasfemo, ma per quanto mi riguarda il concetto di quintetto base o di starting five è storicamente superato. Esistono 12 giocatori, punto e basta: anzi, esistono 5 giocatori che si alternano in campo. A qualcuno piace l'idea dei ruoli certi e inamovibili, ma oggi, soprattutto a livello giovanile, non è più applicabile. La considero una scelta formativa, più che tattica: nessuno deve sentirsi al sicuro o a posto con la coscienza, tutti devono guadagnarsi la pagnotta che consiste nel capire, in ogni circostanza, quali siano i bisogni della squadra. Per cui i quintetti possono variare, di volta in volta, ed essere molto diversi tra loro: meno certezze esistono, maggiori saranno le possibilità per tutti. Se qualcuno dovrà farsi più panchina del solito, dovrà necessariamente capire le motivazioni che hanno portato l'allenatore a fare una scelta del genere. Nessuna garanzia, ma parità di trattamento. Stessi doveri, ma anche stessi diritti. Sapendo fin da subito che le cosiddette parti uguali non esistono se non idealmente e che la scontentezza sarà un'eventualità più che possibile. A livello senior non si deve più educare, ma non è così raro oggigiorno vedere squadre anche di vertice mescolare le carte e presentarsi al via con quintetti diversi: ciò significa che anche tatticamente può essere conveniente non affidarsi alle stesse idee, soprattutto quando - vedi Siena o Milano - hai un roster di giocatori di pari impatto. Maggiore versatilità e, dunque, maggiore imprevedibilità: questo il vantaggio di trovarsi senza quintetto.

venerdì 19 agosto 2011

basket e libri

"Non mi piace fare le prediche, ma un pò più di persone dovrebbero iniziare a spendere tanto tempo in libreria quanto ne passano sui campi da basket"


Kareem Abdul Jabbar

conta chi gioca!

Volendo, si puó fare pallacanestro dove si vuole. Virtuale o reale, all'aperto o al chiuso, in casa o al campetto. Al Madison Square Garden oppure sulla polvere, in Africa. Quello che sta facendo Stefano Bizzozi, allenatore della nazionale under 18 recentemente classificatasi quarta in Europa, ha dell'incredibile: portare il gioco più bello del mondo negli angoli sperduti della terra. Per chi ha la fortuna di conoscerlo, sa quanto sia preparato in materia e quanto bene abbia fatto alla pallacanestro, soprattutto giovanile. Ha vissuto una parentesi curiosa proprio nel vecchio continente, allenando di passaggio la nazionale femminile camerunense. Che motivo può avere, un allenatore affermato e capace, di buttarsi in un'avventura del genere, perfettamente consapevole delle difficoltà, insidie, sacrifici e quant'altro? Possiamo solo intuirlo: passione per l'uomo e per il basket. Non trovo una spiegazione migliore di questa. Noi siamo purtroppo assuefatti ad un concetto di sport esclusivamente competitivo: conta chi vince, chi perde crepa. Di fronte a questa nobile iniziativa, possiamo riconciliarci con un'idea del gioco un pò diversa, non alternativa, ma certamente complementare: conta chi gioca! 

Parole forti

Mi sono decisamente piaciute le dichiarazioni odierne di Sasha Djordjevic, neo allenatore della Benetton Treviso, sull'utilizzo dei giovani nella massima serie. "Fanno sempre in tempo ad andare a giocare più in basso". "Finchè non li faremo giocare, non sapremo se avremo fatto la scelta giusta o sbagliata". Le premesse sono ottime: veder giocare in serie A Gentile, De Nicolao, Sandri - in pratica tre under 21 - è forse uno dei motivi di maggior interesse per seguire la serie A di pallacanestro. Per crescere è necessario sbagliare. Sbagliare significa perdere. Perciò, per la proprietà transitiva, la crescita pretende la sconfitta. Se gli under 20 sono vice campioni d'Europa un motivo ci deve essere. Gli altri giocano pur da protagonisti nei loro campionati, mi piacerebbe sapere in che cosa difettano i nostri. E chissenefrega se per vincere lo scudetto ci vogliono giocatori esperti.

mercoledì 17 agosto 2011

cosa cerco in un giocatore

"Voglio un giocatore che sia disposto a prendersi l’impegno di essere tanto bravo, quanto ne sia capace, ogni volta che gioca.
 

Voglio un giocatore che sia disposto e pronto a fare quello che deve essere fatto per dare un contributo positivo nella partita più difficile.

Voglio un giocatore che compete in ogni gara come se non ci fosse nulla al mondo di più importante.

Voglio un giocatore che, più di ogni altra cosa, vuole che la nostra squadra sia la migliore che può essere.

E’chiederti troppo da parte mia?
E’ chiederti troppo da parte tua?"

Bobby Knight
 

martedì 16 agosto 2011

coach

"Una lavagna sbrecciata, una scarpa scalcagnata. Un fischietto appeso al muro una macchia di sudore scuro, un mezzo panino ormai duro. Una scheda qualsiasi cancellata, un'azione mal disegnata, un'idea che se ne è andata. Un appuntamento scordato, un giocatore ammalato, un arbitraggio scellerato. Una squadra da sistemare, un titolo da conquistare, un sogno da realizzare. Questa è la tua vita, coach."
(Dido Guerrieri)

lunedì 15 agosto 2011

classifica di ferragosto

La notizia fresca di ferragosto,a parte il maltempo, è che Pordenone si trova al 66^ posto in Italia nella speciale classifica degli sport di squadra. Per quanto riguarda invece gli sport individuali, grazie soprattutto al ciclismo, la nostra provincia si attesta al 6^ posto, addirittura meglio di Trieste e Udine. Come dire che, se dovessimo cercare di esportare il nostro modello, sarebbe più indicato ricorrere ai singoli piuttosto che ai gruppi. D'altra parte. non esiste più nel capoluogo una squadra che partecipi al massimo campionato: c'era l'hockey a rotelle in A2 fino all'anno scorso, purtroppo retrocesso. E' sufficiente il sondaggio di un quotidiano comunque credibile come il Sole 24 Ore per indurci allo strappo dei capelli? Solitamente, i parametri utilizzati sono seri e qualificati, ma non possono tenere conto di tutti gli aspetti in gioco. Possono essere esaminati dati quantitativi - tesserati, squadre, livello dei campionati, palestre ecc - ma rischiano di rimanere in ombra quelli qualitativi. Ad esempio, viene considerato nei questionari ciò che davvero viene fatto nei settori giovanili per migliorare il livello tecnico dei ragazzi/e in evoluzione? Ciò nonostante, l'indice di sportività ci obbliga ad uno sforzo ulteriore: come mai il nostro territorio è in grado di esprimere risultati maggiormente apprezzabili a titolo individuale? Cos'è che manca agli sport di squadra per stare al passo con gli altri? Si potrebbero fare mille ipotesi: dagli aspetti economici legati al finanziamento - non ci vuole molto per capire quanto sia maggiormente costosa un'attività di squadra rispetto a quella individuale - a quelli prettamente culturali: quando si tratta di mettere insieme idee, progettualità, risorse umane, facciamo fatica a fare gruppo e preferiamo ciascuno ricavarci il proprio angolo di protagonismo. A Pordenone non mancano società e tesserati, manca l'unità di intenti che esiste altrove. Altrimenti come si spiegherebbe che Siena, non proprio una metropoli, si trova in cima alla speciale classifica? Non è un giudizio morale, è una constatazione. In altri posti, quando c'è in gioco qualcosa di vitale, si preferisce rinunciare ad una quota di amor proprio pur di vedere la propria città in cima ai desideri. Da noi, si fa diversamente: la sopravvivenza individuale è al di sopra di quella comune. E' da sempre che facciamo così, perchè dovremmo rinunciarvi proprio adesso? Scalare di qualche posizione non giustifica l'inversione di rotta.

domenica 14 agosto 2011

ad esempio

Si dice che il miglior maestro sia quello che dà l'esempio. L'allenatore dovrebbe dare l'esempio ai propri giocatori; così vale per l'insegnante verso gli alunni, il genitore con i propri figli e così via. L'imprenditore con gli operai, il prete con i parrocchiani, il medico con i pazienti, la federazione con le società sportive (servono proprio così tanti addetti con la nazionale? Giustamente qualcuno ha fatto osservare che abbiamo 12 accompagnatori e nemmeno un playmaker): l'elenco potrebbe continuare all'infinito. Occorre precisare, per amore della verità, che nella maggioranza dei casi il buon esempio rimane solo una bella intenzione. Ma pur sempre di intenzione si tratta! Chi dovrebbe dare il buon esempio ai cittadini? Lascio ai lettori la risposta. Certo è, in un periodo come questo, fatto di incertezze e di estrema difficoltà per alcuni, ci vorrebbero davvero dei forti e tangibili segnali al posto della solita frittata propagandistica. Qui non si tratta di buoni o cattivi, di rossi neri gialli o turchini (come diceva la nonna!). Quando c'è in gioco il buon esempio, non ci sono differenze tra le squadre: nessuno ha diritto di immunità, almeno in questo caso. Una cosa è certa però: nessuno è più disposto ad essere preso per i fondelli. Non si dica sfacciatamente che tutti i sacrifici sono uguali: si abbia almeno la decenza di presentarsi a testa e voce bassa.

sabato 13 agosto 2011

paranoie

Da sempre provo immensa invidia per chi ha solo certezze. Osservo la faccia, lo sguardo fiero e sicuro, il portamento dritto e la camminata svelta. Ogni anno che passa mi si affollano in testa dubbi e perplessità, piccoli e grandi: è come se, allontanandosi dalla nascita, se ne andassero pian pianino tutti i punti fermi accumulati durante l'esistenza. Ma forse è solo un problema di natura personale. Anche sulla pallacanestro ho meno verità di un tempo: non sono così sicuro che ci sia un modo di insegnare migliore di un altro, nemmeno una tattica superiore ad un'altra o un'idea che le vinca tutte. Non credo nemmeno esistano allenatori bravi e meno bravi: indiscutibilmente, ma solo per atto scientifico, ne esistono di giovani e meno giovani. Ammiro, invece, chi ha le idee chiare, sa come si deve fare in ogni circostanza e limita al minimo le possibilità di errore. Ma, ripeto, forse sono solo paranoie estive.

giovedì 11 agosto 2011

Allarme rosa

Antonia (n^7) e Marina (n^4) in nazionale under 16
60! Questa è la differenza tra Italia e Spagna all'esordio dell'europeo under 16 femminile che si svolge a Cagliari.  Qualche giorno fa, in amichevole, andò meglio: i punti rimediati furono 40! E' probabile che la squadra iberica non trovi ostacoli durante il viaggio verso la medaglia d'oro, ma lo scarto rimediato dalle azzurre, tra le quali le "nostre" Antonia Peresson e Marina Serena (anche se quest'ultima non nelle 12), non può non far riflettere. Il movimento femminile nazionale sta attraversando, per usare un eufemismo, un periodo particolarmente delicato: le praticanti calano vertiginosamente di anno in anno, le squadre spariscono, altre chiedono di rinunciare al campionato di pertinenza - vedi Venezia che dopo anni di onorata serie A ha chiesto di ripartire dalla B. A livello giovanile, le squadre che partecipano a campionati di alto livello si riducono progressivamente: Pordenone, in questo caso e per fortuna, rappresenta un'isola felice. Tre finali nazionali in tre categorie diverse nello stesso anno stanno ad indicare lo stato di salute della società rosa locale. Ciò che stupisce è l'immobilismo delle società di vertice, che hanno abbandonato totalmente la propria attenzione verso il reclutamento e la formazione dedicandosi esclusivamente ad inseguire obiettivi a scadenza breve se non immediata: se non c'è spinta dall'alto, difficile che dal basso si possa crescere.  Occorre un'inversione di tendenza se il basket femminile vuole continuare ad esistere: la forbice con gli altri Paesi rischia di allargarsi ogni giorno di più.

mercoledì 10 agosto 2011

pesi leggeri

Ettore Messina ha ragione. Ogni tanto bisogna fare scelte impopolari. Non è pensabile che nella situazione attuale non ci si renda conto che si debba mettere mano alla strutturazione dei campionati. I costi della pallacanestro stanno diventando sempre più insostenibili, sia per le società che partecipano a campionati di alto livello che per le minors. Ci sono sempre più sodalizi che spariscono o che rinunciano ai diritti acquisiti. Quasi tutti si stanno - mi sento di aggiungere giustamente - arrangiando con i prodotti fatti in casa in modo da contenere le spese. Le categorie sono troppe: occorrerebbe sfoltire per rendere la competizione maggiormente interessante ed equilibrata, evitando così di disperdere ed annacquare la poca qualità tecnica presente. La questione parametri tiene banco: se è vero, da una parte, che il riconoscimento alle attività di reclutamento e formazione ha permesso alle società piccole di sopravvivere, è anche vero che gli abusi di tale esercizio sono sotto gli occhi di tutti. Quante società di alto livello hanno reclutato l'ultimo anno di giovanili sapendo già che certi giocatori non avrebbero mai giocato in serie A? Non è che questi giocatori in giro per la penisola nei campionati di A e B dilettanti siano diventati un vero business ed investimento per chi già deteneva un certo potere economico? Mi chiedo oltremodo che senso abbia che una società di serie D, fatta esclusivamente di dilettanti, debba versare dei soldi per un giocatore che ha rinunciato ormai al basket professionistico: non sono questi ulteriori oneri per le società che a malapena riescono a sopravvivere di anno in anno? La Federazione deve davvero prendere in mano questi problemi, se non vuole ritrovarsi un bel giorno con un bel pugno di mosche in mano. Il movimento è fatto, all'80%, da volontari amanti dello sport: o si alleggerisce il carico, oppure questo grande esercito di appassionati prima o poi troverà altri modi per rendersi utile.

martedì 9 agosto 2011

le nuvole

"Vengono, vanno, ritornano...
e magari si fermano tanti giorni
che non vedi più il sole e le stelle
e ti sembra di non conoscere più 
il posto dove stai"


"Vanno, vengono....
per una vera mille sono finte
e si mettono lì
fra noi e il cielo
per lasciarci soltanto
una voglia di pioggia"

tratto da "Le Nuvole" di Fabrizio De Andrè



lunedì 8 agosto 2011

giovane è bello

Andrea Trinchieri
Non sono più così sicuro che invecchiando si migliori. Gli uomini non sono come il vino. A vent’anni ho fatto la mia prima finale nazionale e i miei giocatori erano quasi dei fratelli minori. Incoscienti, sprovveduti forse, ma carichi di passione e ricoperti di innocenza: questi eravamo quando avevamo ancora i capelli che ci coprivano le orecchie. Gli allenatori che si sono contesi lo scudetto giovanile under 19 a Cividale hanno in due solo qualche anno più del sottoscritto: qualcosa vorrà pur dire! Con l’età si impara a prendere le distanze, a calcolare le mosse, ad innalzare barricate e ci si trova meglio a giocare in difesa. Quando si è giovani si rischia di più e si calcola meno, ci si trova a proprio agio a giocare in attacco.  Che la saggezza sia direttamente proporzionale allo scorrere degli anni è semplicemente un’invenzione della peggior credenza popolare. Il mio grado di pazienza, dote indispensabile per chi svolge il delicato compito dell’educatore, è notevolmente e progressivamente diminuito nel tempo. Gli alunni hanno ormai capito quale aria tira: non è facile trattare con un insegnante che si trova in mezzo al guado. Mi vengono i capelli dritti – naturalmente quei pochi rimasti – a pensare alle cose che ho fatto da giovane: alle corse da una palestra all’altra, ai colloqui con le mamme che oggi non sarei più in grado di sostenere, alle ore piccole quasi ogni sera dove se ne andava per intero il rimborso delle nostre fatiche mensili. Ho fatto un sacco di errori, ma darei chissà cosa per tornare a quei tempi, quelle corse, quelle follie, quelle curiosità e scoperte. Sono stato tra gli ammiratori di Dan Peterson e del suo coraggio di rimettersi in gioco a 75 anni, stimo e invidio il Trap che a 72 dà ancora lezione a tutti e dispensa grandi verità, ma preferisco di gran lunga sapere che Trinchieri e Sacripanti rappresentino in questo momento il meglio della pallacanestro italiana. Siamo la nazione con gli uomini politici più vecchi del mondo (e si vede, purtroppo!): almeno nello sport è indispensabile viaggiare in controtendenza. Il ricambio rappresenta lo stato di salute di un ambiente: più ce n’è, meno rischio c’è di andare in cancrena.

domenica 7 agosto 2011

frasi celebri

"L'allenatore deve essere una buona persona che rispetta gli altri, ma che ha la forza necessaria per far si che gli altri lo rispettino". (Ettore Messina)




sabato 6 agosto 2011

dal mondo virtuale a quello reale

Solitamente questo è il periodo in cui gli allenatori e gli addetti ai lavori si divertono meno. Pronostici, chiacchiere, proclami, illusioni e disillusioni, colpi di mercato falliti e realizzati - o viceversa - nel giro di pochi minuti. Difficile districarsi tra queste spine estive che pungono e talvolta fanno sanguinare. Il guaio è che tra la fine e l'inizio non c'è quasi mai niente da fare: è uno spazio neutro che non può non essere riempito. Ecco perchè non si vede l'ora di tornare in palestra: dal regno incontrollabile delle parole si passa al dominio effettivo della situazione costituito da fatti tangibili e incontrovertibili. Tra un pò prenderanno il via i vari raduni e tutti quei problemi insormontabili e che tenevano con il fiato sospeso gran parte degli affezionati si trasformeranno in bizzarri ricordi di un tempo passato e indefinito. Quando si parte, non c'è più tempo nè voglia di sprecare parole: si prende atto di ciò che c'è - e di conseguenza di ciò che non c'è - di chi c'è - di conseguenza di chi non c'è - ci si rimbocca le maniche, si fa di necessità virtù e si ricomincia a sgobbare a testa bassa. Dal mondo virtuale a quello reale: così potremmo chiamare il passaggio dall'estate all'autunno per chi vive di basket.

venerdì 5 agosto 2011

Italia under 18 quarta all'Europeo. Bizzozi:"orgoglioso di questi ragazzi"


scomodamente seduti

Prima o poi lo farò. E' un mondo che mi affascina, ma che conosco a malapena. So che si gioca su una carrozzina, che esiste un campionato italiano a tutti gli effetti e che la squadra più titolata si chiama Santa Lucia Roma. Mi viene in mente ogni volta che vedo i nostri ragazzi in palestra conservare anche una sola goccia di sudore e che hanno già imparato che perfino la fatica è corruttibile. Penso a questi altri giocatori, scomodamente seduti, con le braccia che fanno da gambe, e mi chiedo se anche loro possono concedersi il lusso di fare economia sullo sforzo. Un giorno mi piacerebbe allenarli, prima di chiudere baracca e burattini e fare le valigie. Capire cosa significhi, per un allenatore, sfondare una porta aperta e percepire finalmente l'inutilità del rimprovero. Disegnare sulla lavagna senza la preoccupazione di ricordare che non  esiste il concetto di risparmio nello sport. E' come insegnare ad un gruppo di studenti che frequenta i corsi serali: che cosa puoi dire a chi ha già spremuto sudore e lacrime per tutto il giorno e che dovrà cenare di notte e svegliarsi all'alba? Gli studenti dei corsi serali sono i migliori: molti di loro hanno sbagliato bighellonando da giovani, ora da adulti si trovano a pagare il conto con gli interessi. Che strano: sono proprio quelli a cui manca qualcosa che alla fine si trovano ad essere più ricchi degli altri. Ai ragazzi che frequentano le nostre palestre non manca niente, eppure hanno bisogno di tutto: di essere educati al sacrificio, alla sopportazione e al contatto inevitabile con la frustrazione. Hanno gambe per saltare e braccia per schiacciare, ma spesso difettano in personalità, coraggio, sicurezza nei propri mezzi e non sono in grado quasi mai di raggiungere il proprio limite. Vorrei imparare qualcosa da questi eroi che si spostano con le ruote in mezzo al parquet e che non si risparmiano colpi, al punto da rovesciarsi e rialzarsi come nulla fosse. Avrebbero potuto lamentarsi e guardare la vita, hanno scelto di mettersi in gioco e scendere in campo. Giocatori veri, non spettatori.

mercoledì 3 agosto 2011

Ora ci vuole coraggio!

Federico Di Prampero
Ho parlato troppo presto purtroppo! L'under 16 è uscita proprio in queste ore dalle prime 8 in Europa. Perso con la Lettonia la partita fondamentale per guadagnarsi l'accesso ai quarti. Tra gli azzurri Federico Di Prampero, pordenonese doc, autore di buone prestazioni in quasi tutti gli incontri disputati. Fossimo riusciti nell'impresa, sarebbe stata un'annata storica per le squadre nazionali, tutte e tre le formazioni nel gotha continentale: una cosa del genere non succedeva da parecchi anni! Il bilancio, anche se l'europeo non si è ancora concluso, rimane comunque positivo: molti giocatori interessanti, parecchia esperienza internazionale accumulata, ribadita la nostra vocazione nell'elite della pallacanestro. Non ci resta che capitalizzare quanto investito nelle società che hanno contribuito alla formazione tecnica di questi giocatori: ciò che ci differenzia enormemente dagli altri, infatti, è la tardività con la quale i giovani talenti vengono impiegati nelle massime serie nazionali. Gli under 18 degli altri paesi riescono già a ritagliarsi spazi importanti nelle squadre di club, i nostri spesso, a parte qualche eccezione, devono accontentarsi di campionati minori. Eppure, messi di fronte, non si è vista questa grande distinzione di qualità e rendimento. Come mai, allora, i ragazzi italiani devono spesso fare una gavetta più lunga degli altri? E' solo colpa della personalità o forse ci dovrebbe essere più coraggio in chi manovra il timone?

Intervista a Sacripanti allenatore dell'under 20 argento europeo

Alessandro Gentile
Un Argento, un Bronzo e due quarti posti agli Europei Under 20 a partire dal 2006, da quando è sulla panchina della Nazionale.

E’ Pino Sacripanti il direttore d’orchestra della Nazionale Under 20 che ha conquistato il secondo posto a Bilbao incantando gli addetti ai lavori per il gioco espresso: “C’è grande soddisfazione per questo risultato. Sono emozioni forti che mi riempiono d’orgoglio, perché il mio senso di appartenenza alla Maglia Azzurra è grandissimo. Questa è una vittoria che va dedicata a tutte le società che hanno lavorato con dedizione e impegno nel settore giovanile. Nelle annate ’91 e’92 ci sono tanti giocatori interessanti, perché è stato un periodo in cui le società hanno investito nuovamente sui giovani, unica soluzione per abbattere i costi. Questo Argento è la dimostrazione che lavorando con persone competenti è possibile formare giocatori italiani di qualità, a cui va data la possibilità di giocare in ambienti che permettano loro di crescere e completare il percorso di maturazione”.

Per Sacripanti questo è un Argento conquistato grazie al sacrificio del gruppo: “Tutti, giocatori e staff - ha continuato l’allenatore - hanno lavorato intensamente dal primo giorno di raduno. Il segreto del successo è stato riuscire a mettere la forza del singolo a disposizione della squadra”.

Un Europeo iniziato male. Una sconfitta all’esordio contro la Lituania. Poi la reazione di una squadra in costante crescita nel corso del torneo: “La sconfitta con la Lituania ci ha dato una carica in più. Sapevamo che per noi la partita successiva contro la Germania sarebbe stata decisiva per il passaggio al Qualifying Round. Da un punto di vista psicologico non era facile. È stata dura, ma ce l’abbiamo fatta. Quella vittoria ci ha dato coraggio e consapevolezza. Quando siamo passati alla Seconda Fase a punteggio pieno a causa dell’eliminazione della Lituania abbiamo capito che potevamo andare lontano. Ci siamo riusciti”.

Passata la Seconda Fase, dove abbiamo vinto contro Turchia e Grecia e perso con la Spagna, nei quarti abbiamo affrontato il Montenegro, in semifinale la Francia contro cui abbiamo giocato una partita superlativa. Ma per Sacripanti non è stata quella la partita più bella degli Azzurri all’Europeo: “E’ vero, con i transalpini abbiamo giocato una grande partita, ma il massimo lo abbiamo dato contro il Montenegro, una squadra che aveva la coppia di centri più forte dell’Europeo, Dubljevic e Todorovic”.

Poi la finale contro la Spagna, un match che Sacripanti analizza così: “Gli spagnoli sono stati più lucidi di noi nei momenti decisivi della gara. Inoltre avevano un giocatore che da solo fa la differenza, Nikola Mirotic. Se avesse giocato in una delle altre 7 squadre arrivate ai Quarti di Finale l’avrebbe portata a vincere l’Oro! A parte le esagerazioni, lui è un giocatore di grande qualità. Il movimento cestistico spagnolo è quello più avanti in Europa”.

Per l’Italia un Argento che scrive la storia. Un traguardo che mancava da 17 anni, dopo la finale persa nel 1994 contro la Bielorussia. A livello giovanile maschile si tratta della ventitreesima medaglia vinta dagli Azzurri in tutte le categorie (4 Under 20, 12 Under 18 e 7 Under 16).

I dodici Azzurri. La descrizione di Sacripanti:

Filippo Baldi Rossi
È stata una carta in più, un jolly molto utile per far rifiatare i lunghi

Marco Ceron
Un talento che ha fatto un’esperienza di crescita importante per il suo futuro

Riccardo Cervi
Grande prospetto italiano. Deve maturare fisicamente

Andrea. De Nicolao
È cresciuto giorno dopo giorno, continuerà a farlo

Luca Fontecchio
Grande atleta. In questo Europeo è stato penalizzato dai tanti problemi fisici

Alessandro Gentile
Grandissimo talento, carisma e personalità

Nicolò Melli
Il futuro è suo. Deve capire che sbagliare serve a crescere e migliorare

Riccardo Moraschini
Quando ha capito che era necessario trasformarsi da prima punta a comprimario, ha fatto la differenza

Achille Polonara
Energia pura

Marco Santiangeli
Taglia e talento. E’ il miglior prospetto italiano per quanto riguarda gli esterni

Andrea Traini
Talento che deve ancora sbocciare

Michele Vitali
Giocatore perfetto come unione tra i reparti

Tratto da "Ufficio Stampa Fip"

martedì 2 agosto 2011

Sgraditi anonimi e maleducati

Non ci sono particolari regole precauzionali per il dibattito su questo blog. Due sono però le attenzioni richieste: pubblicare il proprio nome reale e utilizzare un linguaggio adatto al confronto e alla discussione. Non ho mai gradito i colpi alle spalle e l'utilizzo di espressioni verbali grezze e triviali: spesso feriscono più le parole che la spada. Non credo alla denigrazione e alla demolizione dell'avversario: un conto sono le idee, che stanno nel campo dell'opinabile, un altro le persone, che vanno rispettate comunque e dovunque. Perciò vengono bandite l'anonimato e la maleducazione. Per il resto, qualsiasi opinione, concetto, considerazione, sarà ben accetta e contribuirà a rendere il dibattito più produttivo ed esauriente.

lunedì 1 agosto 2011

Buone nuove

Le recenti belle affermazioni in campo europeo delle nostre nazionali under 20 e 18 ci invitano a ripensare al clima diffuso disfattista che si respira ultimamente nell'ambiente della pallacanestro italiana. Forse non è proprio così vero che i nostri siano scarsi e, simultaneamente, non deve essere così assodato che gli altri siano dei mostri irraggiungibili. La costante sembra l'inferiorità fisica, ma sotto l'aspetto tecnico e, soprattutto tattico, gli azzurri si sono battuti alla pari con i coetanei del vecchio continente. Indubbiamente ci sono degli aspetti che vanno evidenziati: in primo luogo, gli allenatori hanno dato un valore aggiunto alla già buona qualità dei giocatori azzurri. Sacripanti e Bizzozi sono due tecnici di valore e di esperienza e hanno contribuito non poco ai successi delle squadre menzionate. Secondo: i giocatori che hanno potuto fare esperienza nei nostri campionati maggiori si sono dimostrati all'altezza degli standard europei, dimostrando ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, che se i ragazzi possono accumulare esperienza in campo non hanno nulla da invidiare alle altre scuole nazionali. Terzo: la recessione e la modestia dei risultati degli ultimi anni hanno certamente aumentato la fame e moltiplicato le forze dei nostri atleti. Per una volta, il peso schiacciante delle aspettative si è tramutato in formidabile molla per scacciare di dosso pressioni e responsabilità. I ragazzi, finalmente leggeri, hanno potuto dimostrare che con modestia, sacrificio e coraggio si possono raggiungere risultati insperati. Ripartiamo da qui, fiduciosi che il lavoro svolto nelle società che hanno formato questi ed altri giocatori potrà portare ancora maggiori frutti se la politica della pallacanestro italiana avrà come obiettivo principale lo sviluppo del lavoro nei settori giovanili.

Una nuova scommessa

Una nuova scommessa. Sinceramente mi sono scocciato di vedere usato il mio nome in modo improprio. Non è responsabilità del sito 1on1, che ringrazio per l'ospitalità di questi anni. Casomai dei commenti ingiustificati e maliziosi dei soliti ignoti, che preferiscono colpire stando nell'ombra piuttosto che affrontare in classico duello le questioni cosiddette spinose. Perciò preferisco fare le mie riflessioni in un luogo protetto, distante dai clamori e dalle strumentalizzazioni. Scrivere di pallacanestro - e non solo - è un esercizio autogratificante e curativo, mi riconcilia con il mondo esterno spesso in conflitto con quello interno. Non è retorica, scrivere ci fa diventare migliori di ciò che siamo e non ha particolari finalità se non la propria sopravvivenza. Questo è il motivo per il quale non ho nessuna intenzione di smettere. D'ora in poi sarà un blog personale ad ospitare le riflessioni: chi vorrà, potrà continuare a leggere e, se riterrà opportuno, potrà commentare o approfondire scrivendo al mio indirizzo di posta elettronica: cns-ldm@libero.it. Se vogliamo migliorare l'ambiente nel quale viviamo, cominciamo da piccole cose: mettiamo il nostro nome, usiamo termini moderati, cerchiamo di costruire più che demolire. Si può dissentire, ma non denigrare. Per usare un linguaggio sportivo, abbiamo bisogno di avversari e non di nemici. Scrivere con sportività, insomma!